W.G. Sebald, Gli emigrati

W.G. Sebald, Gli emigrati

W.G. Sebald, Gli emigrati

W.G. Sebald, Gli emigranti

W.G. Sebald, Gli emigrati, credit Antiche Curiosità©

 

Mary Blindflowers©

W.G. Sebald, Gli emigrati

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W.G. Sebald, pubblicato in Italia da Adelphi, nel racconto Paul Bereyter, spiega in modo preciso come funziona la democrazia dell’informazione legata sempre al potere del momento. Ma leggiamo:

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Prendeva una quantità sterminata di appunti sui fatti di Gunzenhausen, quando quella domenica delle Palme del 1934… anni prima della cosiddetta notte dei cristalli, le vetrine degli ebrei furono prese a sassate e gli ebrei stessi vennero tirati fuori a forza dalle cantine in cui si erano nascosti e trascinati per le strade del paese. Non furono solo i canaglieschi soprusi e le violenze della Domenica delle Palme a Gunzenhausen – la morte del settantacinquenne Ahron Rosenfeld, ucciso a coltellate, e del trentenne Siegfried Rosenau, impiccato a una cancellata – non furono solo questi episodi, raccontò M.me Landau, a suscitare orrore in Paul, ma anche, e quasi altrettanto, la maligna soddisfazione implicita in una cronaca di giornale, la cui scovata per caso nel corso delle sue indagini, secondo cui all’indomani di quell’evento gli scolari di Gunzenhausen avevano beneficiato di una sorta di bazar gratuito distribuito un po’ dappertutto nel paese e, nei negozi devastati, avevano potuto soddisfare per settimane il loro fabbisogno in fatto di fermagli per capelli, sigarette di cioccolato, matite colorate, polverine effervescenti e altri articoli del genere (Sebald, Paul Bereyter in Gli emigrati, Adelphi, ristampa 2007, p. 65).

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C’è una critica precisa di un certo modo di fare informazione manipolatoria in cui i fatti vengono presentati dai giornali sotto una luce diversa da quella reale.
Il lettore, a questo punto potrebbe domandarsi se oggi sia diverso.
L’informazione oggi può essere giudicata attendibile?
Cosa è cambiato da ieri a oggi nella gestione delle notizie?
Mai come in questo momento assistiamo ad una iper-informazione totalmente ed artatamente disinformante, fatta di censure, di verità omesse, di fake news che vengono replicate abominevolmente da noti personaggi sui social, amplificate da un mondo in cui tutto corre veloce e che ama le propagande.

Un libro che spinge i lettori ad interrogarsi non può essere che un buon libro.

Gli emigrati di Sebald, al di là delle storie personali dei protagonisti, tutti ebrei che hanno subito le leggi razziali e le persecuzioni del nazi-fascismo, non preme infatti sulla retorichetta della guerra molto in auge oggi, per sedurre l’emotività, bensì, con un procedimento raffinato e sottile, ci presenta dei personaggi che hanno vissuto sulla propria pelle l’esclusione ed il razzismo, raccontandoceli e immergendoli in un’atmosfera vivida di colori, di ambienti e paesaggi in cui le descrizioni, che pure abbondano, sono sempre però funzionali alla storia e mai un mero esercizio di stile.
Sebald è un autore poco citato e forse ancor meno letto in Italia, nonostante sia stato pubblicato da Adelphi, ed è un peccato perché unisce l’impeccabile stile narrativo della sua prosa fluida, alla profondità contenutistica che ha il notevolissimo pregio di generare domande evitando moralismi e paternalismi superflui.
I personaggi, un po’ kafkiani o joyciani, sconfitti dalla storia e dalla società che li ha esclusi, sono degli alienati e dei suicidi che avvertono forte l’estraneità da un mondo che non li integra e non vuole riconoscerli, ma tale esclusione non si bea di accenti patetici o lacrimevoli bensì di una lucida analisi. L’autore descrive nitidamente le bassezze dei provinciali tedeschi, all’indomani dello sterminio, e poi l’oblio, le meschinità nei gesti quotidiani, nelle comunicazioni non ufficiali ma cariche di cortese perfidia:

 

…la scrupolosità con cui, negli anni successivi allo sterminio, hanno taciuto, tenuto nascosto, e come talvolta mi capita di pensare, davvero dimenticato tutto, è in fondo solo il rovescio della sottile perfidia con cui, ad esempio, il proprietario del caffè Schöferle di S. si rivolse alla madre di Paul… per farle notare che la presenza di una signora sposata con un uomo di padre ebreo sarebbe potuta risultare sgradita alla sua rispettabile clientela, sicché la pregava con la massima cortesia, questo è ovvio, di astenersi dal frequentare quotidianamente il suo locale (p. 60).

 

Gli emigrati è un libro in cui c’è tanto da leggere e sui cui riflettere, una serie di racconti non privi di spunti critici validi ancora oggi e uniti dal filo della morte e del disadattamento dell’uomo contemporaneo a realtà artificiali, dominatorie ed oppressive.

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