Papini, Poesia in versi

Papini, Poesia in versi

Papini, Poesia in versi

Papini, Poesia in versi

Papini, Poesia in versi, Vallecchi, 1932, credit Antiche Curiosità©

 

Mary Blindflowers©

Papini, Poesia in versi

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Giovanni Papini è uno di quegli autori che nessuno o quasi legge più.
Su questa dimenticanza hanno sicuramente inciso le sue scelte ideologiche certamente poco felici e non ispirate alla coerenza.
Da ateo anticlericale divenne infatti cattolico, da interventista pacifista, fascista ma a suo dire non nazista e antisocialista.
Insomma aveva decisamente le idee confuse. Fondò anche un giornale, Il Leonardo, assieme a Giuseppe Prezzolini, che come si sa lavorava come corrispondente del Popolo d’Italia (giornale fondato da Benito Mussolini).
La simpatia di Papini per il fascio ha giocato probabilmente un ruolo fondamentale nella dimenticanza a cui i suoi versi sono stati in parte condannati. Papini è oggi per molti motivo di imbarazzo proprio perché fascista.
Al di là dell’antipatia che si può provare per la marcia ideologia del fascio, antipatia che del resto, condivido in pieno come nemica di ogni regime autoritario e dittatoriale, penso comunque che un autore vada sempre letto per ciò che ha scritto e Papini, a onor del vero, non è affatto un cattivo poeta.
Forse non sarà grandioso, a tratti retorico e un po’ autocompiaciuto del suo ruolo di poeta e intellettuale, a tratti eccessivamente schiavo degli infiniti nell’uso dei verbi, con rime non sempre felicissime, ma nemmeno da buttar via, anzi, al contrario, penso sia meritevole di essere letto e rivalutato.
Si può affermare che Poesia in versi, pubblicata nel 1932, sia una raccolta molto interessante di versi in prevalente rima alternata in cui si avverte evidente l’altalenanza di esaltazione-depressione tipica del carattere instabile dell’autore.
L’esaltazione di sé si stempera in un finale in cui il tono scende sempre verso la morte e la depressione.
Per esempio nella ottava poesia della raccolta Opera prima, si passa dal poeta solitario con la sigaretta in bocca che va “fuor del vero e dell’ordinario” dove nulla lo tocca, dal poeta amante di se stesso che non cerca nessuno perché “sazio appena del suo furore”, dal poeta che racchiude nella sua fronte l’intera terra, al poeta “stracco e freddo… povero triste a cui nessuno bada” nella “fossa della strada,/ nella mezzombra lilla del ritorno”, “al disamorato: croce di carne stracca/ che l’odore del giorno meno flagrante smaga…/”
Si avverte nei suoi versi, come precisa egli stesso, uno “strappo d’andare e venire”.
La pienezza esaltata del sé si risolve sempre in una discesa finale, come un contrasto tra luce ed ombra che l’autore non riesce in alcun modo a sanare perché il destino appare instabile, quindi la tracotanza si converte in sereno. Il poeta è rimbalzato sull’alto ma vincolato con il nulla:

 

Trascendente concordanza
d’intimità riscoperte
per sorte, la mia tracotanza
in tanto sereno converte.

Son di vento all’assalto.
Non più cadolente
di carne, rimbalzo sull’alto
avvincolato col niente.

 

Da Bulicano, in una lettera a don Cesare Angelini, Papini ebbe a scrivere: “Mi sono avvicinato a Gesù con nuovo spirito e credo di averlo sentito come pochi… Ho scoperto che Gesù è sempre solo, come solo è stato fin da principio e che pure non c’è salvezza al di fuori di lui”.

L’identificazione con Cristo è palese anche in Opera prima dove il tema della solitudine e dell’isolamento del poeta, pervade tutta la raccolta come leitmotif irrinunciabile.
Il volume edito da Vallecchi nel 1932 raccoglie, con il titolo generale di Poesia in versi, sia Opera prima (1914-1916) che raduna a mio parere i versi più riusciti, sia Pane e vino (1921-1926), che presenta risultati letterariamente più modesti ma comunque non affatto trascurabili.

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