Pozzi sacri in Sardegna

Pozzi sacri in Sardegna

Pozzi sacri in Sardegna

Pozzi sacri in Sardegna

Menat, disegno di Tiziana Fenu©

 

 

Tiziana Fenu©

Il Menat, portale Alchemico dei Pozzi Sacri in Sardegna.

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Un’immagine.
È bastata un’immagine, la foto di una bellissima collana egizia, per annodare dei fili che erano rimasti sospesi, in attesa di essere riannodati, attraversando il tempo, e bypassando le nostre limitate memorie di umani.
Parto proprio da qui, da questa immagine.
Rappresenta non solo una collana, ma un oggetto di culto, esposto al Metropolitan Museum of Art di New York, in bronzo /rame, vetro, agata, corniola, lapislazzuli e turchesi. Collana di Menat, XVIII dinastia, regno di Amanhotep III, 1390-1353 a.C. Menat era anche il nome usato per la Dea egizia Hator, la Dea della fertilità, dell’Amore. Rappresentava, insieme alla dea Nut, la via Lattea.
Questa collana rappresenta non solo un bellissimo gioiello, ma anche un oggetto di culto fortemente simbolico, il Menat, poiché il contrappeso bronzeo, lungo circa 15 cm, veniva impugnato, e le perline venivano scosse, come un sistro, l’altro oggetto sacro ad Hator per invocare o placare la divinità. Indossato, essendo un contrappeso che scendeva tra le scapole, faceva in modo che la collana rimanesse perfettamente aderente al collo.
Osserviamo la forma. È assolutamente identica alla forma dell’ingresso del pozzo Sacro di Santa Cristina, a Paulilatino, e di altri pozzi, in Sardegna e in altre parti del mondo.
Partiamo dalla parola, dal nome di questa Dea, Hator.
Pronunciandola, mentalmente, mi è venuta in mente la parola Sator, del quadrato di Sator, il quadrato creatore, che abbiamo visto, trova una sua matrice creativa, nel quadrato del Sinis, trasposto in terra sarda.
Sator, che significa il creatore, il seminatore, può essere letto anche come “S’ Ator”, e se lo leggiamo così potrebbe essere anche una parola sarda, con quella “S” apostrofata, che funge da articolo, come gli articoli sardi, e “Ator”, uguale al nome della Dea Hator, anch’essa identificata come “seminatrice, creatrice” primordiale.

La frase intera del “Sator/Arepo/Tenet/Opera/Rotas”, è indentificabile con la frase “Il Creatore delle terre tiene (governa) le ruote celesti”.
Il concetto del mondo terreno che si fonde con quello trascendente, identificato anche dalla forma a croce del “tenet” centrale, come la parola “Sinis” nel nostro “quadrato del Sinis”, forma che esprime simbolicamente l’unione del cielo e della terra.
La Dea Hator Seminatrice per eccellenza. La grande Madre di tutti i Faraoni.
La Dea Hator era associata alla via Lattea, insieme alla Dea Nut, nel III millennio a.C., quando durante gli equinozi d’autunno e di primavera, sembrava allineata sulla terra, e sembrava che la toccasse nei punti in cui il sole sorgeva e tramontava.
Hator era la Dea Madre di tutti i faraoni, la dea della fertilità, dell’amore, ma anche la signora del regno dei Morti, protettrice di miniere e sorgenti.
Era rappresentata come Vacca solare, con un disco solare, completo di Ureo, posto tra le sue corna. Era considerata la controparte femminile dell’Amon-Ra, la forza solare, elettrica, taurina.
Ma per capire bene la simbologia di questo Menat, trasposto in terra, nella architettura dei nostri pozzi Sacri, dei quali, il massimo rappresentante è il pozzo di Santa Cristina, dobbiamo capire bene la simbologia di chi lo ha fatto suo, come oggetto sacro e di potere. Dobbiamo capire bene la valenza simbolica della Dea Hator.
Intendo sottolineare la valenza simbolica dei pozzi Sacri, in particolare riguardo le gradinate, superiori e inferiori.
Il pozzo sacro, è un luogo, nel ventre di Madre Terra, dove si scende per purificarsi. Si scende carichi di tutto ciò che deve essere alleggerito, santificato, benedetto dalla potenza purificante, trasmutatrice e alchemica dell’acqua, e si risale alleggeriti, divinizzati, simbolicamente, attraverso quei gradini superiori, impraticabili, ma che sono sempre in numero inferiore, se non dimezzato, come nel pozzo di Santa Cristina.
Gradini speculari.
Perché noi umani siamo riflesso del Divino, e come abbiamo energie che ci portano verso il basso, così ne abbiamo, per naturale inclinazione, che ci spingono verso l’alto, in un afflato divino che ha sempre caratterizzato antropologicamente e ancestralmente, questa costante ricerca e corrispondenza dell’umano con il Divino, in cerca di una identificazione del sé, che lo facesse parte di un unico e universale linguaggio.

