Sardegna, peste, cannoni, digiuni

Sardegna, peste, cannoni, digiuni

Sardegna, peste, cannoni, digiuni

Sardegna, peste, cannoni, digiuni

Spiaggia sarda, credit Mary Blindflowers©

 

Mary Blindflowers©

Sardegna, peste, cannoni, digiuni

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Ai tempi della dominazione spagnola la malattia più temuta dai sardi era la peste che mieteva un impressionante numero di vittime.
Il “protomedico” Quinto Tiberio Angelerio nel 1588, cinque anni dopo la cessazione di una pestilenza che aveva afflitto la città di Alghero, fece stampare dalla “Tipografia dell’Episcopato di Cagliari”, un volume nel quale si descrivono i sintomi prodotti dal terribile morbo, il numero dei decessi nel 1582-83, tutte le precauzioni e le medicine che il governo e la popolazione avrebbero dovuto tenere in considerazione per limitare i danni, evitando il più possibile il contagio. Alcune di queste prescrizioni fanno sorridere, come quella che suggerisce di sparare colpi di cannone o di archibugio allo scopo di purificare l’aria:

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… dopo aver rivolto preghiere al Signore perché plachi la giusta Sua ira, e invitata la popolazione ad abituarsi a far digiuni, … voti ed opere pie … con grida pubbliche o al suono del tamburo si ordini che chiunque abbia un malato in casa o sappia che malati sono in altre case, ne dia denuncia entro sei ore o ai Consiglieri della città o ai Magistrati di Salute; che nessuno si rechi in casa di malati prima che il medico abbia visitato l’infermo ed escluso che si tratti di peste; che si chiuda immediatamente l’Ospedale e lo si faccia vigilare da guardie … Si brucino i materassi e le suppellettili della camera del malato … Non si facciano giochi, né balli, né ricevimenti. Se muore qualcuno di malattia, che non sia stata identificata come peste, il cadavere sia portato dai parenti o nel cortile o sulla porta della casa sì che prima dell’inumazione il medico possa confermare che non vi è pericolo di contagio … e si ordina ai magistrati di salute di scegliere due luoghi distanti dalla città i quali servano l’uno per raccogliere gli appestati, l’altro i convalescenti; per sottrarre i morti si elegga un gruppo di sotterratori, scelti possibilmente tra i convalescenti i quali dovranno vivere isolati dalla comunità; … sia proibita la vendita di interiora di animali, fegato, animelle in genere, … siano ripuliti bene i pozzi ed in ciascuno sia gettato, ogni mese, un sacco di “Boliarmini”, medicamento del quale si verserà una certa dose anche nelle botti di vino … I sotterratori abbiano l’ordine di portare subito ogni persona contagiata via di casa e chiudere la porta stessa, inoltre sulla porta della casa sospetta o già contagiata si dipinga una croce rossa … Gli apotecari per tutto il periodo della pestilenza diano le medicine, senza esigere l’immediato pagamento a tutti … nelle case sospette siano uccisi gatti, tacchini e galline e siano poi buttati a mare. La popolazione si procuri abbondante legna per fare molti fuochi per le vie della città e anche dentro le case; inoltre si profumino frequentemente le case e le persone; si brucino le robe ed i vestiti di poco conto e gli altri si lavino in bucato e si asciughino al vento o al calore del forno; si facciano sparare frequentemente colpi di cannone o di archibugio o suonare le campane allo scopo di purificare l’aria. A nessuno sia lecito cambiare il domicilio. I morti siano sotterrati entro le sei ore, ed in cimiteri appartati, e non nelle chiese; le fosse siano assai profonde perché non esalino umori e siano cosparse di calce viva. Chiunque esca da casa, porti una canna lunga sei passi; si deve star lontano l’un dall’altro secondo la lunghezza della canna stessa. Nelle macellerie sia innalzato un parapetto sì che nessuno possa avvicinarsi molto al banco, e la stessa precauzione si osservi nelle rivendite di pane e di vino… Per la cura dei bubboni e degli antraci siano usati cauteri di fuoco. I convalescenti ed i malati sospetti non debbono praticare persone per 40 giorni. Alla fine della pestilenza i medici faranno la visita casa per casa ed i Magnifici Commissari della città potranno dare libera pratica e musiche e suoni s’inalzeranno per rendere grazie al Signore di aver posto fine a tanto flagello.

 

L’isolamento della città durò due anni durante i quali agli abitanti fu severamente proibito di comunicare con l’esterno fino alla cessazione della peste per evitare che questa si diffondesse nell’Isola. La popolazione pensava, in Sardegna come altrove, grazie alla predicazione della Chiesa ignorante e superstiziosa, che la peste fosse un castigo divino, perciò fece con sempre maggiore frequenza processioni e preghiere pubbliche che avevano lo scopo di raddolcire l’ira funesta di Dio.

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