Galera Pontificia, decorazione, 1714

Galera Pontificia, decorazione, 1714

Galera Pontificia, decorazione, 1714

 

 

Galera Pontificia, decorazione, 1714

The sea, credit Mary Blindflowers©

 

Mary Blindflowers©

Galera Pontificia, decorazione, 1714

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Il viaggiatore francese Jean-Baptiste Labat così descrive la decorazione di una galera pontificia nel 1714: «La solenne cerimonia della canonizzazione di San Pio era scolpita in bassorilievo di squisito e finito lavoro: di più essa era dorata per tutto, dovunque si poteva. Difficile immaginare cosa più magnifica! La poppa sembrava un monte d’oro, ombreggiato da ricco padiglione di damasco rosso, colle frange ed i nappini d’oro»[1].

L’interno della nave era diviso in 6 camere:

  • il “gavone”, piccola camera a poppa larga che conteneva il letto del Capitano. Questa camera si chiamava gavone solo nelle galee francesi. In quelle italiane era il «ripostiglio di prua accanto alla camera del barbiero»[2]. Pantero Pantera la chiama semplicemente “camera di poppa” dotata di “scannello o scagnetto” che serve non solo per il Capitano ma anche «per li gentilhuomini di poppa, e per i passaggieri, e per l’altre persone di rispetto, e per l’arme e robbe loro»[3].
  • la “scandolarao scandolaro”, destinata alla conservazione delle “provviste del Capitano”[4], una «camera contigua a quella della poppa, dove si conserva una parte dell’arme, e dell’altre robbe della gente di poppa, e ne i bisogni vi sta anco qualche botte di vino»[5].
  • la compagna, che funge da dispensa ove si ripongono «il vino, e ‘l companatico, cioè la carne salata, il formaggio, l’oglio, l’aceto, i salumi, e l’altre robbe simili»[6].
  • il “pagliolo”, riservato alle provviste di pan «biscotto, farina, fava, riso et altre vettovaglie»[7].
  • la “taverna”, o “camera di mezo[8], è la camera che occupa il centro della galera ove «il comito smercia il vino; questa camera si apre in quella delle polveri, di cui il cannoniere conserva le chiavi»[9]. Sempre nella taverna si immagazzinano «le vele e vna parte del sartiame, la mercantia, le robbe de i passeggieri, l’arme et altre prouisioni»[10].
  • la «camera di prua, in cui si pongono i cordami e dove si mette il cassone del chirurgo; durante il viaggio funge da ospedale per i malati ed i feriti»[11]. Questa camera è collegata con quella di mezzo, «non vi essendo divisione alcuna», e «ha un’altra entrata dalla prora»[12].

La terza parte della galea si chiama prora, «che è la parte anteriore del vascello, innanzi alla quale sta prominente lo sperone anticamente chiamato rostro»[13].

Pantero Pantera (Como 1568-1625), nobile cavaliere dell’abito di Cristo e capitano della Santa Lucia[14], afferma che la galea sopra la coperta si divide in tre parti: la poppa, il luogo dove si trovano i banchi e la prora. «La poppa è la parte posteriore della galea» ove non ci sono remi, «è il luogo particolare de’ i capitani, de’ i nobili e delle persone più stimate, et di quelli che governano il timone»[15].

I remiganti si trovano «dal giogo della poppa fino al giogo della prora» ove ci sono i “luochi”, i posti in cui sta la ciurma intenta a vogare, «e tutta questa parte della galea è divisa per mezo da una strada più rilevata da i banchi, fatta per che si possa camminare per la galea, la quale si chiama corsia». Alla fine di questa, «sono alzate due piazze chiamate rembate», di cui si è già detto, «sopra le quali, quando si naviga, stanno i marinari per fare i seruitij del trinchetto»[16].

«Fuor dal corpo della galea dall’una, e dall’altra parte» si trovano “le opere morte”, chiamate così perché sono costruite “fuori del vascello” e «non sono altro che pezzi di legni, ò travi fatti avanzar fuor de i corpi delle galee per dar loro da quella parte maggior capacità» in modo che i soldati e i marinai possano «hauerci luoco»[17], ossia svolgere i loro compiti senza arrecare fastidio alla ciurma, la quale senza coteste opere morte «larghe e quasi lunghe, quanto sono l’istesse galee», non riuscirebbe a «vogare, né far gli altri seruitij necessarij, né riposarsi» per mancanza di spazio[18].

«Sopra i posticci», che fa cevano parte delle opere morte, «si fermano i remi, i quali sono tanti quanti sono i banchi»[19].

Le galee ordinariamente sono portate da due alberi, “il maestro et il trinchetto”. Il primo «è collocato nella galea per la terza parte vicino alla prora, e per le altre due parti lontano dalla poppa. Il trinchetto sta alla prora tra le rembate»[20].

Le cantanetteerano “due piccole aperture rotonde” che servivano a dare luce “al gavone di poppa”, al quale si accedeva «da un portello posto a fianco del tabernacolo chiesuola, che era un piccolo armadio sistemato sulla estremità poppiera della corsia»[21].

La galera aveva “50 banchi” di rematori, 25 per banda. Ogni banco era lungo 10 piedi. I banchi distavano uno dall’altro 4 piedi e venivano coperti da un «sacco imbottito di lana» su cui veniva «gettata una pelle che scendeva fino alla panchetta» e dava «al banco l’aspetto di un cassone»[22].