Vediamo quindi cosa rappresentava la Dea Hator, e perché proprio lei ha dato, con il simbolo del suo Menat, l’imprinting per la forma architettonica dei pozzi Sacri, la cui forma è stata associata anche alla dea Tanit e all’Ankh, la chiave della vita egizio.
Dea Hator, controparte della divinità del Toro, che, come costellazione, riguardava quell’arco di tempo chiamato “era astrologica del Toro” che va dal 4300 al 2150 a.C., alla quale segue quella dell’Ariete, fino all’anno zero.
In tutte le religioni, le costellazioni erano in relazione con i 4 elementi naturali della terra, aria acqua, fuoco e terra.
La costellazione del Toro era legata all’elemento terra, insieme alla Vergine e al Capricorno.
Tre segni o costellazioni, per ogni elemento, in relazione ai nostri tre cervelli, intellettuale, emotivo, istintivo, perché noi, siamo aria, fuoco e acqua, in un corpo fisico, terreno.
Il Toro è un simbolo legato alla terra, e la sua controparte femminile, la Dea Hator, ha tra le sue corna, la forza elettrica e solare dell’Amon-Ra.
È il Femminino che nel corso dei secoli assume vari nomi, Iside, Rea, Cibele, Maria, la Madre Terra, che può assumere qualsiasi forma, quando si unisce al Mascolino, e diventano un 10, un “Io”, una identità ben definita.
La Tauromachia, con il mito dell’uccisione del Toro, ci ha insegnato a dominare simbolicamente la forza animalesca del Toro. Ci è rimasto, di questo, uno strascico, nella Corrida, totalmente distorta e sacrilega in ciò che era la simbologia iniziale.
Anche ad Atlantide dominavano le energie del Toro, ma non lo uccidevano, lo trasmutavano.
Il Minotauro è la parte aberrante di questa trasmutazione non riuscita, figlio di un accoppiamento sbilanciato tra una umana, la regina Pasifae, moglie del re di Creta, Minosse, e del Toro di Creta.
Per questo gli antichi egizi adoravano il toro bianco, simbolo di purezza.
E il potere sta al centro del labirinto, del ritrovare noi stessi nel Minotauro, in quella parte bestiale, affrontarla e dominarla.
E quando la si domina, si diventa come un Toro sacro, Apis, il toro sacro agli Egizi, lo sposo della Madre Divina Hator, il cui figlio era Horus, pronunciato Aurus, che con la croce Tau, della quale ho parlato spesso, la croce degli iniziati, con la quale si deve lavorare, diventa Taurus, Toro.
E la Tau, abbiamo visto, è la parte sottostante della Tanit, della Tanit/Ankh.
Il Menat rappresenta quella parte equinoziale capace di stabile l’equilibrio tra i due solstizi, quello invernale, e quello estivo.
Aveva il potere riequilibrante, un contrappeso, come lo era per la collana.
Teniamo presente che il pozzo di Santa Cristina era anche un osservatorio astronomico.
Ebbene, i due solstizi, nella cosmologia sacra, sono legati alla figura di Giano, del Giano bifronte, il signore dei portali, del passato e del futuro.

Il solstizio d’estate è la porta zodiacale degli Inferi, degli Uomini, e il Cancro è il segno di questa porta che i romani chiamavano “Janua Inferni”: essa è la porta che permette di discendere nel ventre simbolico di Madre Terra, per raggiungere il lato occulto del cosmo, dove bisogna spogliarsi di tutto il superfluo come in un processo iniziatico nel mondo dei morti, di cui era dio Osiride, e che fu visitato da tutti i grandi iniziati, da Ulisse a Dante, da Pitagora a Odino, ed è anche il mondo interiore di ogni uomo e il mondo sottostante costituito da ciò che è nascosto in ogni cosa, la vera conoscenza.
Invece il solstizio invernale è la porta degli Dei, la “Janua Coeli”, la porta che avendo la giusta chiave, può essere aperta per entrare nel mondo celeste, completando così il corso ciclico della conoscenza, dall’oscurità alla luce.
Entrambi i solstizi sono Porte le cui Chiavi per aprirle sono le conoscenze che si acquisiscono. Porte e Chiavi sono per essenza, la stessa cosa, sono intrinsecamente legate le une alle altre, anche se la loro funzionalità è diversa, ma finiscono con l’identificarsi.

