Merdaviglioso mondo della letteratura

Merdaviglioso mondo della letteratura

Merdaviglioso mondo della letteratura

Merdaviglioso mondo della letteratura

Porte chiuse, credit Antiche Curiosità©

 

Mary Blindflowers©

Merdaviglioso mondo della letteratura

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Fermo restando che non ho mai creduto che uno scrittore possa proiettarsi nei siderociberspazi del piccolo schermo sogni a buon mercato per tutti, senza in qualche modo vendersi o far parte di un gallinaio di sperimentata saggezza politica, ho sempre ingenuamente pensato che il compito di uno scrittore sia sostanzialmente quello di scrivere, qualunque cosa accada o cada, qualunque sia il successo, indipendentemente da cosa sia successo, e non di andare a fare il primo attore sul piccolo schermo, fingendo di dissacrare o di attestare l’ovvio, lanciando provocazioni spesso sterili, facendo finta di recensire libri importanti di gente che fa parte dello stesso circolo galline e gallinelle, improvvisandosi tuttologo e aprendo dibattiti anche sulla forfora delle pulci.
Resto nel mio piccolo dell’idea che la quantificazione dell’arte con la clausola non ci si svende se si è o si è stati qualcuno, perché si ha dignità anche in vecchiaia, sia piuttosto puerile e abbia perfino sfumature di ilare patetismo. E trovo ridicolo il signore decaduto che, per dimostrare al mondo intero di essere ancora uno scrittore, chiede belle sommette a più zeri, primo perché uno scrittore è scrittore indipendentemente dal danaro che guadagna o dallo stato di grazia ricevuta e presa, dalla sua collocazione nel fatuo quanto illusorio panorama della fama che si sa, è condizionata dal talento quanto un asino dalla poesia che scaturisce dal suono dell’arpa; secondo perché chi già ha toccato con mano il successo e si è bruciato parlando un tantino troppo rispetto al consentito, potrebbe impiegare il vile denaro guadagnato per esercitare la sua libertà da solo. Come dire se Maometto non va dalla montagna, prendi i tuoi soldini e ne costruisci una tua di montagna e di Maometto puoi pure fregartene e anche di guadagnare chissà quanto se è vero che tieni alla tua libertà e alla tua scrittura più che a fare il servo. Che poi libertà è una parola grossa che puzza di bluff lontano un miglio e induce a chiedersi: dove finisce e dove inizia la libertà di uno scrittore che decide volontariamente di accettare di essere supervisibile in tv? Innegabili vantaggi, certamente, vendite favolose, un bacino di utenza di probabili lettori che comprerebbero solo perché ti vedono in tv e poi magari il film e via dicendo… Insomma cose belle che non accadono mai per caso, checché ne dica il mainstream o coloro che fingono di andarci contro ma che di fatto ci sono dentro fino al collo. La bellezza di stare nei caldi salottini televisivi a discettare sul mondo e sulla vita dell’insetto-uomo da cui il discettante già super-umano si sente lontano come l’Everest da una collinetta, ha un costo non sempre sostenibile dalla coscienza e dalla letteratura. Niente è gratis, se ti regalano qualcosa dubita che forse una fregatura sotto possa esserci e si aspettano da te che ti comporti in un certo modo e non in un altro. Ma chi va in tv questo lo sa già prima di andarci perché non è un ingenuo come si vorrebbe far credere, uno capitato lì per caso o per bravura che la bravura non tange proprio nessuno e non smuove nessun Paese di Cuccagna. Insomma non si va sull’Olimpo senza pagare un biglietto costoso, non ci si lagna se si è poi ostracizzati dallo stesso sistema che ha decretato la fama per cui si può parlare senza parlare, si può dire senza dire niente per non uscire da certi confini che sono il prezzo del biglietto. Se poi ci si illude, una volta saliti sulle giostre che queste gireranno per sempre, che una volta attivato il meccanismo della fama, una volta mostrato il bel faccino in tv, tutti amino lo scrittore per sempre perché pretende di fare letteratura, allora si sbaglia e lo sbaglio costa l’isolamento, la cacciata dal monte degli dei. Niente di nuovo o di eclatante.
Ora che l’ex-dio per rimediare all’errore di un troppo insistente cinguettio non programmato, ricorra alla richiesta di denaro a più zeri e ad appelli alla grossa editoria affinché riapra i sesami chiusi e accetti l’ennesimo suo parto, fa pensare a come funzioni l’editoria italiana. In pratica non funziona. Ma questo lo sapevamo già. Lo sanno praticamente tutti. Però se questo lo dice un pinko palla che non avrà mai le possibilità di un ex-dio, tutti grideranno all’invidia della volpe all’uva, se lo dice uno scrittore arrivato che ha perso lo scettro, tutti si scandalizzeranno, organizzeranno collette per lui, si strapperano i capelli e li cospargeranno di cenere per celebrare la defunta letteratura senza più spazi. Eh sì, perché un ex-dio è necessariamente un genio, mentre per uno che dio non è mai stato perché ha trovato sempre tutte le porte dell’Olimpo sbarrate, e le finestre del Paese di Cuccagna rigorosamente sigillate, la possibilità che possa essere talentuoso, non viene neppure presa in considerazione, è semplicemente un povero patetico piccolo insetto invidioso che, siccome non pubblica con il grosso editore, insomma rosica, poverino. Allora solo Proust è il genio, il suo vicino di casa potrebbe essere più geniale di lui, ma chi se ne frega. Arroganza echiana docet.
Benvenuti nel merdaviglioso mondo della letteratura.

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