La panchetta o banchetta era una delle tre assi parallele al banco, “larga circa 45 cm” su cui il remigante «si poggiava per rizzarsi in piedi». Le altre due assi erano la pedagna e la contropedagna, e servivano anch’esse per poggiarvi i piedi e trovare un punto di appoggio durante la voga[23].

La contropedagna era posta «poco sotto il banco anteriore, per cui occorreva un notevole esercizio per infilarvi correttamente il piede, in quanto una posizione sbagliata poteva dar luogo a dolorose contusioni e a fratture delle ossa metatarsali»[24].

I condannati «erano incatenati a 6 per banco. Lungo il fianco della galera corre una corsia di abete di circa un piede di larghezza che forma il capodibanda; veniva chiamato posticcia; ad essa erano fissati i remi» che avevano “50 piedi di lunghezza” ed erano costituiti da “maniglie di legno” che ne permettevano la manovrabilità[25].

[1] Ibidem, p. 88.

[2] Ciano, Navi, mercanti e marinai …, cit., p. 92.

[3] P. Pantera, L’Armata Navale del Capitan Pantero Pantera, Gentil’hvomo Comasco, & Caualliero dell’habito di Cristo. Divisa in doi libri. Ne i quali ragiona del modo, che fi ha à tenere per formare, ordinare, & conferuare vn’armata maritima. Con molti au uertimenti necessarij alla nauigatione, & alla battaglia. Con vn vocabolario, nel quale si dichiarano i nomi, & le voci marineresche. Et con due Tauole, l’vna de i Capitoli, & l’altre delle materie dell’Opera. All’Illustriss. & Eccellentiss. Sig. Il Signor Don Francesco Di Castro, Ambasciatore per Sua Maestà Catolica, in Roma. In Roma, appresso Egidio Spada M.D.C. XIIII. Con licenza dei Svperiori, 1613, Biblioteca Nazionale Centrale di Roma, libro I, cap. III, p. 45.

[4] Ciano, Navi, mercanti e marinai …, cit., p. 92.

[5] Pantera, L’Armata Navale del Capitan Pantero Pantera, Gentil’hvomo Comasco, & Caualliero dell’habito di Cristo …, cit., libro I, cap. III, p. 45.

[6] Ivi.

[7] Ibidem, p. 46.

[8] Ivi.

[9] Ciano, Navi, mercanti e marinai …, cit., p. 92.

[10] Pantera, L’Armata Navale del Capitan Pantero Pantera, Gentil’hvomo Comasco, & Caualliero dell’habito di Cristo …, cit., libro I, cap. III, p. 46.

[11] Ciano, Navi, mercanti e marinai …, cit., p. 92.

[12] Pantera, L’Armata Navale del Capitan Pantero Pantera, Gentil’hvomo Comasco, & Caualliero dell’habito di Cristo …, cit., libro I, cap. III, p. 46.

[13] Ivi.

[14] Pantero Pantera «navigò sulle galee pontificie dal 1588 al 1614; nel 1597-98 ottenne la carica di capitano della Galea Santa Lucia, con la quale catturò, nel 1598, di conserva con altre due galee papali, quattro vascelli barbareschi al largo di Capo Circeo. Dal 1615 si ritirò a Como, dove morì 10 anni dopo». Pantero nacque il 4 febbraio da famiglia nobile e agiata e rimase fin dalla fanciullezza orfano di padre. Avrebbe dovuto fare carriera come medico o notaio secondo le aspettative della sua fa miglia e invece preferì l’avventura e la dura vita in mare e nel 1588 si arruolò nella flotta pontificia come nobile di poppa sulla galea capitana ove era imbarcato, sotto il comando di Orazio Lercari, anche il «romano Bartolomeo Crescenzio con la qualifica di idrografo» (V. Borghesi, Un inedito di Bartolomeo Crescenzio (1588-89) estratto da Miscellanea Storica Ligure, Anno XII (1980), n. 1, Università di Genova, Istituto di Storia moderna e contemporanea della Facoltà di Lettere e Filosofia, periodico semestrale, pp. 36 in nota e 27, 28).

[15] Pantera, L’Armata Navale del Capitan Pantero Pantera, Gentil’hvomo Comasco, & Caualliero dell’habito di Cristo …, cit., libro I, cap. III, p. 46.

[16] Ivi.

[17] Ivi.

[18] Ibidem, p. 47.

[19] Ivi.

[20] «Alcune volte si suole inarborare anco l’arbore della mezana tra l’arbore maestro, et la poppa … l’arbore maestro ha la sua antenna, la quale è fatta di doi lunghi legni legati insieme. La parte, che sta verso la poppa, è chiamata penna, ed è più lunga dell’altra, e più sottile, alla quale si aggiunge, perché sia più lunga, un altro pezzo di legno, che si chiama lo spigone, il qual non vi si aggiunge, se non quando si vuole spiegar la vela. L’altra parte dell’antenna, che sta verso la prora, si chiama carro, e questa è alquanto più grossa della penna, e più corta … Portano le galee ordinariamente due vele: la maestra e il trinchetto. La maestra è di quattro sorti, ciascuna delle quali si adopera secondo il vento … La vela del trinchetto è una sola» (ivi).

[21] Ciano, Navi, mercanti e marinai …, cit., p. 93.

[22] Ivi.

[23] Ivi.

[24] Ivi.

[25] Ivi.

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