Discorso Politico, monaci, monache

Discorso Politico, monaci, monache

Discorso Politico, monaci, monache

Discorso Politico, monaci, monache

Discorso Politico, 1669, credit Antiche Curiosità©

 

Mary Blindflowers©

Discorso Politico, monaci, monache

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Discorso Politico Del Clero; de’ Monaci, e Monache, e di tutti mezzi utili, per impedire ogni frode in materia di Beneficij. Composto d’un Francese per il profitto Reale, è un articolo contenuto in Hieronim Zahorowski, “Forma del gouerno giesuitico con vna instruttione & auuiso a’ potentati, del modo, con il quale si gouernano li Giesuiti, per ridurre la loro Compagnia ad vna perfetta monarchia”, 1669, composto di una serie di lettere e discorsi:

Lettera amfibologica e persuasiua di vn giesuita ad vn caualiero suo discepolo; Risposta del caualiere discepolo alla lettera persuasiua del gesuita maestro; Il lamento de’ monaci, et frati contro la Corte di Roma per vedersi priui di quelle dignita eclesiastiche da loro per lungo tempo possedute; Risposta della Corte, al lamento de’ monaci, et frati; Il processo della critica contro gli auttori ignoranti, e mercenari, che compongono libri in questi tempi; Diario, e lettera sopra gli affari correnti di Don Giouanni d’Austria. Con vn ritratto della sua vita, cioe, nascita, qualita, costumi, attioni, e gouerni.

Dal Discorso Politico emerge lo scontro tra potere politico e religioso e si pongono dei dubbi sull’utilità dei benefici ecclesiastici, sottolineando la necessità di istituire un Segretario di Coscienza, ossia un controllore che impedisca le frodi sui benefici stessi, sottolineando i vizi tradizionali di cui fin dal Medioevo erano accusati frati e monache. Si sottolinea l’importanza di ridurne il numero, dando uno sguardo alla condizione delle donne, costrette spesso in giovanissima età dai parenti, a scegliere, per interesse, la vita monastica, seppellendole vive e senza consapevolezza:

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Per venire hora a quello che tocca li Religiosi siano Monaci, o Frati, per trovar mezo di renderli utili allo Stato, di ridrarli da quell’otio che li tiene imprigionati ne Chiostri & dalla vergognosa mendicità nella quale vivono, e ridurli al numero proporzionato agli altri luoghi del Regno…
La medesima ragion di Stato che deve obligare a sminuire il numero de’ Frati, riguarda ancora le Monache, con tanta più di giustizia, che la maggior parte delle Vergini entrano nella Religione per la violenza de’ loro parenti: ne vi mancaranno di giusti mezi per impedire che questo si fatto abuso, non si avanzi più oltre; come per esempio si possono dichiarare le Vergini incapaci di potersi obligare à voto, innanzi di compir l’età di XXII. anni per lo meno, già che si è introdotto l’uso di mettersi l’abito su il dosso prima delli anni 14. spogliate del giudicio necessario per conoscer la forza d’un legame che gli leva dal Mondo, per sepelirle vive in una perpetua prigione (p. 27).

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L’autore mostra anche i metodi usati dalle monache per accattivarsi la simpatia delle ragazze molto giovani con la blandizie e le belle parole, specie nel medesimo monastero dove le ragazze venivano nutrite. Le monache avevano interesse a reclutare vergini nelle loro file, anche perché ricevevano una dote per ciascuna di esse:

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Si può ordinare che non debbano fare la professione nel medesimo Monastero, dove saranno nodrite, o sia in qualità di Novizze, ò sia per dozina; la qual cosa sarebbe molto bene ordinata perché le Monache spesso, con la speranza di tirar profitto dalle Doti adulano, e accarezzano le Verginelle, che sono facili ad esser persuase, e con belle parole le fanno risolvere a viver con esse loro…

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Quindi lo scrivente propone di: “fare una legge, che le facoltà che avrebbero potuto appartenere ad una Donzella, nella successione de’ Genitori, e di tutti suoi parenti collaterali, nella morte di questi debbano ricadere allo Stato…”

E ancora:

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Potrebbono regolarsi ancora li Matrimoni di tutte le Donzelle, secondo la qualità di ciascuna, & dare ordine, che in caso che volessero pigliar l’abito Religioso non potessero portare nella Religione maggior dote di quella portarebbono nel matrimonio: perché se si ordinasse che quelle che ricevono l’abito monacale, havessero meno dote di quelle che si maritano, l’avaritia è così grande, che li Gebitori le sforzarebbero d’entrare nella Religione: ma quando detti Genitori non troveranno alcun profitto nel far Monache le loro figliuole ameranno meglio di maritarle…

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Insomma in pieno Seicento le vocazioni erano ancora imposte dal denaro, le donne merce di scambio dei genitori e il clero avido e corrotto. Il testo ne rende testimonianza.

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