Chandra Livia Candiani, poetessa?

Chandra Livia Candiani, poetessa?

Chandra Livia Candiani, poetessa?

Chandra Livia Candiani, poetessa?

Mari fermi, credit Mary Blindflowers©

 

 

Lucio Pistis & Sandro Asebés©

Chandra Livia Candiani, poetessa?

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Chandra Livia Candiani (Milano, 1952), pubblica coi grossi editori e ha pubblicato varie raccolte di poesie che le hanno valso l’appellativo di poetessa, appellativo che in Italia non si nega a chiunque pubblichi con editori che contano. Dopo Fiabe vegetali, pubblicato negli anni 80, francamente non abbiamo sentito il bisogno di rileggerla, ma di recente l’abbiamo sentita nominare nei social dove si vocifera che venda parecchio e che se lo meriterebbe.
Leggiamo:

 

Ci sono le tende
e le lenzuola
il bicchiere
la menta alla finestra
c’è la sedia
e c’è la stuoia
e dentro a tutto
c’è quel lieve
danzare di molecole
quella luce vispa
che brilla
e fa capriole
nei vuoti vivi
di ogni cosa
e fa dell’aria
sbigottita
amore.
da “Bevendo il tè con i morti”, Interlinea, Novara, 2015

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Praticamente una sorta di transustanziazione degli oggetti arredo e degli utensili da cucina in sentimento. L’eziogenesi di questo passaggio dalla res bruta allo spiritus più puro e vivificante non è dato apprenderlo dall’autrice. Come non ci è consentito di capire come possa diventare acrobata la luminosità birichina delle entità elettricamente neutre composte da due o più atomi uniti da un legame covalente. E cosa sono le vacuità esistenti, vitali di tutte le cose che la poetessa elenca? A noi questa elencazione materiale seguita da metafore incomprensibili, suona tanto di mero esercizio stilistico assolutamente incomunicativo. Il poeta più ermetico è, meglio riesce a traslare dietro le sue allegorie verità universali che si aprono all’ermeneia di chi legge. Qui, francamente, non riusciamo a suggere nulla dalle immagini di questa autrice. Lo stile è altresì elementare ma non comunica, pur nella semplicità, la profondità di un Caproni, ad esempio, quanto piuttosto un inane senso di innocuità in cui l’elenco di questi oggetti porta verso la direzione “amore”. Avevamo giusto bisogno di poesie su questo tema, snocciolate come elenchi del telefono, mancavano infatti… Ma tant’è, la poesia pubblicata dai grossi editori deve, a quanto pare essere innocua, in pratica impanare il nulla e friggerlo in modo che sembri qualcosa. Cosa c’è di meglio di un elenco di oggetti percepiti come amorosi per friggere l’aria?

Ma cambiamo raccolta:

 

Io accarezzo il silenzio.
Il silenzio –
che mi spedisci –
tu.
La prontezza
della tua assenza
la assaporo –
la mancanza –
qui
nel pieno del petto
vuoto,
la sorseggio
come una mano grande
aperta
sotto la pioggia.

da “La bambina pugile ovvero la precisione dell’amore”, Einaudi, 2014.

 

Anche qui, puro esercizio di sinestesie assolutamente neutre e infarcite di uno stile che meriterebbe maggior attenzione, per esempio al verbo spedire di caratura eminentemente esecutiva e postale, molto male amalgamato con la figura retorica dello sfiorare affettuosamente l’anacusia dell’amato; come veramente fuori luogo pare quella relativa trattata a mo’ di incidentale parentetica prima di un soggetto che andrebbe benissimo in ellissi visto che è già chiaramente individuato nella seconda persona singolare del verbo deliverante. Analogamente stridente pare la successiva prolessi del complemento oggetto e il conseguente anacoluto cui l’autrice è costretta. Ad quid poi il reiterare il concetto della mancata presenza di lui con il sinonimo di assenza (mancanza)? Inefficace ci pare altresì il giochino dell’antitesi di “Nel pieno del petto vuoto” e scarsamente comprensibile la figura dell’estremità dell’arto superiore disteso sotto l’acquazzone: non ci pare che dita e palmi centellino le precipitazioni atmosferiche portandole alla bocca. Metafore sterilissime di scarso afflato trasmissivo con scelte lessicali mal amalgamate in sinestesie oscillanti tra il tatto (accarezzo) e il gusto (assaporo, sorseggio) in una chiarissima ricerca dell’effetto allegorico con risultati a nostro parere alquanto impacciati.
Anche qui, altra raccolta, stesso tema, questo trito innocuo amore che trasuda ovunque nella poesia della Candiani e che francamente troviamo stucchevole. Lo stile è sempre banalmente elementare, tanto che la poesia sembra scritta da una bambina delle scuole medie.
Se queste sono le poetesse che la grossa editoria valuta grandi, diremmo che siamo rovinati.

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Rivista Il Destrutturalismo

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Comment (1)

  1. poeta dell'amiata

    Sono sincero, non mi piacciono le poesie corte che non dicono nulla e neppure quelle troppo lunghe che non arrivi mai alla fine…

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