Lo scrittore e la Gorgone

Lo scrittore e la Gorgone

Lo scrittore e la Gorgone

Lo scrittore e la Gorgone

The Thinker, credit Mary Blindflowers©

 

Paolo Durando©

Lo scrittore e la Gorgone

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Lo scrittore, seduto alla sua scrivania male illuminata, tra le scartoffie, poteva soltanto, e con fatica, parlare. Da molto tempo infatti era perfettamente rigido, impossibilitato, nonché a scrivere, a muovere qualunque parte del suo corpo. Di fronte a lui, indifferente, stava Medusa, con i serpenti neri e nervosi che, sibilanti, le scendevano attorno al viso.

LO SCRITTORE: mi è stata tolta la parola. Me la sono tolta. Eppure una parte di me vorrebbe ancora dire. Una parte di me non crede all’ammutolimento e alla sua necessità. Lì sono ancora adolescente. Quella risacca presuntuosa e appassionata. Lì sono ancora capace di credere di aver visto, di aver la possibilità di vedere. Di capire in modo individuale, particolare e vero. Vero anche perché, appunto, individuale, personale, ma non soltanto per questo. Vero perché sofferta conoscenza, discriminazione intuitiva tra arte e non-arte. Ma la parte di me adolescente è la risacca che sta per tornare indietro, per essere impotente per sempre. È quella parola che sta per essere detta. Che forse non sarà mai detta. Un ancora che sta per diventare un ormai. Per tutto il resto, per tutto il restante peso di coscienza, pensiero, la parola mi è stata tolta e, togliendomela io stesso, prevengo e collaboro all’immolazione. Come se questa fosse l’unica via di uscita. Impuntata, infantile. Soprattutto teatrale. Ma in verità attraggo l’attenzione di chi? Poiché chi riconosce la mia parola è assente oppure ha perduto autorevolezza, chi non le crede ascende al paradiso terreno. Chi mi ha tolto la parola ha avuto le prove di sapere come stanno veramente le cose. Il mondo intero è parso schierarsi dalla sua parte. E perciò dalla tua. Io chi sono per sottrarmi al plauso? Non posso oppormi a quella gigantesca verità. Il fiato è minimo, la plausibilità della mia contrazione praticamente nulla. Non c’è la terra. Non c’è l’acqua che può irrorarla. Sono dunque vissuto per molti anni in buona misura ingannandomi, vedendo beatamente quello che non esisteva, confondendo una parte con il tutto. Ed usavo le parole per modellare orgoglio e traumi. Ora quale parola mi può essere data e posso darmi, e per riferirmi a che cosa?
MEDUSA: ti eri fermato alle parole, non eri andato oltre. Ora tu lo sai. Avevi dato forma, colore, sostanza a un mondo di parole. Ora quel mondo non esiste più. Io l’ho fatto sparire. E tu sei diventato di pietra.
LO SCRITTORE: tu hai guardato il mio mondo di parole, cancellandolo con la felicità e la forza positiva a cui attingi ogni giorno, adamantina, indistruttibile. Cancellando quel mondo mi hai fatto vedere di che sostanza era fatto realmente, sotto la coltre di quelle parole. C’era solo qualche grumo sfilacciato, batuffoli di sostanza pregna galleggianti nel vuoto. Nulla di intero, di tondo e definito. Nulla di solido, da poter colpire con mano schietta. Perché bastava uno sguardo. Il tuo sguardo di Medusa.
MEDUSA: non ti eri temprato nel vissuto che penetra e scuote, non avevi neppure mai scelto, non avevi avuto coraggio. Mai. Eri molle come il fango. Per questo ora sei pietra.
LO SCRITTORE: e qual è il mio futuro?
MEDUSA: in verità non ci sono che tre strade. Quelle che tu stesso, nel tuo affannarti inconsistente, vedi chiaramente e vedevi anche poc’anzi. La prima strada è l’uscita allo scoperto. La franchezza come stile. La lotta, la rottura. Ma temo che non sia per te.
LO SCRITTORE: è perché io sento come un valico insormontabile lo scontro diretto. Comunicare una mia idea o passione a chi penso non le condivida mi espone al rischio di perderle, tanto sono influenzabile e capace di comprendere le ragioni altrui. È l’empatia di chi non è nessuno, di chi fluttua senza avere un centro a cui saldarsi. Laddove non potrei fare a meno di resistere, perché attorno all’osso scarnificato resta pur sempre qualcosa di essenziale, di imprescindibile, allora perderei forse il mio interlocutore. Potrei permettermi questo lusso? Sono davvero alla portata della condanna – o privilegio – della solitudine? Preferisco dunque l’azione laterale, con la tentazione persino dell’azione nascosta, alle spalle. Non posso salvarmi da questa inettitudine. Forse è la ragione stessa del mio scrivere. Erigere muri di parole essendo incapace di erigerli di roccia. Incapace di essere corpo, ed in mancanza dell’anima.
MEDUSA: fa parte di questa strada anche l’ironia. Non ci pensavi più?… (Continua su Destrutturalismo n. 1, Luglio 2022).

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DESTRUTTURALISMO Punti salienti

Libri Mary Blindflowers

 

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