Doni e L’Aretino, lettere

Doni e L'Aretino, lettere

Doni e L’Aretino, lettere

Doni e L'Aretino, lettere

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Doni e L’Aretino, lettere

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Gli odi tra letterati sono ed erano piuttosto frequenti.
Anton Francesco Doni e Pietro Aretino erano amici, mutatisi in nemici per questione di interesse alla corte di Guidobaldo, Duca d’Urbino, come scrive lo stesso Doni ne Il Terremoto. In pratica, siccome entrambi volevano mungere la borsa del Duca, e l’Aretino considerava già il nobile un suo finanziatore, si mosse per sottrarre la preda di bocca al Doni e gli spedì una lettera poco gentile, modificando anche il nome del Doni da Anton Francesco in Giovan Francesco, per provocarlo e dargli del minchione.

 

Riproduco qui di seguito la lettera dell’Aretino al Doni, causa scatenante dell’inimicizia tra i due e in cui l’Aretino assicura al Doni che scriverà malissimo di lui:

 

A messer Giovan Francesco Doni. Mio compare osservandissimo.

Se io avessi saputo che foste a Pesaro, come si credeva nella Puglia o a Roma, non sarei stato tanto a far intendere al Duca bonamente mal di voi, e fare sulla di voi vita una invettiva. Il che farò senza dubbio e ben presto, e quando sarà scritta se ne crederà qualche poco; il che vi sia di danno e di vergogna per tutto, venendo da me scrittore verità.
E sarà accettata la mia scrittura, se non per amore, almeno per timore della mia tanto famosa penna.
Questo lo farò in premio della gratitudine che mostrate inverso i continui beneficj ricevuti da me, che fino a qui mi è parso di vendicare di mia natura contro le offese (che mi ha dette il Marcolini, con le quali perseverasti in dir male di me) con la cortesia: e dipingerovvi custode d’ogni ribalderia, e troverò tutte cose in vostro danno, le quali scriverò al mio Guid’Ubaldo. Dalle quali difficilmente, per avermi la di lui Eccellenza in luogo di figliuolo, vi potrete difendere. Ma fa una grande ingiuria alla mia virtù, qualunque ve le tiene in grazia. Sicché sentirassi il come so dire in trovato per vero io, quello che farà parer bugia la di voi verità.

P. Ar.

(Il terremoto di Anton Francesco Doni, in Opere di Francesco Berni nuovamente rivedute e illustrate, Arnaldo Forni Editore, MDCCCLXIV, p. 208).

 

La risposta del Doni non si fece attendere, ne riproduco alcuni brevissimi passaggi:

 

Al forbiculario delle muse e Rubino di Parnaso, maestro Pietro Aretino Cicalone. Plusquam perfecto.

Se il tuo pensiero, bestiaccia senza vergogna, si fosse immaginato per sorte ch’io temessi la tua arroganza, penso di sgannarlo. Tu credi adunque, mostro infernale, storpiato manigoldo, che io abbia paura del puzzolente tuo fiato velenoso? Tu sei in grandissimo farnetico. Io ti fo dunque intendere che in Roma, a Pesaro, in Puglia e dove io sarò, che sempre sono per rispondere, per una che tu me ne scriverai, un libro delle lettere, e insegnerotti di non istuzzicare il vespaio mio… Non ti vergogni, o faccia sfregiata, bilingue porcone, a voler tastar me, il quale teco non ebbi mai convenienza nessuna? … Ma dimmi ignorantone, affrontatore disonesto, donde hai tu usurpata cotesta autorità di voler così assassinare le persone con la tua linguaccia marcia? … (Ivi, p. 210).

 

Il Doni disse di essere stato costretto a rispondere tante lettere quante furono le parole della lettera dell’Aretino, quindi scrisse nel 1556: Terremoto del Doni Fiorentino con la rovina di un gran colosso bestiale Anticristo della nostra età. Divisa in sette libri: Il Terremoto, La Rovina, Il Baleno, Il Tuono, La Saetta, La Vita e la Morte, Le Esequie e la Sepoltura. In quest’Opera l’autore predisse la morte dell’Aretino, che infatti morì, proprio nell’anno in cui uscì il libretto del Doni che azzeccò inquietantemente la sua previsione.

 

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