Janus, Giano, il dio degli Iniziati, aveva il potere di aprire e chiudere le ere e quindi era anche correlato a “nascita/morte” e a “passato/futuro”, e in tal senso era il dio della trasmutazione, del cambiamento e dei passaggi, ed è per questo che aveva il Potere delle Chiavi e delle Porte, e in particolare, aveva il potere su entrambi i solstizi. Era rappresentato con due volti, a volte come uno maschile e uno femminile, “Janus/Janua”, tanto simile a Jana.
Anche Cristo è stato un Janus, proprio perché Cristo è segno del passaggio da un’era all’altra, due ere chiuse e aperte, ed è anche il perno, la “Chiave di volta” della rinascita e Gerusalemme celeste.
Egli è l’alfa e l’omega, il principio e la fine.
Alfa e Omega rappresentata dalla Tau, ventiduesima e ultima lettera dell’alfabeto e degli Archetipi ebraici, la cui forma si può collegare all’Ankh ( la chiave della vita eterna, nella mano destra dei Faraoni) e alla Tanit, e collegata al simbolismo del Toro.
Janus tiene in una mano lo scettro del potere e nell’altra la Chiave che apre e chiude le epoche, la Chiave che apre le porte della trasmutazione, la Chiave che apre le porte dei segreti e dei misteri.
Spesso Janus è rappresentato con due chiavi che sono le chiavi delle due porte solstiziali, Janua Inferni e Janua Coeli, perché egli è il Signore dei Tempi (come lo è anche Cristo, e come lo è anche Osiride); le due chiavi erano una d’oro e l’altra d’argento. In tal modo egli è ‘il Signore delle due vie’, quella ascendente e quella discendente, e così è anche ‘Signore della Conoscenza’, proprio come lo è anche Cristo, e Osiride prima di lui.

