Psicanalisi, comunismo, belle favole

Psicanalisi, comunismo, belle favole

Psicanalisi, comunismo, belle favole

Psicanalisi, comunismo, belle favole

Belle favole, drawing from sketchbook, by Mary Blindflowers© 

 

Mary Blindflowers©

Psicanalisi, comunismo, belle favole

 

Nonostante le critiche di Freud al comunismo ne Il disagio della civiltà, la psicanalisi per certi versi è come il comunismo. Il paragone può sembrare azzardato ma è meno sciocco di quanto possa sembrare a prima vista. Si tratta infatti di due belle favole defunte, l’una antitetica rispetto all’altra. La prima elitaria, tesa a far seguire un percorso che indicherebbe il destino a pazienti con il portafoglio gonfio; la seconda di massa, tesa a far seguire un percorso alla non tanto paziente massa con il portafoglio scarno. Entrambe si collocano sul terreno dell’utopia perché hanno fallito il loro scopo, la cura del singolo nel caso della psicanalisi, la cura della società nel caso del comunismo. Così come ci sono persone restie ad ammettere il crollo del comunismo e il suo totale fallimento nonché la sua deriva nel totalitarismo, ci sono persone restie ad ammettere il fallimento della psicanalisi come metodo terapeutico.

Gli storici e i filosofi marxisti analizzano, scavano e criticano i difetti evidentissimi e insanabili del capitalismo, le loro analisi sono spesso eccellenti e profonde, ma di fatto non riescono a dare una soluzione democratica al problema sociale, non riescono ad offrire una alternativa valida al capitalismo. Non c’è cura. La dittatura del proletariato non è una terapia che funzioni. Il capitalismo è un cancro che non muore.
Gli psicanalisti analizzano, scavano e trovano il problema del paziente, ma di fatto nella maggior parte dei casi non riescono a curarlo. Non c’è cura. La malattia non muore.
“Cento anni di psicoterapia e il mondo va sempre peggio”. Lo dice James Hillman che ammette il totale fallimento della psicanalisi.
Né il comunismo, né la psicanalisi hanno migliorato il mondo. In alcuni casi lo hanno pure peggiorato.
La filosofia marxista affascina ancora generazioni di uomini e donne e di fatto ha al suo interno temi mai esausti e di sconcertante attualità. L’alienazione dell’uomo è una realtà che stiamo vivendo. Marx è stato indubbiamente un grande filosofo. La filosofia spesso però si scontra con esigenze concrete. È lì, sul piano della realtà, quando la teoria si trasforma in pratica, quando si cercano di dare soluzioni definitive, che tutto assume un altro aspetto, che le ideologie crollano e si sciolgono come neve al sole, incapaci di curare i mali sociali.
La psicanalisi e il comunismo applicate allo studio dell’arte e della letteratura, funzionano, offrono interpretazioni non prive di fascino, però applicate alla guarigione concreta dei pazienti o della società, crollano. La società e il paziente non possono guarire da soli. Il proletario non può instaurare la sua dittatura, pensando di creare democrazia e risolvere il destino sociale, come il paziente psicanalitico non può sempre auto-curarsi, pensando di risolvere il proprio destino.
C’è chi non vuole celebrare però il funerale della psicanalisi e ne tiene in vita la mummia oliandola di luoghi comuni e di una certa prepotenza di casta, ammettendo perfino sui social che non è un metodo di cura, ma un percorso che consente di aiutare il paziente a capire quale è il suo destino (Cottafavi), come se il destino dipendesse unicamente dal singolo e dal suo passato e non anche e soprattutto da un insieme di circostanze esterne che ne condizionano pesantemente la vita.
Se a questo aggiungiamo che la psicanalisi è un percorso con corsia preferenziale per soli ricchi della classe medio-alta, come il comunismo è la speranza delle sfruttate classi medio-basse, ecco che le corone funebri fioriscono come per magia.
Ma chi difende il comunismo pensando che la sua manifestazione cancerogena chiamata radical-chicchismo possa migliorare il mondo, è più o meno allo stesso livello di chi finge di ignorare che il diritto al percorso terapeutico psicanalitico sia unicamente di chi possa pagare forti somme per confessare sul lettino le sue angosce ed i suoi sogni.
Non è compito della psicanalisi guarire, né preoccuparsi della distinzione ricchi-poveri, così dicono i bene informati. Eppure tante nevrosi nascono dalle differenze sociali e dalle diverse possibilità che ciascuno ha in base alla sua appartenenza cetuale. Inoltre gli strenui difensori del percorso psicanalitico, chiamano pomposamente i clienti paganti, pazienti e giudicano inadeguate le analisi di chi afferma che terapeuticamente c’è stato un fallimento, arrivando perfino alla sottigliezza di spostare l’argomento dalla psicanalisi alla critica dell’interlocutore che non subisce il fascino della psicanalisi, giudicato, senza conoscenza alcuna, livoroso, incapace di profondità ma in grado soltanto di aggrapparsi tenacemente al suo io. Natura o cultura, siamo alle solite. Si può essere colti oppure ignoranti, ma i meccanismi attraverso i quali viene respinta la dialettica, sono sempre gli stessi: o sei con me o sei contro di me, o la pensi esattamente come me o ti giudico, ti critico, sposto l’attenzione dall’oggetto al soggetto che viene criticato più acerbamente se è donna, perché alle donne il benpensante medio, concede meno libertà espressiva che all’uomo.
Per aver sostenuto l’idea del fallimento terapeutico del percorso psicanalitico e aver sostenuto che la psicanalisi è per soli ricchi, ho avuto questa risposta:

