Pirandello e la bestia

Pirandello e la bestia

Pirandello e la bestia

Pirandello e la bestia

La farfalla, credit Mary Blindflowers©

 

Mary Blindflowers©

Pirandello e la bestia

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Nei Quaderni di Serafino Gubbio Operatore, il personaggio, che racconta storie di vita vissuta e descrive il dietro le quinte non sempre edificante del cinema, fa delle considerazioni contro-antropocentriche molto interessanti e valide oggi più che mai.
Una tigre dello zoo deve essere uccisa perché ha la brutta abitudine di cercare di saltare il fosso dietro il quale deve sostare e di dirigersi verso i visitatori in piedi, troppo pericolosa dunque e si decide di sopprimerla. Però la società cinematografica Kosmograph viene a sapere delle intenzioni dello zoo e decide di acquistare la povera tigre, per utilizzarla in un film di ambientazione indiana in cui è tutto finto, tranne la belva che, nelle intenzioni di chi l’ha comprata, dovrà servire da capro espiatorio per il divertimento degli spettatori.
L’uomo uccide per divertirsi, dice Gubbio, laddove invece la bestia uccide innocentemente per bisogno, seguendo l’istinto della natura, perciò la bestia è innocente, mentre l’uomo è colpevole e iniquo.
L’uomo costruisce società artificiali in cui ci si nutre e ci si bea di divertimenti fittizi. Preleva la tigre dalla foresta dove stava benissimo senza disturbare nessuno e la porta dentro una gabbia, a vivere una vita da prigioniera, innaturale, crudele. Per cosa poi? Per girare la scena di un film mediocre, ucciderla veramente sul set e far sbadigliare gli spettatori che percepiranno tutta la stupidità dell’atto e usciranno dalla sala insoddisfatti. Insomma un sacrificio inutile e disgustoso.
E Serafino dovrà assistere a tutto questo, pur percependo l’aberrazione di un antropocentrismo borioso e distruttivo, non potrà fare nulla per la tigre anche se l’ama e la ammira.
Ma Gubbio è ormai diventato “si gira”, questo il suo nomignolo, è bollato come oggetto depersonalizzato, derealizzato e totalmente alienato, è solo una mano che gira una manovella e niente più nell’etica della Kosmograph.
Serafino però pensa, non può non pensare, malgrado tutto e non può non indignarsi.
Pirandello ci mostra in pagine maestose di grande letteratura l’insensatezza dell’antropocentrismo e della pseudo-morale ad esso annessa e connessa con uno stile meraviglioso, sottolineando la finzione del mondo cinematografico rispetto alla inconsapevole innocenza della bestia:

Già è pronto lo scenario di soggetto indiano… scenario spettacoloso, per cui si spenderà qualche centinajo di migliaia di lire; ma quanto di più stupido e di più volgare si possa immaginare. Basterà darne il titolo: La donna e la tigre. La solita donna più tigre della tigre. Mi par di aver inteso che sarà una miss inglese in viaggio nelle Indie con un codazzo di corteggiatori. L’India sarà finta, la jungla sarà finta, il viaggio sarà finto, finta la mise e finti i corteggiatori: solo la morte di questa povera bestia non sarà finta. Ci pensate? E non vi sentite torcer le viscere dall’indignazione?
Ucciderla, per propria difesa o per difesa dell’incolumità altrui, passi! Quantunque non da sé, per il suo gusto, la belva sia venuta qua a esporsi in mezzo agli uomini, ma gli uomini stessi, per loro piacere, siano andati a catturarla, a strapparla dal suo covo selvaggio. Ma ucciderla, così, in un bosco finto, in una caccia finta, per una stupida finzione, è vera nequizia che passa la parte! … Porteranno via il bosco finto e anche, come un ingombro, il cadavere di lei. In mezzo a una finzione generale soltanto la sua morte sarà vera… L’attore che la ucciderà non saprà nemmeno perché l’avrà uccisa. La scena durerà un minuto, due minuti sullo schermo in proiezione, e passerà senza lasciare un ricordo duraturo negli spettatori, che usciranno dalla sala sbadigliando: – Oh Dio, che stupidaggine! –
Questo o bella belva, t’aspetta. Tu non lo sai, e guardi di tra le sbarre della gabbia con codesti occhi spaventevoli… la tua ferocia è innocente… la bella innocenza ingenua della tua ferocia rende qua nauseosa l’iniquità della nostra. Vogliamo difenderti da te, dopo averti portata qua, per nostro piacere, e ti teniamo in prigione: questa non è più la tua ferocia, questa è ferocia perfida! Ma sappiamo, non dubitare, sappiamo anche andare più in là, far di meglio: t’uccideremo per gioco, stupidamente… Guardi? Che guardi bella belva innocente? Ed io che t’amo e ti ammiro, girerò impassibile la manovella di questa preziosa macchinetta… Bisogna che mangi. Mangia tutto, qualunque stupidità le mettano davanti…

 

Questo è un chiaro manifesto contro l’antropocentrismo che purtroppo ancora oggi fa le sue vittime, dato che uccidere squali e mucche per divertimento e metterli sotto formaldeide, pare che per alcuni sia “arte” avallata anche dalle gallerie importanti e dalla critica che conta.

Lo spettacolo del nulla non è mai finito.

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Comments (2)

  1. Mariano Grossi

    Crudeltà d’uomini intense
    qui col pane e col circense!
    La realtà l’uomo ti nega
    e nella finzion t’annega!

  2. GIANCARLO

    Beh, sapessi scriver così forse sarei qualcuno. Buona serata, notte.

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