Peter Kolosimo, Polvere d’Inferno

Peter Kolosimo, Polvere d'Inferno

Peter Kolosimo, Polvere d’Inferno

Peter Kolosimo, Polvere d'Inferno

Peter Kolosimo, Polvere d’Inferno, seconda edizione, 1988, credit Antiche Curiosità©

 

Mary Blindflowers©

Peter Kolosimo, Polvere d’Inferno

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Peter Kolosimo, pseudonimo di Pier Domenico Colosimo (Modena, 15 dicembre 1922 – Milano, 23 marzo 1984), ha scritto una certa quantità di libri inutili che sono stati tradotti in 60 nazioni, insomma stiamo parlando di uno degli scrittori più popolari degli anni Settanta. Così quando mi è capitata tra le mani la seconda edizione di Polvere d’inferno, sottotitolo: Itinerari e incontri con le grandi figure dell’alchimia, Sugarco Edizioni, Serie Universo Sconosciuto, mi sono detta, leggiamo e dopo aver letto, tante domande sono affiorate alla mente. La prima è come si può stampare in quantità industriale e tradurre in molte lingue, un autore così approssimativo, scarso, arruffone e vacuo come Kolosimo o spacciare per saggistica seria l’insieme di castronerie che sono contenute nel testo.
Nella quarta di copertina è detto che l’autore “non intende provare nulla, ma solo proporre al suo pubblico fatti e ipotesi di rara suggestione”.
E già da questo si intuisce che non si tratta di una buona saggistica, perché un saggio serio tende sempre a esporre una nuova teoria conclusiva sulla base di prove documentate raccolte e confrontate tra loro con il conforto di ampia bibliografia e varie fonti storiche, che devono essere indicate in modo preciso, sì da evitare la faciloneria.
Il libro inizia con un racconto su Orloff, l’immortale. Un killer, Donovan, entra nella sua casa e lo minaccia perché vuole sapere da lui il segreto della trasmutazione di metalli vili in oro, ma Orloff ha una nuvola guardiana che modifica la sua forma, penetra nell’appartamento e fa  scappare e poi impazzire il killer:

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Pietrificato dal terrore, il killer non poteva staccare lo sguardo da quella cosa allucinante. La materia fluiva nella materia, si gonfiava ed avanzava con le ondulazioni schifose d’un verme gigantesco, si scindeva, prendeva forma… La forma di due mani che parevano nascere dal capo d’un polipo mostruoso, dieci dita lunghissime, dieci artigli protesi verso la gola di Donovan. Dalla poltrona, con aria indifferente, Orloff osservava la scena. Il killer mosse le labbra, come per parlare, ma dalla sua bocca non uscì alcun suono. Poi (le mani spaventose già lo sfioravano) la forza della disperazione lo strappò a quell’agghiacciante incantesimo. Lasciò cadere la pistola e corse via, fuori da quella casa diabolica…

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Insomma una favola per bambini non troppo svegli. Ma l’aspetto ridicolo è che l’autore non presenta il racconto come una leggenda, ma si pone dei ridicoli interrogativi che sottolineano come egli prenda sul serio simili fanfaluche: Ma chi è Orloff? Forse qualcuno che centinaia di anni fa si chiamò Paracelso o Cagliostro, arrivato nel ventesimo secolo nel cuore di quella nuvola palpitante di polvere d’inferno?

E il lettore si accorge ben presto che le domande non sono una provocazione faceta, ma l’autore è veramente convinto di ciò che scrive. Nel racconto Giardino di cristallo c’è un giovane che si innamora di una strega e una sera segue lei e sua madre dentro un nascondiglio dal quale si perviene ad un giardino di cristallo e una sala piena zeppa di oggetti d’oro. Goldberg (che nome allusivo), il giovane innamorato, si accorge che l’amata fabbrica oro assieme alla madre. E l’autore dopo aver raccontato queste stupidaggini, domanda: Si tratta di una leggenda, di fatti esagerati e deformati, di pure invenzioni? Ma il bello è che si risponde pure da solo: è impossibile stabilirlo.

Tutti i racconti sono privi di qualsiasi riferimento bibliografico serio, intervallati da considerazioni all’acqua di rose di pseudo-filosofia spiccia, in un minestrone contenutistico che ha l’unico scopo di stupire un lettore ingenuo. Non mancano omuncoli, cavalli diabolici, riflessioni infantili sull’atomica e sui cavalieri dell’Apocalisse, su elisir di eterna giovinezza e su un Saint-Germain che avrebbe attraversato, immortale, le ere. Insomma c’è tutto il corredino dello stupidario alchemico per stupire e far sognare i beoti.

Siamo sul fronte saggistica per polli, un libro in cui domina l’approssimazione e l’incompetenza più totale. Se consideriamo che Kolosimo ha venduto milioni di libri e i suoi capolavori sublimi da secchio della mondezza, vengono continuamente ristampati anche oggi, possiamo tristemente capire come la stampa dei libri sia spesso soltanto un business in cui non si pubblicizza e non si stampa in quantità astronomiche la saggistica seria ma la spazzatura divulgativa presente in ogni angolo di libreria.
Dagli anni Settanta a oggi direi che c’è un peggioramento. Siamo infatti sotterrati di saggi e di romanzi inutili da cui traggono film altrettanto vacui che non dicono nulla e che hanno successo proprio per questo motivo, dato che non si può dire più nulla.

Lo scopo della grossa editoria, dell’informazione cartacea e anche dei blog che le stanno appresso come cani, approvando tutto ciò che pubblica, è creare generazioni di idioti facilmente gestibili?

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