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Lei è carica di livore verso alcuni psicanalisti che si fanno pagare, forse troppo. E questo è un aspetto di scarso interesse…
Lei si aggrappa testardamente al suo io che dà risposte inadeguate. Faccia uno sforzo per accedere ad una fonte di giudizio e guida di natura più profonda ed ampia. (Cottafavi).

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Destrutturiamo queste frasi. Cottafavi dà giudizi di valore su chi non conosce, spostando l’attenzione dall’argomento del post, la psicanalisi, al soggetto di cui pochi secondi prima ignorava perfino l’esistenza. Considera di scarso interesse il fatto che la psicanalisi sia un percorso elitario per soli ricchi e continua a parlare dell’io del suo interlocutore come se lo conoscesse a fondo, aggiungendo quello snobistico “faccia uno sforzo” che denota una implicita critica alle scarse capacità intellettive del soggetto che, appunto per capire ciò che egli comprenderebbe benissimo, dovrebbe “sforzarsi”, essendo di base scarso e poco profondo.

Oltre un secolo di psicanalisi e non si è oggi neppure in grado di sostenere una discussione civile senza passare dall’oggetto al soggetto. Non si è nemmeno in grado di discutere senza dare giudizi di valore morale su chi non è d’accordo con noi. Direi che abbiamo raggiunto un bellissimo risultato!

Freud criticava il comunismo:

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I comunisti pensano di aver trovato la via per liberarci dal male. L’uomo è senza alcun dubbio buono, ben disposto verso il suo prossimo, ma l’istituzione della proprietà privata ha corrotto la sua natura. Il possesso dei beni privati dà a certuni il potere esponendoli alla tentazione di maltrattare il vicino; d’altra parte chi è escluso dal possesso necessariamente si ribella in odio al suo oppressore.
Se si abolisse la proprietà privata, se tutti i beni fossero messi in comune e tutti potessero prendere parte al loro godimento, malevolenza e ostilità tra gli uomini scomparirebbero.
Soddisfatti tutti i bisogni, nessuno avrebbe più ragione di vedere nell’altro un nemico; tutti si addosserebbero volentieri il lavoro necessario. Non è affar mio la critica economica del sistema comunista; non posso sapere se l’abolizione della proprietà privata sia opportuna e proficua.
Ma sono in grado di riconoscere che la sua premessa psicologica è un’illusione priva di fondamento.

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Ma la psicanalisi ci ha forse, a sua volta, liberato dal male? Non è il bue che dice cornuto all’asino?

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Video – The Black Star of Mu

Rivista Il Destrutturalismo

Christ was a female

DESTRUTTURALISMO Punti salienti

 

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