Ragguaglio XVIII, Cristoforo Scanello

Ragguaglio XVIII, Cristoforo Scanello

Ragguaglio XVIII, Cristoforo Scanello

Ragguaglio XVIII, Cristoforo Scanello

Traiano Boccalini, De Ragguagli del Parnaso, 1614, credit Antiche Curiosità©

 

 

Mary Blindflowers©

Ragguaglio XVIII, Cristoforo Scanello. Il Cieco che insegnava a camminare ai poeti.

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Cristoforo Scanello soprannominato il Cieco di Forlì o Christofano de’ Sordi, è stato un cantimbanco, storico, poeta e scrittore. Di lui parla Traiano Boccalini nel Ragguaglio XVIII (Centuria II), contenuto in De’ Ragguagli del Parnaso, sostenendo che, alla sua epoca, il Cieco era piuttosto famoso e che aveva la grande capacità di recitar versi all’improvviso, dono che gli fu dato dalla musa Εὐτέρπη (Euterpe) in cambio della ricetta per rendere biondi i crini: “Christofano de’ Sordi, detto il Cieco da Forlì, famoso Cantimbanco Italiano, quegli al quale è fama, che la Serenissima Euterpe in contracambio della ricetta, che le insegnò di farsi biondo il Crine, desse la facil vena di cantar’i millioni de’ versi all’improvviso”.

Quindi, racconta Boccalini nella sua bella prosa, parecchie volte Scanello ha tentato di entrare nel Parnaso e ha sostato alle sue porte con calde istanze e umili preghiere per avere da Apollo e dal tribunale parnasiano, fama imperitura. Ma il consesso dei Parnasiani non gli ha mai dato retta. Un giorno però il Cieco ebbe l’idea di affiggere in tutti i luoghi pubblici di Parnaso dei cartelli in cui sfidava gli spiriti eletti a cimentarsi con lui in una gara poetica di versi estemporanei. Stante la coraggiosa sfida, Apollo, che nel passato non aveva degnato il poeta di considerazione, decise di decretarne l’immortalità e subito dopo ordinò che il poeta venisse introdotto in Parnaso “con l’ordinaria pompa di una solenne comitiva”, e fosse ammesso alla sua presenza.
I Baroni però, i potentati della Corte, i poeti e i Principi, si mostrarono molto contrariati dalla decisione di Apollo. Quindi quando il Cieco mise il piede nella soglia del Parnaso, si udì la voce di un gran Monarca dire che ormai il Parnaso era diventato stanza di uomini triviali, perché vi si ammettevano perfino “Cantimbanchi e Ciurmatori”.
Il Cieco, udite queste parole, pronunciate con voce alterata, chiese chi fosse stato a pronunciarle. Le parole erano state proferite dal potentissimo re d’Inghilterra, ma il poeta non si scompose per nulla, anzi, pronunciò un discorso che fece inviperire il re, tanto da fargli salire il desiderio di strappargli la barba. Il discorso di Christofano, lucidissimo e modernissimo, rimandava agli ideali utopici di giustizia sociale e di uguaglianza degli uomini in pieno Seicento:

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All’hora arditamente così disse il Cieco, messer Enrico se volete fare l’Orlando, e affogar le persone con le bravate, ritornate in Inghilterra, che in Parnaso, tutti siamo uguali, e se i Cantimbanco fossero indegni della stanza di Parnaso, non so come vi sareste capitato voi, che ben sapete con quali ballotte avete ciurmato gl’Inglesi. Per risposta cotanto mordace grandemente si alterò il Re Enrico, per se stesso di genio furibondo, e volle avventarsi alla barba del Cieco, che molto è lunga, per carporigliela tutta, ma si raffrenò quando bene hebbe considerata l’imprudenza grande, che commettono gli huomini onorati all’hora, che di parole gareggiano con chi non ha riputazione…

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Messo a tacere il Re, Il Cieco arrivò davanti ad Apollo, si fece dare dalla sua Guida la lira celeste fabbricata da Pietro Petracci e domandò a sua Maestà di proporre un soggetto su cui avrebbe tranquillamente improvvisato “cento ottave… alla barba de’ Poetucci stitici che quaranta settimane si spremevano per un misero Sonetto”.
Siccome il Cieco pretendeva con i suoi versi improvvisati di dar soddisfazione in Parnaso, quando fior di poeti presentavano i loro versi ben limati, Apollo disse al Cieco che non era stato ammesso per dar diletto versificando, bensì per insegnare ai suoi letterati l’arte di camminare.
Al che Girolamo Morone, segretario degli Sforzi di Milano, proruppe in una risata, pensando ai ciechi che insegnano a camminare ai poeti.
Apollo, senza scomporsi, disse di compatirlo, sapendo che la sua opinione errata fosse comune a molti. I Ciechi che camminavano adagio, con il bastone in mano, con prudenza, valutando e prevenendo ogni possibile rischio, erano invece da lui giudicati adattissimi per insegnare a camminare agli spiriti frettolosi e violenti, che essendo sicuri sempre di se stessi, dimenticano ogni circospezione.
Nell’ultima parte Apollo comandava al Morone di camminare col Cieco. Senza di lui il Morone non si sarebbe accorto di una voragine sul terreno e ci sarebbe caduto dentro.
Il Ragguaglio XVIII è una meravigliosa metafora.

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Comment (1)

  1. POETA DELL'AMIATA

    Molto interessante. Buona serata.

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