Perché la scrittura è borghese

Perché la scrittura è borghese

Perché la scrittura è borghese

Perché la scrittura è borghese

Punto di origine, 54 x 41 cm. painting on wood, by Mary Blindflowers©

 

Mary Blindflowers©

Perché la scrittura è borghese

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La scrittura, come del resto l’arte in genere, oggi appartiene anima e corpo alla grossa borghesia che la strazia e la gestisce a suo uso e consumo, sì perché soltanto un borghese benestante può permettersi di passare ore a scrivere cose per cui spesso e volentieri non si guadagna un soldo bucato dopo la pubblicazione; soltanto un ricco può permettersi il lusso di scrivere dicendo che a lui dei guadagni non importa nulla perché tanto ha altre entrate, fa “altre cose”. Di sola scrittura non si vive, a meno che non si sia scrittori tv, quelli che vanno in onda per litigare coi politici per conto di altri politici, le marionette tesserate, prone e succubi al potere, i cagnolini della democrazia fasulla.
Certamente si può iniziare a scrivere anche a settant’anni, quando dopo aver fatto qualche onorata carriera, si va in pensione, mezzo rincitrulliti dalla vita, quando i tempi migliori della creatività forse sono tramontati del tutto, oppure da giovani quando, pieni di belle speranze, si pensa che il mondo sia giusto e salvi il creativo, salvo poi capire che il creativo senza un soldo, è solo cera persa.
La scrittura è per ricchi, questo è un dato di fatto incontrovertibile. Sicuramente non è bello da dire, ma è così. I poveri fanno figli che faranno tutti quei lavori che permetteranno ai ricchi di scrivere e fare arte. Un povero, a meno che non si venda alla politica e diventi uno zerbino, non ha speranze di avere successo nella scrittura. Se guardate le biografie degli scrittori più in voga, vedrete che sono tutti della media classe oppure ex poveri dichiaratamente partigiani di un partito. Un povero diavolo non può attendere anni e anni senza essere pagato in attesa del gran giorno in cui qualcuno si accorga che sa scrivere, inoltre non ha accesso ai salotti che contano, non può conoscere persone che potrebbero favorirgli la carriera letteraria e se pure qualcuno si accorgesse che sa scrivere, non gliene importerebbe nulla perché la scrittura in sé e per sé non interessa veramente a nessuno.
La scrittura è per ricchi.
Se sei povero e la scrittura ti nasce dentro e non puoi proprio farne a meno, sarai un isolato, uno che ha avuto l’ardire di cercare di abbattere i paletti della propria classe sociale, un masochista destinato a fare una vita miserabile, uno che se alzerà la testa dopo essere riuscito a pubblicare, per dire, vorrei che mi pagassero i diritti d’autore, vedrà gruppi di borghesucci azzimati e con le pinzette al naso, scandalizzarsi tra i taffetà:

 

Ma come? Quando mai si è visto che un poveraccio pinko palla possa aspirare pure ad essere pagato? Non è già tanto che non abbia pagato nulla per pubblicare, quando qualcuno di noi paga pure? Insomma, ma come si permette questo plebeo di alzare la cresta. Diamogli addosso! Difendiamo l’editore, magari hai visto mai, ci pubblica per averlo difeso contro questo energumeno che non sa proprio come si stia al mondo! E poi che morto di fame! Pretendere il suo pubblicamente e in modo così volgare, ma quando mai si è vista tanta arroganza? Non sa  il marrano che i diritti si pagano solo a quelli famosi? Che gli anticipi si pagano solo a chi i libri non li scrive nemmeno ma propina saggezza nella tv di Stato? Ma chi si crederà di essere questo signor nessuno, uscito dal ventre della plebe. Essere pagato! Ma se nemmeno noi che siamo upper class, con tutti gli intrugli, i salemelecchi e gli inchini che facciamo a critici, giornalisti, editors etc. etc., riusciamo a farci pagare, arriva questo caldo caldo, senza conoscere nessuno e pretende pure il suo! Ma con chi crede di parlare? Non sa forse, l’idiota, come si sta al mondo? Non sa come si campa? Non ci si crede!

 

Fremono i velluti delle poltrone, le tardone in minigonna agitano le trippe, gli avvocati e gli psicologi prestati alla letteratura, improvvisano diagnosi azzeccagarbugliando tra le dentiere i garbugli tafferugliosi del fenomeno da baraccone, dello scandalo scandaloso e scandalizzante che osa chiedere i diritti in un mondo dove i diritti spettano da sempre solo al più forte che va lisciato, incensato e osannato come si deve! Un brusio generale si solleva dalla polvere di morto e da nuovi libri nati incartapecoriti:

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Deve essere un bipolare, un disturbato, un delirante subnormale! O che sia un troll e lo faccia apposta? E poi la supposta di non essere pagati la si vive anche noi borghesi assettatucci, ma abbiamo il buon gusto raffinato di tacere, mica si può andare in giro a propagandare che non guadagniamo nulla! Che figura ci faremmo? E poi che linguaggio, signori miei, che volgarità, dire schietto schietto ciò che è ma che non deve esser detto mai, sì, sì, ci deve essere qualche strana malattia mentale, forse una frustrazione di base oppure potrebbe essere una fase, un nevrotico, uno psicotico!

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Tintinnano i bicchieri mostrando acqua colorata spacciata per champagne, le arcate dei denti finti cozzano tra loro mentre si mangiano gomme da masticare a forma di gambero gigante e si improvvisano banchetti con piatti di plastica che danno l’idea di maioliche di lusso. Le dame con ventagli di paglia e sterco si fanno vento per spandere nell’aria l’aroma delle loro anime, i signori si girano sui tacchi di liquirizia, si aprono le danze, dimenticando l’insetto che protesta, inchinandosi al poeta che ha vinto qualche premio per sola casta ma non ha scritto mai nemmeno un verso, masticando feta che sa di gomma bianca e bitume.
Poi tutti corrono a letto a scrivere le loro memorie pattume, le loro fisime intimistiche d’untume, fingendo di essere poveri e di non avere nulla, di essere bipolari e disturbati mentalmente, fingendo di essere tutto ciò che si sono illusi di disprezzare, perché fa molto trendy essere malati e sciorinarlo in giro, arte e sregolatezza, poca arte, poche carte, poca scrittura, poca letteratura, molto io ragliante, sregolatezza più inventata che vera e tante sante e santi senza nemmeno Sacripanti. Un mondo di folli deliranti. Aveva ragione Bukowsky, se la voglia di scrivere non vi scoppia dentro, lasciate perdere. Se non ti esplode dentro a dispetto di tutto, non farlo…

Eppure io mai mi sono pentita.

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Rivista Il Destrutturalismo

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