Alessandro Tassoni contro Petrarca

Alessandro Tassoni contro Petrarca

Alessandro Tassoni contro Petrarca

Alessandro Tassoni contro Petrarca

La Secchia rapita, edizione del 1910, credit Antiche Curiosità©

 

Mary Blindflowers©

Alessandro Tassoni contro Petrarca, l’intoccabilità della poesia

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Scrive Augusto Castaldo nella Prefazione a una edizione del 1910 de La secchia rapita di Alessandro Tassoni, pubblicata da Oreste Garroni in Roma:

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Il Tassoni, uomo franco e scrittore audace, aveva mosso guerra agl’idoli del tempo, Aristotele e Petrarca, senza risparmiare all’occorrenza i loro archimandriti e seguaci.
Nel 1602, durante la traversata da Genova a Barcellona, scrisse le Considerazioni sopra le rime del Petrarca, «opera di viaggio, com’egli disse, tessuta nel cuor del verno, parte tra le onde e gli scogli di un tempestoso mare, parte tra le balze e le arene di due infecondi regni, e dopo nei triboli e rancori, di amare liti ricorsa».
Quando, nel 1609, le Considerazioni furono stampate, parvero una profanazione e provocarono le Risposte e i Dialoghi di Gioseffo degli Aromatari…

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Molto divertente oltre alla Disputa con l’Aromatari, anche lo scambio di invettive poetiche tra Tassoni e un frate da Imola che, con il nome di Livio Galanti ,scrisse un sonetto ingiurioso in cui definiva Tassoni un pozzo di ignoranza che aveva osato per invidia criticare le rime del gran Petrarca, l’intoccabile:

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Un casson d’ignoranza, un pozzo, un’arca
Di rara ambizion dunque presume
Con temerario ardir spegnere il lume
Del poeta toscan, del gran Petrarca?

Di quel cigno divin, di quel monarca
Ch’è de’ sottili ingegni idolo e nume
Osa indegno scrittor d’empio volume
L’alta fama oscurar di merto carca?

Del buon cantor, che in amoroso stile
Lodò beltà celeste, il cui rumore
Rimbomba per stupor da Battro a Tile?

Potrà d’invidia lingua un detrattore,
Della città del Potta anima vile,
tôrre al Sol de’ poeti il suo splendore?

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Tassoni risponde:

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Dunque uno scannapidocchi, un patriarca
Degli asini da basto, anch’ei presume
Con una musa sudicia d’untume
Di far l’archimandrita del Petrarca?

Cigno orecchiuto, bestia de la Marca,
Se posso aver di te notizia o lume,
Io ti farò mutar faccia o costume
Con una trippa di sua merce carca.

Un tuo pari nutrito in un porcile
Senza stil di creanza e senza onore
Merta ben d’esser detto anima vile.

Io vivo de la corte a lo splendore;
Tu ti ricoverasti al campanile
Per essere un poltrone, un mangiatore;

E ti fu per errore
Da un ignorante quel capestro avvinto
Che al collo, non al c…., t’andava cinto.

Adunque un baccalar del patriarca
Dei briganti imolesi anch’ei presume
Nel caballino entrar senza aver lume
Da sostener gl’impacci del Petrarca?

Bestia da basto, barone da carca,
Se il cielo mi ti scopre un di a barlume,
Con una trippa pregna di pisciume,
O pistoiese, ti farò la marca.

Anima vil se’ tu, nata al fenile,
Nudrita nel letame e nel fetore,
Cresciuta con i porci nel porcile;

Io vivo ricco del natio splendore,
Tu di pidocchi carco, abietto e vile
stai sotto l’ombra del tuo disonore.

Ma senti, detrattore
De l’altrui fama: raffrena l’ardire
De la tua lingua mentitrice e l’ire;

E, se mi vuoi schernire
Ed ingiuria maggior farmi da buono,
Cacciami il naso in c… che ti perdono.

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In realtà Tassoni si poneva sia pur in modo molto più aggressivo e irriverente, sullo stesso fronte di critica allo stilnovismo di Boccaccio che non a caso cita a più riprese ne le Considerazioni. Come Boccaccio, Tassoni demitizza, desacralizza, e riporta sulla terra la poesia trecentesca, superandola e superando soprattutto il concetto di intoccabilità e sacralità della poesia. Per questo Tassoni, denigrato da buona parte della critic anche in tempi recenti, è poco letto ancora oggi, perché permane nella cultura italiana l’idea errata e bigotta che la poesia sia intoccabile e che i mostri sacri siano perfetti.

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Comment (1)

  1. Giancarlo

    Mi sono molto divertito nel leggere botta e risposta. Sono e rimangono dei grandi, anche dietro alle offese dure di ambo le parti.

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