Onofri, la critica letteraria

Onofri, la critica letteraria

Onofri, la critica letteraria

Onofri, la critica letteraria

Il grido dell’angelo caduto, mixed media on canvas, 77 x 50 cm. by Mary Blindflowers©

 

Mary Blindflowers©

Onofri, la critica letteraria

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Siccome la carta stampata in Italia, data l’inflazione di castronerie, ha perso molta credibilità, ecco che anche la critica accademica trasporta le sue pillole di saggezza sul mare magnum dei social.
Massimo Onofri, noto critico letterario, così scrive su fb:

 

Per la quasi totalità di romanzieri e poeti (uomini e donne: trattasi qui di mera accezione grammaticale, non di genere) la critica letteraria non conta più nulla, non risponde a nessun mandato sociale, non ha obblighi di tipo politico, non ha insomma nessuna autorevolezza. Ma pensate che questa, per chi si cimenta ancora con la critica, sia una condizione dolorosa? Per nulla: è finalmente uno stato di beatitudine. I critici, o quel che resta di loro, possono scrivere ciò che vogliono, in piena libertà, non dovendo dare conto a nessuno. I critici non svolgono nessun servizio pubblico: non sono più un autobus su cui il poeta e il narratore di turno sale pretendendo una recensione (chissà perché): io non ho mai chiesto una recensione a nessuno sicché desidero che nessuno, a sua volta, me la chieda perché -dice- è un mio dovere, essendo io un critico. Ma io non sono un critico, sono solo un fanciullone che ride. E del resto: che cosa significa essere un critico?
P.S. Rispetto a certi miei ultimi post polemici contro i lettori bulimici, molti miei amici mi chiedono: ma chi te lo fa fare? Rispondo qui una volta per tutte:  uno che pubblica libri come fa a non essere curioso della figura del lettore? E poi: uno flaubertianamente attratto dall’imbecillità, compresa la propria, come fa a ignorare questi commenti? È come un monito che uno rivolge continuamente a se stesso: ricordati che non sei migliore di loro.

 

In pratica si vanta del fatto che siccome la critica letteraria non conterebbe più nulla, ha ormai raggiunto uno stato di salvifica beatitudine perché a suo dire, ora può scrivere ciò che vuole e in piena libertà.
Caspita, il mondo della critica letteraria italiana è diventato il Paese dei Balocchi e di Cuccagna, l’università il Monte della meritocrazia più sfrenata e noi poveri lettori non ce ne saremmo accorti?
Signori e signore, la critica sarebbe ora libera da vincoli politici! Lo dice Onofri. E se lo dice lui…
Ma quand’è che sarebbe avvenuta questa epocale rivoluzione?
Stavamo tutti dormendo e non ce ne siamo resi conto?
Da quale giorno, ora minuto, secondo e nanosecondo preciso la critica è diventata finalmente libera da condizionamenti?
Apriamo le porte, spalanchiamo le finestre! L’alba di un nuovo giorno si profila! Il “nuovo fanciullone che ride” ha aperto una nuova era!
In quest’epoca di censure, di consorterie, di amici degli amici sempre più forti e ostinati nel conservarsi il posto dentro le università, Onofri che non ha mai chiesto una recensione a nessuno perché tanto è l’uomo che non deve chiedere mai, dice di essere libero e noi ci dovremmo pure credere. Perché no? C’è gente che crede che la terra sia piatta, quindi per quale motivo meravigliarsi?
Quando mi sono permessa di esprimere perplessità in merito alla libertà della critica, Onofri ha glissato e anziché discutere civilmente, ha spostato il focus dall’oggetto al soggetto, dandomi immediatamente del tu, come si fa con i subalterni:

 

Ma da quello che scrivi mi pare che tu non voglia capire. Pazienza. Del resto da una o uno che scrive senza faccia alcuna e senza nome e cognome non c’è da aspettarsi granché. In ogni caso niente di buono né di limpido.

 

Insomma gli argomenti del gran critico criticante in merito alla rivoluzione epocale che avrebbe portato la libertà in seno alla critica, sarebbero questi. Un po’ scarsi a dire il vero, ma tant’è, cosa si ci può aspettare da un accademico abituato ad essere adulato?

Gli ho risposto quel che mi è venuto lì per lì, ossia così:

 

Ah il nome ed il cognome, ah la superfetazione dell’ego racchiusa nell’incanto delle sillabe che compongono il nome, quale oscuro inganno, quale torbida fuffatruffa nasconde… E la sua faccia non somiglia forse a quella di centomila altri uomini? Non ha forse un naso lei, o una bocca e delle orecchie? Non siamo tutti fatti più o meno allo stesso modo? E non appartiene forse a tutti lo stesso destino di morte? Critici, scrittori, piaggerie, gran sacerdoti del tempio e dell’empio? Dunque perché agitarsi tanto per una recensione? Perché chiedere se tanto tutti si muore? Per far soldi? Non ce li portiamo nella tomba e nemmeno i libri, e se qualcosa sopravviverà di noi, non avremo più orecchie per sentire il nostro nome né occhi per vedere chi ci legge.

 

Ha preferito non rispondere e mi ha augurato una buona notte.

Personalmente, di fronte a tanta inerzia contenutistica, ad un critico che replica le stupidaggini dei social con un puerile attacco personale, pretendendo che chi scriva non si serva neppure di uno pseudonimo e sia obbligato a mettere le sue fotine alla moda nei social, provo una gran pena, e gliel’ho pure detto. Pax vobiscum.

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Comments (2)

  1. Mariano Grossi

    La realtà è che criticare
    presuppone il compulsare
    ciò che viene elaborato
    da chi viene giudicato.
    Ma se la lettura scoccia
    il gran critico capoccia
    che la delega a un alunno
    ecco, è giunto all’autunno
    e gli cascano le foglie:
    nudo, più nessun lo coglie!!!

  2. Angelo Giubileo

    Se critico è un mestiere, e allora qual è l’oggetto del suo dire e fare? Ogni arte o tecnica è espressione di un linguaggio ed è il frutto di una relazione tra . Che il critico faccia il critico oppure la smetta e come il fanciullo di Eraclito rida della nostra totale ignoranza e accetti le grand don de ne rien comprendre à notre sort.

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