Foscolo, Leopardi, natura, società

Foscolo, Leopardi, natura, società

Foscolo, Leopardi, natura, società

Foscolo, Leopardi, natura, società

Woman of Heart, 51 x 76 cm. mixed media on canvas by Mary Blindflowers©

 

Mary Blindflowers©

Foscolo, Leopardi, natura, società

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Foscolo, nella terza lezione della Morale letteraria, parla diffusamente della illusorietà del concetto di felicità nell’uomo, affrontando temi sempre attuali e importanti:

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Non vi tornerò a rammentare il suicidio di tanti filosofi, i quali non afflitti dal tormento, ma noiati dalla vanità delle passioni, cercarono scampo sotterra; e certamente, oltre le tristi reflessioni che li guidarono a passi tardi ed incerti sino al sepolcro e ne prolungarono l’amarezza del viaggio, essi, che erano pure uomini e soggetti a tutte le leggi della natura, avranno sostenuti i crudeli combattimenti che lo istinto della vita oppone pertinacemente a chiunque si delibera d’abbandonarla. Ma il disinganno delle passioni appare più funesto appunto negli uomini che si reputavano e sono anche ai nostri dì i più possenti e i più felici. Né il mondo tutto valeva a resistere alla possanza di Alessandro né la fortuna fu nemica mai della sua gloria, né la stessa filosofia poteva in verun modo non perdonare gli stessi vizi di quell’eccelso mortale: a lui la natura aveva data bellezza, ingegno e valore, a lui l’educazione della filosofia aveva somministrato il tesoro delle scienze e la costanza nei sublimi principi della morale. Ma egli aveva trasgrediti i limi della natura e della filosofia; egli aveva acquistato sommo potere, somma gloria, somma soddisfazione di passioni e quindi sazietà e noia di que’ beni medesimi a’ quali aveva sì affannosamente aspirato… Carlo V si rinchiuse si rinchiuse nei chiostri dopo un regno sì glorioso, dopo sì felici conquiste… Luigi XIV che pur crediamo beato pel titolo di grande, morì governato dalla druda e dal confessore… Newton negli ultimi anni, vagando di superstizione in superstizione, s’atterrì del sepolcro, e girava per le strade da morto in una carrozza ov’erano dipinte le ossa ed il teschio della morte. Né la somma opulenza acquistata con l’onestà, né la gloria immortale, frutto del suo ingegno, valsero a farlo felice.

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La grandezza e la fama non sono dunque bastanti a rendere l’uomo felice. La felicità come fatto puramente interiore, è per sua stessa natura, sfuggente, e non sempre condizionata da circostanze esterne, tant’è che uomini grandi che hanno raggiunto posizioni importanti e ricchezze, non riescono a catturarne l’essenza. Tuttavia, questa impossibilità, è attribuita da Foscolo ad un certo grado di superbia dell’uomo: “que’ mortali superbi che cercano di trascendere i limiti della natura”.
L’uomo, anche il più potente non può sottrarsi alla superiorità della natura, anche quando si illude di farlo e può venirne schiacciato se tenta superbamente di superarla, come Augusto che si scordò di essere soltanto un uomo e soggetto come tutti i mortali, alle leggi naturali:

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Augusto, dopo aver sottomessi i suoi concittadini… dopo aver dominato per quarant’anni il più colto e il più popolato e il più potente degli imperi ch’abbiano mai esistito e che esisteranno forse nel mondo, credevasi superiore alla natura e alle sue vicissitudini: perdé alcune legioni in Germania. Allora, sdegnandosi d’essere uomo e soggetto alle leggi comuni, sentì tutta la vendetta della natura. Percuoteva la testa nelle pareti, e riempiva il suo vasto palazzo di strida (Lezioni di eloquenza).

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Compito dell’uomo è dunque quello di comprendere i decreti della natura ed interpretarla:

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Chi asserisce che non sono deve prima dire quali sieno i decreti veri della natura e costituirsi depositario ed interprete del suo codice positivo… parrebbemi più discreto chi dicesse, tutto quello che esiste è in natura, e nulla è fuor di natura, perché il suo grandissimo centro è dappertutto… (Su l’origine e i limiti della giustizia).

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Come si fa a stabilire se l’individuo segue i precetti della natura? Osservandolo in società, capendone i vizi, le passioni e le virtù. Si tende a separare la natura dalla società ma tra loro c’è interdipendenza come tra l’anima e il corpo.
Leopardi invece, che non amava la vita di società, si concentrò su un’analisi che lo fece scivolare nel pessimismo attivo e cosmico di una natura matrigna, sottraendo finalmente la natura stessa all’inganno delle categorie morali imposte dagli uomini: “O Natura, o Natura perché non rendi poi quello che prometti allor? Perché di tanto inganni i figli tuoi?” (A Silvia), con risultati poetici sorprendenti e proiettati verso il futuro. La natura non ha il dovere di essere buona secondo criteri puramente umani e antropocentrici. Questo concetto non è soltanto filosofia poetica, ma la base di ogni scienza, anche oggi. La letteratura anticipa sempre il futuro.

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Rivista Destrutturalismo

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