Tutto muta, niente muta

Tutto muta, niente muta

Tutto muta, niente muta

Tutto muta, niente muta

Sezione di legno pietrificato, credit Antiche Curiosità©

 

Mary Blindflowers©

Tutto muta, niente muta

 

Nella vita subliminale dei social ci sono impercettibili movimenti della psiche, gap fenomenici, piccole incongruenze espressive e quasi non percepite indifferenze a segnare il discrimine tra amicizia e semplice casuale conoscenza.
Prima o poi il distinguo tra questi due lati del ponte è d’obbligo, una differenza importante che non tutti si sentono però in dovere di compiere, ponendo in primo piano l’obbligo di avere sempre più numerosi contatti che agli occhi altrui segnerebbero il percorso di una sorta di pseudo-successo mediatico, rispetto al rapporto umano.
Poco importa se i contatti nell’epoca della globalizzazione e della massa plaudente e gaudente, vengono considerati numeri sull’agenda delle probabilità, poco importa se l’interazione umana o intellettuale è totalmente bandita e ci si ritrova ad avere nei vari profili e profiletti persone di cui si ignora totalmente l’esistenza, è l’apparenza che conta, su quella si costruiscono vivaci castelli d’aria compressa.
L’etica del micro-villaggio in cui la vecchietta sta affacciata alla finestra per vedere cosa accade di fuori e poter spettegolare, la micro-realtà limitata in cui i vecchietti, assisi davanti alla porta di casa, giudicano con occhio malevolo e annoiato, qualsiasi cosa si muova o respiri e gli cammini casualmente davanti, si è trasferita nei social, in cui orde di giovani ormai vecchi e evidentemente decrepiti, giudicano e postulano senza conoscenza alcuna, solo sulla base di fuggevoli impressioni e si mettono in mostra seduti davanti ad un computer-finestra di dialogo e non-dialogo.
Se il mezzo cambia, la natura umana rimane sempre la stessa.
Non è dunque il mezzo in sé ad accusare un’intrinseca modalità patologica, ma l’uomo stesso che contiene i germi dell’irrazionale poco incline a mutare d’essenza.
Aveva ragione Karl Löwith quando sosteneva che la natura precipua dell’uomo dei tempi passati non poteva essere differente da quella che essa è rimasta nell’era atomica e si può aggiungere, anche post-atomica.
In parole semplici, muta la storia, mutano le sue interpretazioni ma la natura umana non può affatto cambiare. In questo senso dunque non esiste nemmeno un “uomo moderno” o una “moderna natura umana”.
Così come la storia non insegna nulla, la natura dell’uomo rimane eternamente la stessa attraverso i secoli e imperterrita si abbandona, indipendentemente dalle circostanze, alla stessa umanizzazione del mondo, una coazione a ripetere infinita.
I social ne sono testimonianza.
Si riavvolgono a loop situazioni da piccolo villaggio primitivo in cui il vivo giudica il vivo e seppellisce il morto di certezze assolute mentre ci si lagna della perdita inesorabile di valori attribuiti indebitamente a tempi antichi, le mitiche età d’oro mai realmente esistite.
L’una volta sì, ha sostituito il c’era un volta, il fuoco del camino ora è stato soppiantato da una tastiera, il pane fatto in casa ora è subliminalmente evocato tramite foto che mostrano i segreti della panificazione universale.
La comunicazione social esplicita la sempiterna natura umana fatta di affinità e discrasie, concordanze elettive subliminali e odi panici.
Tutto cambia e si evolve ma di fatto nulla cambia.
Gridare contro la deviante asprezza subliminale del mezzo per giustificare una natura già in parte corrotta, serve a poco.
Odio, simpatia, accordi, ipocrisia, falsità, calunnie, bugie, pettegolezzi e mezze verità, sono sempre esistiti. I social non si sono inventati proprio nulla, hanno soltanto trasferito la natura umana in un non-luogo amplificatorio in cui stupidità e saggezza si mescolano e diventano pantagrueliche, vistose, come sotto una lente di ingrandimento che non mostra alcunché di nuovo, ma l’eterno, immoto spettacolo della natura umana che si illude di muoversi e mutare, restando sempre la stessa, nei secoli.
Aveva ragione Arthur Schopenhauer ne Il mondo come volontà e rappresentazione:

 

Gli uomini somigliano a orologi che vengono caricati e camminano, senza sapere il perché; ed ogni volta che un uomo viene generato e partorito, è l’orologio della vita umana di nuovo caricato, per ripetere ancora una volta, fase per fase, battuta per battuta, con variazioni insignificanti, la stessa musica già infinite volte suonata.

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