Morte di Cuccagna, albero

Morte di Cuccagna, albero

Morte di Cuccagna, albero

Morte di Cuccagna, albero

Camporesi, Il paese della fame, Il mulino, 1985, credit Antiche Curiosità©

 

Mary Blindflowers©

La morte di Cuccagna, l’albero

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Il paese della fame, Piero Camporesi, Il Mulino, pubblicato nel 1978 e ripubblicato in seconda edizione accresciuta nel 1985, collana Intersezioni, numero 23, è un saggio interessante. Il testo ha come protagonista la simbologia del ventre, dei fantasmi di Cuccagna, in evidenti dinamiche ludico-carnevalesche poi disanimate e manipolate dal solito processo di moralizzazione della Chiesa Cattolica che di originale ha ben poco, ma in compenso ha sempre attinto dal repertorio classico-pagano e medioeval-rinascimentale, adattandolo alle sue esigenze fideistiche e alla sua gretta morale da esegeti.
Il Carnevale o la poetica popolare costituivano la sana espressione di un mondo altro, parallelo a quello reale. Cuccagna era la sintesi utopica del sogno della classi popolari affamate e cenciose, costrette a vivere sotto il giogo di continue e devastanti carestie, un mondo in cui ciò che non si poteva dire nella realtà, per paura di essere perseguiti dalla giustizia non giusta e dall’Inquisizione crudele, diventava verità dell’essere al mondo. Cuccagna sventrava la divisione in classi in un’abbondanza mitica da sempre vagheggiata dalle classi popolari. Tuttavia la Chiesa si è impadronita della fame e dell’abbondanza per piegarle alle sue fisime del dolore e della mortificazione in Cristo e per Cristo. Durante la Controriforma, “La scena cucaniense viene abilmente demistificata dalla precettistica morale” e diventa “una colossale macchina di tentazioni costruita dai nemici dello spirito”. Il Carnevale diventa il luogotenente del diavolo, l’abbondanza, l’inferno della gola e della tentazione. Gli ordini religiosi più intransigenti lanciano una controffensiva a forte impatto contro la gioia di vivere crapulona e irregolare di Cuccagna. Accanto alla dissacrazione parodistica di giullari, cantastorie e scrittori progressisti, ecco i libri dei moralizzatori cattolici che propinano una religione della privazione e della sofferenza, ad imitazione masochistica delle sofferenze di Cristo.
Scrive Camporesi:

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L’espropriazione del mito di Cuccagna da parte della letteratura non popolare conduce fatalmente alla sua dissoluzione. Una corrosione di origine moralistica viene iniettata nel gran corpo gioviale dell’antica festa popolare, proprio all’inizio del cosiddetto secolo dell’edonismo e del sensualismo, dell’età che avrà nel Marino il teorizzatore massimo dei cinque sensi… i festosi miti popolari… sono già entrati nella fase del giro di vita ecclesiale, della pianificata repressione del potere cattolico. Alla naturale consunzione dei sogni, anche dei più resistenti all’impatto deludente con la realtà brutale, all’attenuarsi delle visioni più inconsumabili perché profondamente sentite e vissute dal popolo come patrimonio collettivo, si aggiunge la controffensiva della letteratura legata all’ondata moralizzatrice condotta soprattutto dai nuovi e più intransigenti ordini religiosi…

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Del resto la Chiesa non ha demolito soltanto la fresca vitalità di Cuccagna nel periodo controriformistico, ma da sempre un po’ tutti i simboli, adattandoli e piegandoli alla sua religione del dolore. Se il ventre diventa peccato di gola, l’albero, simbolo di vita e morte universale, comune a molte culture pre-cristiane, viene catechizzato e diabolizzato. L’albero della conoscenza e della vita, diventa peccato e veleno, l’albero senza frutto. L’anima-albero che non conosce dio e non è santa, va estirpata dalle radici con la grazia divina, la zappa. Dio, il giardinere, deve uccidere l’albero. Da notare la violenza del gesto, del resto il Cattolicesimo è una religione violenta mascherata di pietà e devozione. Se l’albero è infruttuoso, ossia se l’anima non crede in dio, bisogna ucciderla, devastare il suo amore di sé per piantare nel terreno un albero che sia gradito a Dio, gran giardiniere:

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Iddio adunque, qualora santa voglia far un’anima, fa come accorto giardiniero, diligente nella coltura del suo giardino; in cui avendo un albero infruttevole, vecchio d’anni, e fronduto di rami ben grossi; che tra la luce e il calor del sole… per le radici troppo intorno distese, colle quali la sostanza della terra inutilmente succhia, e consuma; e non fa frutto, e rende il terren, ch’ha sotto infruttevole, dove o ne piantarella, ne erba vi nasce, o nata non cresce: che fa perciò? Risoluto d’estirparlo allo ‘ntutto, non incomincia, né da rami né dal tronco né dalla principal radice; ma fattosi il conto, fin dove le radici tutte possano esser distese, e tenersi alla terra fortemente attaccate; onde nulla rimangane, da far germogliare di nuovo l’inutile impaccio; largo da quelle, in giro colla zappa la terra scava; e quante radicette incontra, ad una ad una recide. Fin qui l’albero è mortificato, e non morto, perché se mancagli l’alimento, non mancagli tutto, per la principal radice del tronco, ben grossa, ch’ancor vive… Contro di questa allora, non potendo solo, chiama più gente, e più profondamente scavando, fin dove quella raggiunge, ed è alla terra fortemente attaccata: come non abbia più l’albero della terra il sostegno va a cadere… Così fa Iddio, volendo un’anima, a poco a poco, con segrete maniere, e senza strepito, disporre alla santità… Sorge dal più ascoso fondo dell’umano spirito… un grand’albero velenoso… che fa Iddio, volendo schiantar cotal’albero con tutte le sue radici, e suoi rami…? Largo dalle radici incomincia, a giocar la zappa della sua grazia… tronca le piccole radici della proprietà, distese per le potenze, e sentimenti, ed è in questi il proprio riguardo mortificato, se non ancora morto… (San Tommaso spiritual direttore ovvero trattato della rinegazione di noi posta in chiaro con dottrine dell’Angelico Maestro, raccolte ed ordinate dal molto reverendo padre Fra Serafino Brienza, Maestro di Sacra Teologia dell’Ordine de’ Padri predicatori, parte seconda, in Napoli, presso Giovanni di Simone, 1753, pp. 228-229).

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San Tommaso spiritual direttore... Napoli, 1753

San Tommaso spiritual direttore… Napoli, 1753, credit Antiche Curiosità©

 

Quanta inaudita violenza in questa moralizzazione del simbolo pagano!

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