Il Lamento de’ monaci, et frati, 1669, credit Antiche Curiosità©
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Gli Ordini Regolari e la Corte di Roma
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“Il Lamento de’ monaci, et frati contro la Corte di Roma per vedersi priui di quelle dignità eclesiastiche da loro per lungo tempo possedute” e di conseguenza la “Risposta della Corte, al lamento de’ monaci, et frati”, sono due discorsi contenuti in Hieronim Zahorowski, “Forma del gouerno giesuitico con vna instruttione & auuiso a’ potentati, del modo, con il quale si gouernano li Giesuiti, per ridurre la loro Compagnia ad vna perfetta monarchia”, 1669.
È molto divertente seguire l’evoluzione del botta e risposta dei due discorsi perché in entrambi c’è un gioco di reciproche accuse di vizi, di infamità che attestano molto bene in che condizioni si trovasse la Chiesa nel Seicento.
Il Lamento de’ monaci è impostato, come dice il titolo stesso, su varie lamentele presentate alla Corte di Roma, ossia al Vaticano, accusato di privilegiare i preti e non i monaci. Si procede quindi, per sostenere le querimonie, a citare una sfilza di papi eletti tra i Regolari ed esaltati come esempi di pura virtù e umiltà cristiana, dato che gli ordini Regolari avrebbero dato alla Chiesa un notevole contributo, accrescendone la fama nel mondo: “Oh ingratitudine non mai più intesa, oh crudeltà mai più vista: e con qual occhio può soffrire al presente la Corte di Roma di veder in abbandono il merito di quei religiosi, che hanno così ben servito la Chiesa di Cristo?”
Successivamente si passa all’attacco. I preti favoriti dal Vaticano, vengono accusati dai monaci di superbia e di coltivare l’amore dell’oro, il lusso sfrenato, la raccomandazione per le cariche che occupano in seno alla Chiesa. Le ricchezze dei Cardinali e degli Abati sarebbero state edificate col sudore dei frati:
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… I sudori de’ Frati, non servivano ad altro, che ad innaffiare l’alterigia del Clero, e la superbia della Corte… Si domandi un poco dell’origine di quelle Abatie, e rendite infinite che servono per ingrassare i Prelati, che vivono piuttosto a guisa di seguaci di Sardanapalo, che di Cavalieri di Christo… li Preti hanno applicato a uso delle loro proprie Case, quelle ricchezze che i Regolari si sono affatigati di far compartire da’ Fedeli alla Chiesa, per servizio de’ poveri di Christo… Li Pontefici Regolari, e Monaci, non hanno mai aspirato alle Chiavi di Pietro, con quell’ambitione, e via indiretta che hanno tenuto i Preti per pervenire al Pontificato… i Preti Secolari… vedendo mancarsi la virtù, e la bontà si sono aiutati con la subornatione, e con le racomandazioni de’ parenti e tal volta con la forza dell’armi, humiliandosi all’Imperadori, e Prencipi, per tirarli a creder degni delle Chiavi di Pietro…
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La Risposta della Corte non tarda ad arrivare e si arricchisce di altri succosi lamenti: “Con quella stessa mestitia che sono da voi generati i Lamenti contro di me, sono da me ricevuti con il reciproco di nuovi Lamenti contro di voi, con li quali vi farò accorgere dell’errore che commettete di tirar maligne & invidiose saette contro di me”.
La Corte di Roma, rimanda così al mittente le accuse di ingordigia, raccomandazione e superbia, sostenendo che le chiavi di Pietro spettano di diritto ai preti e che se sono state date in passato anche ai Regolari, è stato solo per gentile concessione. Cita tra tutti i monaci che avrebbero arrecato danno alla Chiesa, Martin Lutero, agostiniano: “tanto infausto alla Corte Romana, così doloroso al Vaticano, e così lagrimevole al Collegio, che ogni lettera, nonché sillaba è assai bastante per formare un’eternità di lagrime agli occhi di quei infelici preti…”
Dai due Discorsi si capisce chiaramente che entrambi gli scriventi erano profondamente corrotti, sia gli ordini Regolari che il Vaticano, entrambi avidi di potere e di ricchezze.
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DESTRUTTURALISMO Punti salienti
