Il crocefisso nella scuola laica

Il crocefisso nella scuola laica

Il crocefisso nella scuola laica

Il crocefisso nella scuola laica

Mettiamoci una croce, credit Mary Blindflowers©

 

Mary Blindflowers©

Il crocefisso nella scuola laica

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La sofferenza, il martirio, il volto sconvolto dal dolore, le piaghe aperte di un uomo in croce, supplizio molto in voga tra i Romani e non solo, la creatura martirizzata esibita su una croce di legno attaccata alla nudità del muro bianco delle scuole pubbliche italiane, generalmente sopra la cattedra.
La psicologia applicata agli ambienti lavorativi sottolinea l’importanza del colore che, infatti suscita reazioni emotive differenti.
Avete mai notato che durante i saldi nei negozi si usano colori diversi rispetto al tempo ordinario?
In genere i prodotti scontati vengono etichettati con il rosso e con il giallo, colori a forte impatto emozionale, che richiamano subito l’attenzione e infondono energia. Il nero viene usato per pubblicizzare prodotti di lusso perché dà l’idea dell’eleganza, della sobrietà, il rosa per reclamizzare prodotti femminili e il motivo è facilmente intuibile, il verde per i prodotti biologici, etc.
La potenza del colore che è stranota anche al marketing, sembra essere completamente ignorata dalla scuola.
Il crocefisso terreo con l’uomo agonizzante e incolore, o con quel metallo di un giallognolo sinistro appiccicato sopra il legno, evoca sensazioni di noia, di tristezza, mette sotto gli occhi dello studente medio l’idea che la scuola sia sofferenza, fatica, costrizione.
Il Cristo che soffre, oltre ad imporsi come simbolo religioso esclusivista in una scuola che dovrebbe essere totalmente laica e multiculturale, è inopportuno, e non solo per l’eventuale fastidio che potrebbe dare ai seguaci di altre religioni non cattoliche, ma proprio per la visione che offre, insomma quel Cristo infonde depressione in chi lo guarda, come se la scuola fosse una macchina per sfornare depressi e da dove non si vede l’ora di uscire.
Se sotto al crocefisso, seduto sulla cattedra poi c’è un docente che pensa che la scuola sia un corso dato da professionisti della Gestapo, il cerchio si chiude. Se invece c’è un docente creativo e allegro, il gap tra la solennità dell’immagine che lo sovrasta e il tentativo di infondere negli studenti un po’ d’amore per la cultura, diventa stridente e un poco ridicolo.
Questo benedetto crocifisso viene brandito dai tradizionalisti alla stregua di un’arma per affermare l’essenza della loro presunta vera religione, come se possa mai esistere una religione più vera delle altre. Il crocifisso diventa il corpo contundente che i politici portano in piazza come un feticcio contro l’islamizzazione della cultura occidentale. Il dio-uomo fa sempre molto effetto scenico in un Paese catto, sta un poco bene dappertutto come il prezzemolo o il colore nero, viene quindi trasportato perfino nelle manifestazioni no-vax dove, visto che esiste il virus con la corona, si improvvisa anche qualche preghierina con il rosario per il re dei re. Tutto questo ha il sapore dell’anacronismo. Il simbolo viene sdoganato proprio per eccessivo ed improprio uso in contesti discutibili. Che lo si trovi in chiesa è normale, in casa pure, se siete credenti, ma che lo si sbandieri ovunque, tradendo una chiara volontà di strumentalizzazione dell’oggetto per fini non proprio edificanti, trovo sia piuttosto disgustoso oltre che controproducente per la sacralità del simbolo stesso che viene svilito da questa iper-presenza ossessiva in ogni contesto possibile e immaginario.
A scuola si dovrebbe andare, al di là di ogni tetro nozionismo, per imparare a pensare, a ragionare in modo autonomo e dialettico, per esaltare il proprio lato creativo, istruendosi, apprendendo cose nuove e interessanti, non per balbettare cose imparate a memoria che tediano perfino le madonnine nei santuari o i Buddha sotto gli alberi, e nemmeno per adorare l’infelice legno.
Non si va a scuola per ricordarci che un uomo è morto sulla croce o per vederne il viso straziato dall’angoscia, e nemmeno per l’ora di religione come materia di studio indebitamente sostitutiva di una più coerente storia delle religioni, che consentirebbe a ciascuno, conoscendo vari culti, di essere in grado di decidere se sia il caso di credere oppure no.
Il crocefisso in aula non ha senso, come non ha senso un prete che ti parla della Bibbia dal suo opinabilissimo punto di vista, uno solo, nel perfetto trionfo del monopensiero che ormai è diventato di gran moda, specie tra i reazionari con i prosciutti sugli occhi fermi a San Giustino: (Apol., I, 3 72): “In tutta la natura è impresso il segno della croce, e trovasi appena appena un artigiano che non l’adoperi fra gli arnesi della sua industria; forma parte dell’uomo stesso, se costui alza le mani alla preghiera”. Forse si interpretano queste parole un po’ troppo alla lettera.

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Comments (2)

  1. Mariano Grossi

    Il limite più evidente del cattolicesimo è proprio la spiralizzazione iconografica che altre religioni non hanno. I musulmani chiedono sintomaticamente di toglierlo e non di abbinare quel simbolo a rappresentazioni di Allah o Maometto che sono per quel culto sacrileghi. E la nouvelle vague politica che di Bibbia o Corano o Bhagavadgītā non ha letto manco un rigo strumentalizza quei simboli (crocifisso, rosario) a scopo prettamente demagogico, mostrando un integralismo e una presunta ortodossia sconfessata a livello ortopratico (vedi il Salvini accartocciato al rosario: dottrina alla mano come può invocare il nome di Maria, emblema dell’inscindibile unità monogamica familiare, uno che vive da tempo legami extra matrimonium?). Anche questo a mio parere è un danno generato dall’abuso iconografico!

  2. GIANCARLO

    L’uomo ha bisogno di credere in qualcosa e il Cristo ne è un esempio. Ricordo soltanto che a scuola ho pagato con 5 giorni di sospensione perché alcune mie parole vennero ritenute blasfeme nell’ora di religione…

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