Arte, Rinascimento, Manierismo, reale

Arte, Rinascimento, Manierismo, reale

Arte, Rinascimento, Manierismo, reale

 

Arte, Rinascimento, Manierismo, reale

Antique 19th mounted Sawfish Rostrum, (detail), credit Antiche Curiosità©

Mary Blindflowers & Angelo Giubileo©

Arte, Rinascimento, Manierismo, reale

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In un articolo scritto per Robinson (n. 236), periodico di la Repubblica, Achille Bonito Oliva scrive che “Nietzsche aveva già intuito che l’archeologia è il passaggio naturale entro cui l’artista si muove e propone la sua creazione. Dunque al di là di certe ideologie che vorrebbero l’arte capace di trasformare il mondo e di migliorarlo in quanto al servizio dell’uomo e della società, Nietzsche svela l’ambivalenza strutturale della creazione, laddove appunto sottolinea questa pulsione distruttiva che accompagna ogni atto creativo”. L’ambivalenza dell’atto creativo, che secondo il critico è ritornata per così dire di moda nell’attualità, è per noi invece sostanziale incertezza dell’atto stesso.
In particolare, per ciò che concerne quella che il critico chiama “tensione distruttiva” della creazione artistica, egli aggiunge che “il futuro è archeologia” in quanto ruba dal passato e ambisce comunque a diventare rovina. Questo collegamento “archeologico” – riconducibile letteralmente secondo il critico al significato che si suppone iniziale e quindi originale dell’atto creativo medesimo – agirebbe oltre che nello spazio della storia, nella vita stessa dell’artista e in un modo che avrebbe trovato piena realizzazione di sé nell’arte rinascimentale, e nient’affatto manierista.
E tuttavia, egli intende i due diversi tipi di approccio artistico quali topoi dell’arte creativa, posto che essa, precisa: “non è né morale né immorale: occupa uno spazio esterno ad un giudizio di utilizzazione”.

E allora, quale sarebbe innanzitutto la differenza tra arte rinascimentale e arte manierista?

A tale proposito, Bonito Oliva scrive: “La visione dell’arte nei termini dell’<ideologia del traditore> vede l’intellettuale e l’artista manieristi porsi non più in un rapporto frontale, speculare con la realtà, bensì in un rapporto di lateralità, di riserva mentale, di arrovellamento e di scissione da quella sintonia che l’artista rinascimentale aveva con la storia”. Così concludendo: “Ci accorgiamo allora che, se l’artista occupa uno spazio laterale, tenderà a sviluppare tensioni che individuano la sua posizione attraverso segnali che appartengono non alla sua vita, ma al linguaggio che egli sceglie di adoperare”.
Ne risulterebbe quindi che lo spazio “storico e vitale” dell’artista rinascimentale sarebbe invece negato all’artista che, lateralmente, avrebbe manifestato la propria arte in ciò che secondo il critico sarebbe piuttosto lo spazio del linguaggio che egli (il manierista) sceglie di adoperare. Si romperebbe l’armonia con la storia.

E questo sarebbe un peccato?

