Astrattismo, Dadaismo e poi…

Astrattismo, Dadaismo e poi...

Astrattismo, Dadaismo e poi…

Astrattismo, Dadaismo e poi...

L’e poi… credit Mary Blindflowers©

 

Paolo Durando©

Astrattismo, Dadaismo e poi…

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Costruzione

 

Astrattismo, dadaismo e poi.
Ma non era la notte delle vacche nere.
Potevamo ricomporre, riparare, ricompattare.
Signori, ecco l’uomo nuovo.
Specie dirompente, super-senso emerso dal non-senso.
Borghesi, proletari e chi per voi.
Cultori e perfezionisti di una razza.
Manipoliamo i concetti, le verità, le pseudo-verità,
rendiamo terrena la mistica.
Signorine demodè, matroniche contadine, maschi esemplari
tutti in fila per il grande IO!
Torri fumanti e ciminiere e ingranaggi e catene,
tubi e macchine crepitanti,
biometrie, turgori di cartapesta.
voci megafoniche, artate scardinate.
Soli radiosi dietro palchi e bandiere.
I romanzi senza ambiguità, le pitture senza visioni,
nulla che non sia leggibile-comprensibile-coeso-morale.
Per l’eterno presente futuro.
Prosit.

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Futura memoria

 

Ci sarà un angolo di futuro,
una postazione, un’insenatura,
in cui sostare
per raccogliere gli anni
nel cavo della mano,
inanellarli in decenni,
in secoli, nel tripudio
della spuma dei giorni,
dei geyser di secondi.
In quella nicchia
di scampati all’antropocene,
ci apriremo a un destino nuovo
e la parola “storia”
non avrà più significato.
In quella costa di frangenti spuri,
di ossidate magagne,
nella soporifera stasi
della cova di nuove promesse,
gradiremo essere per noi stessi,
essere per la morte che è vita,
nella calma precisa
che precede il riavvio.

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In noi

 

Seguire il tempo
verso i graduati accordi dei posteriori
tra le polivalenze dei prima
e le distonie del probabile.
I nidi di loop nascosti
nell’intrico delle svolte,
le elitre incombenti
del fatto contingente.
Incalza, subentra l’onda dell’ora
sui bordi che vanno,
le visioni di schiuma procreante,
materia on line del multiverso.
Si attivano le papille dei nanosecondi,
si dilatano a ogni clou,
nell’incauto barbaglio dell’umano.
Ma solo danzando su tappeti di forse
torniamo sovrani impuberi
di eventi polvere di pieghe,
strisce di nembi che si defilano,
dimenticano di ricordarsi di sé,
meduse diafane, feti di ircocervi,
corse di gazze sfilacciate
tra eserciti di bimbi e cammelli.
Superno esattore delle tasse stellari
che affonda la draga
nell’acqua di ognuno,
mentre si ammainano le vele delle attese
in nome dei porti sepolti.
Ridiamo allora degli scongiuri,
degli arrivi alla fine della festa,
delle batoste di premesse
e cedono le vie di coartati sensi,
i provvidi alibi dei frame.
Nel gioco scoperto
di cartelle e cestino,
sfondo dopo sfondi
flussi e meme
di cosmi-desktop.

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DESTRUTTURALISMO Punti salienti

Rivista Destrutturalismo

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