Pascolini, fesso grand’uomo

Pascolini, fesso grand'uomo

Pascolini, fesso grand’uomo

Pascolini, fesso grand'uomo

La barca rotta, credit Mary Blindflowers©

 

Mary Blindflowers©

Pascolini, fesso grand’uomo

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In Caccia grossa di Giulio Bechi, uno dei due commissari del governo si abbandona a un dialoghetto antropologicamente molto interessante per delineare lo studio delle mentalità. Il delegato racconta in confidenza come ha fatto ad entrare nella pubblica sicurezza, nonostante si accorga da sé di non essere una punta di diamante. All’inizio, dice, al Ministero lo consideravano un povero fesso, uno come tanti, illustre sconosciuto, fino a che il buon Pascolini non decise di mandare dei regali ai pezzi grossi. Da quel momento in poi tutto cambia. Pascolini, il fesso, diventa improvvisamente un grand’uomo, uno con la testa sulle spalle, uno che sa il fatto suo:

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Il delegato mi ha guardato col riso de’ suoi occhietti arguti, il pizzo biondo tra le mani; poi accostandoli con un atto e un tono di confidenza…

-Caro tenente, tu hai da sape’ ‘na cosa… otto anni fa’ i’ so’ entrato int’a’ pubblica sicurezza… Io, senti, non fo per dire, non so’ mai stato ‘na cima. Parlavano di Pascolini e vedevi storcer la bocca. – Euh! Pascolini… nu fesso! – I compagni: – ah! Chillo fesso ‘i Pascolini! – Al Ministero: Pascolini… Pascolini… Ne’ chi è ‘sto Pascolini? – Euh! Nu povero fesso! – Ah sì? aspetta nu poco. Arriva Natale: – stavo a conto mio e comincio a spedire ceste di pesce a Roma, ai pezzi grossi del ministero. E lì capodivisioni e lì caposezioni e lì questori… ma oh! pesci di sette e otto chili ch’era ‘na bellezza vederli. Tenente… nessuno me l’ha rimandati addietro, sa’!
Era impagabile. Parlava con aria placida, lisciandosi il pizzo, a pause, come per farci assaporare l’ironia delle cose. Veniva voglia di baciarlo. E seguitava, le mani dietro il busto, proteso verso di me, accompagnando con un dondolio in cadenza il giro della frase, l’inflessione della voce:
-Vai adesso al ministero e domanda chi è Pascolini. – Pascolini? ah! nu grand’uomo! Pascolini? caspita! Chillo tene ‘a capa ‘n capo. E Pascolini di qui e Pascolini di là, e regi commissariati e missioni… sempre in giro Pascolini; non c’è più che Pascolini. Mia moglie in principio strepitava: -Ma sei impazzito a gettar così i denari!- Perché con questo sistema sono cinque o seicento lire che ogni hanno vanno in malora.
-Lascia fare – rispondevo io – torneranno a casa! – Difatti…
Si è interrotto, ha cavato di tasca un telegramma, e ce l’ha spiegato sotto il naso.
-Guardate: oggi m’arriva un dispaccio che c’è pranzo d’addio pe’ nu capodivisione e vogliono due porchette all’uso sardo. E Pascolini tutta ‘a mattina in giro pe’ trova’ le due porchette… Se no Pascolini ritorna fesso un’altra volta! Caro tenente, statte buono, addio maggio’… a più tardi… 
L’uscio si richiuse dietro di lui: il maggiore e io ci guardiamo con un sorriso.
-È un ragazzo che promette- Mormora il vecchio soldato…

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L’aspetto che colpisce non è soltanto la corruzione dei pezzi grossi del Ministero o il savoir faire del corruttore, ma anche la reazione degli interlocutori che sorridono come se niente fosse, come se quel racconto fosse una cosa normale innescata per fare carriera pur non avendo le capacità.
Questa è la mentalità italiana.
Stiamo agli inizi del Novecento non nel medioevo.
Ancora oggi è così. La mentalità non è cambiata per nulla, troppo radicata nella società. Un do ut des inestinguibile che ha condizionato e condiziona fortemente in senso negativo lo sviluppo e l’evoluzione della società e che non risparmia nessun settore, meno che mai quello culturale e dell’editoria, nonostante i privilegiati si ostinino giorno dopo giorno, secolo dopo secolo, a negare l’evidenza.
Il mondo dell’editoria italiana e non solo, è zeppo di Pascolini che da fessi diventano, per magia distributiva e votiva, grandi uomini.

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Video – The Black Star of Mu

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Rivista Il Destrutturalismo

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