Diremmo proprio di no. Ben venga questa rottura se, specie nei nuovi esiti del Vasari o del surreale Arcimboldo, è possibile vivere grazie al manierismo, un’epoca straordinariamente attuale ripresa anche dal surrealismo. Altro che archeologia e rovina, siamo in presenza di un’arte viva e pulsante che rifiuta di morire, e in questo superiore a quella Rinascimentale. Arcimboldo, per esempio, mette in discussione l’aderenza schietta al reale a favore di esiti fantastici straordinari. In questo senso il manierismo è passo in più rispetto al tanto decantato Rinascimento proprio perché rompe l’armonia storica, operazione che già aveva fatto Bosch, anticlassico e onirico. La rottura dell’aderenza perfetta e classica al reale, è un pregio, e niente affatto un difetto.
Ma, al di là del linguaggio usato nell’articolo – di cui il Bonito Oliva sembra viceversa servirsi piuttosto alla maniera dei retori e sofisti dell’antichità classica – noi riteniamo viceversa che se l’arte non ha uno scopo, allora non ha alcun senso logico chiedersi se il suo rapporto con il passato dell’archeologia sia frontale o laterale; e, nel primo caso, diversamente dall’altra prospettiva, affermare che, così, l’artista sia capace di determinare rispetto al “passato“” il futuro dell’archeologia” stessa. In realtà la tesi che l’artista oggi abbia più capacità di influenzare il futuro di ciò che sarà “rovina”, è pia illusione perché l’artista è comunque agito dal potere del business. È infatti quest’ultimo che sta influenzando il nostro tempo e che probabilmente influenzerà anche gli anni a venire, quando “l’archeologia” ci dirà che “tutto è arte” in una tuttologia nullificante stabilita dal critico stesso. Tutto diventa arte purché collocato nello spazio decretato dal potere affinché sia arte. E ci chiediamo anche perché i critici oggigiorno scialacquino il loro prezioso accademico tempo, a titillare i fili di una filosofia inconcludente e vuota di significato su presunti legami tra passato e futuro, senza dire sostanzialmente nulla di nuovo, senza ledere in nessun modo la realtà ma sconvolgendosi in ragionamenti metafisico-intellettuali che nulla aggiungono e nulla tolgono alla sostanza artistica. Comunque la si veda, gli articoli di sistema, non adottano nessuno sguardo critico sull’arte, commissionata in passato dal potere e commercializzata e smerciata pure oggi dal potere. Qualunque sia lo scopo dell’arte, che la si veda in prospettiva “archeologica”, come ambivalente, polisemantica, poliedrica rovina di se stessa, da qualunque punto di vista o posizione la si guardi, resta il fatto che la critica non critichi, ma si sciolga costantemente in movimenti di pensiero circolare e chiuso che non ammettono il rapporto costante e continuo dell’arte con le forze politiche di ogni tempo che stanno contribuendo sempre più al suo annichilimento, alla sua nullificazione. Ammettere questo o dedicarvi articoli, significherebbe discutere se stessi e il proprio ruolo di critici ed interpreti della produzione artistica antica e moderna. Si recupera così “archeologicamente” quel filo conduttore che lega passato e presente per capire come cambino le forme e i contenuti solo in rapporto alla propria assoluta e totalizzante visione del mondo, ma non si ragiona mai sul super-ego che decreta cosa sia arte e cosa non lo sia e che non cambia lo status quo della mercificazione dell’arte. Forse il critico ha avuto difficoltà ad adattare la sua assolutizzazione della “prospettiva archeologica” attraverso cui guarda il mondo, al manierismo che non si pone affatto come rovina, ma conserva una indicibile freschezza. Per questo esalta il Rinascimento a sfavore del Manierismo.
Inoltre, quanto al giudizio sull’“ambiguità della creazione artistica”, dovuta secondo il critico a una necessaria “ambivalenza strutturale della creazione”, noi osserviamo invece che questa tesi piuttosto contraddice e si oppone inevitabilmente alla teoria dell’arte classica e dell’atto creativo che in effetti squarcia, distrugge, penetra la tela dell’eternità del tempo (Aion) dando spazio e vita a ogni forma di rappresentazione o immagine (gli idola di Bacone). Pur se intento alla ricerca della Causa, quel Motore-Immobile a cui egli stesso non seppe conferire una migliore forma o immagine rappresentativa – in ordine all’inizio e all’atto creativo. Aristotele proclamava infatti che l’uomo non abbia la possibilità o meglio sia nella condizione di poter dare alcuna risposta certa: “… perché è stato distrutto in questo particolare punto di tempo piuttosto che in un altro, quando fino a ora era sempre esistito? o perché è stato generato ora, quando da un tempo infinito non era esistito?” (De Caelo, 263 a).
Questo interrogativo, vero e proprio, fonda l’arte e così ogni atto davvero creativo e cioè ciò che Bonito Oliva chiama “la struttura dell’atto creativo”. Struttura che non è tanto ambivalente, e cioè distruttiva verso il passato e costruttiva verso il futuro come egli stesso sostiene, quanto piuttosto: in-certa e costantemente dipendente, come l’artista medesimo, dall’alto.
Oltre che dimora spaziale viceversa di un eterno presente, la vera arte, al di là del bene e del male (Nietzsche), dovrebbe diventare fondamento destrutturalista per la decostruzione e ricostruzione veramente critica del reale, ma questa è altra storia che rimarrà pressoché ignorata e snobbata dalla critica ufficiale.

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Rivista Il Destrutturalismo

DESTRUTTURALISMO Punti salienti

 

Comments (2)

  1. giancarlo rosati

    molto interessante buon pomeriggio

  2. Angelo Giubileo

    IL TEMPO ETERNO
    Il traditore è il vero interprete della tradizione – che risale originariamente a Xronos, padre di tutti gli dei. Ma Xronos non è il primo, prima di lui è Aion, il tempo dell’inizio e del principio, che, dice Platone, è “immagine mobile dell’eternità”.

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