Queste due vie nel pitagorismo sono simbolizzate dalla lettera Y la cui verticale si dirama in due direzioni, e la lettera Y era anche rappresentata ancora una volta con la Tau.
Lettera “Y/T”, estremamente presente, nell’ Antica Civiltà Sarda.
Le due vie, dell’oscuro e della luce o gnosi, rispettivamente dello Yin e dello Yang, sono anche le due vie che deve seguire l’iniziato, discendendo prima, e poi salendo.
Il Cancro è inteso come l’inizio della discesa, mentre il Capricorno è l’inizio della salita.
Astrologicamente parlando, i gradini di discesa dei pozzi sacri, sono quelli del Cancro, quelli umani, e quelli di risalita, sono quelli degli Dei.
Le due porte si inseriscono entro la ciclicità cosmica che può essere rappresentata da diversi tipi di spirali (simboli solari), come la svastica e il triskel.
Il Menat, trasposto nella conformazione architettonica dell’ingresso dei pozzi sacri, è il fattore equinoziale equilibrante tra i due solstizi.
È l’alfa e l’omega astrologico, perché la Costellazione e il segno zodiacale del Toro, governano la gola, perché in principio era la Parola, e la parola, il suono, creano.
Gola che ha la stessa conformazione di un utero, capace quindi di creare, come un utero.
Si crea con il potere della parola.
Dio crea con il potere della parola, con il Verbo. Segna lo spartiacque della creazione, l’inizio della nuova era degli Umani.
Così come l’ha segnata il Cristo, e prima di lui, Osiride, e tutti i grandi Iniziati che si sono susseguiti.
Questo potere si chiama chiaroudienza, ed è il potere di capire un linguaggio che non appartiene solo a questa dimensione, ma è un linguaggio universale, che unifica, il linguaggio dell’età dell’Oro, prima della confusione della torre di Babele.
Un linguaggio che era in relazione, con le Forze della natura, con gli animali, con le energie dell’universo.
Questo, rappresenta il simbolo del Menat, il dominio taurino/uterino, della terra, l’oggetto che bilancia il peso della collana.
Il portale a forma di Menat nell’ingresso dei pozzi Sacri, é un portale che bilancia la stessa forza della terra, che è collegata al segno del Toro.
Bilancia gli istinti di bassa energia, quelli legati alla terra, e nel contempo, realizza l’opera di trasmutazione. La terra si lascia lavorare, si lascia dominare, per farsi grembo, utero e accogliere l’acqua purificatrice.
Si deve acquisire il dominio del Toro, la chiaroudienza, delle lingue universali, quelle che provengono dalle antiche forze della natura, per essere in grado di trasformare questa energia potentissima del Toro, in energia feconda, alchemica.
E chi poteva essere la depositaria e la custode del potere Alchemico ed equilibrante, tra i due solstizi, tra le due forze contrapposte, se non la grande Dea Madre Creatrice, dea della Vita e della Morte, la Dea Hator/Sator, la “seminatrice del cielo”, la stessa Via Lattea, colei che contiene, come uno “sperma latteo”, lo stesso seme della trasmutazione?
Perché lei rappresenta il bilanciamento, l’equilibrio necessario affinché le due forze opposte, i due solstizi opposti, la via dell’umano e del divino, si incontrino nel suo grembo, nel bacile acquifero del pozzo Sacro, dove può avvenire la trasformazione di Giona (che rappresenta lo spirito divino), del Janus, come nel ventre della balena.
Perché lei è Arca divina.
È Argha (vagina in sanscrito).
È Arca intesa come colonna vertebrale con 33 vertebre, il percorso iniziatico del Cristo, i 33 gradi iniziatici.
È arco del Cielo.
È Arco della via Lattea, che porta alla Rinascita, identificata nel passaggio attraverso l’occhio di Aldebaran, l’Occhio di Horus, il terzo occhio del Risveglio della Coscienza, attraverso l’asse Sirio(Iside/Venere)/cintura di Orione ( Osiride) /Aldebaran(Toro/Venere).
È un percorso iniziatico di nascita, morte (abbiamo visto come sulla via Lattea ci sono tre croci astrologiche, quella di Orione, del Cigno, e quella di Aldebaran,come le tre croci sul Golgota) e rinascita.
È un percorso iniziatico che nasce e muore con Venere, simbolo dell’Amore, Alfa e Omega, guida delle nostre vite.
Solo una Dea Madre Cosmica come Hator, detentrice di quel contrappeso alchemico di trasmutazione, di quel pettorale Menat, che indossavano tutte le sacerdotesse del suo culto, poteva rappresentare la potenza creatrice, la fertilità per eccellenza, possibile solo dove vi è equilibrio.
Il Menat rappresenta l’equilibrio equinoziale, il portale equilibrante, come una Tanit, il contrappeso, che consente la creazione.
Attraverso il Menat, l’ingresso del pozzo Sacro, le acque, l’elemento femminino, vengono ingravidate dal Fuoco sacro del Logos Solare.
Le rende Sacre.
Questo, significa, dominare il Toro, le energie bestiali, e renderlo sacro.
Gli Antichi Egizi raffiguravano l’ingravidamento attraverso l’Ankh avvicinato alla bocca.
Perché la parola crea, ha la stessa potenza creatrice di un utero.
“Gutturu (gola in sardo)/utero”
“Utturu/utero”. Molto simili.
La dea Hator era rappresentata anche da due piume, poi incarnata dalla dea Maat (Menat-Maat.. Il passaggio fonetico e grafico è palese) della giustizia, la cui piuma della Verità fungeva da bilanciere per la pesatura del cuore, per poter accedere al mondo dei morti.
Il cuore deve pesare poco più di una piuma.
Ma questo, gli Antichi Sardi, lo avevano capito molto bene, quando hanno realizzato quei gradoni superiori e speculari a quelli di discesa, impraticabili, nei pozzi sacri, in numero Inferiore, o dimezzato ( come nel Pozzo di Santa Cristina), rispetto a quelli inferiori.
Per poter accedere alla dimensione Divina, si deve essere leggeri, si deve avere un cuore leggero, alleggerito dalle pesantezze egoiche, e questo lo si può realizzare quando le nostre energie opposte, e il nostro Mascolino e il nostro Femminino sono in equilibrio.
Il Menat è il simbolo di questo sacro equilibrio, per poter accedere alla trasmutazione
Non potevano scegliere simbolo migliore per rappresentare questo ingresso Alchemico di trasmutazione. Un amuleto di potere, capace anche di allontanare gli spiriti negativi, se agitato.
Come il Sistro, strumento musicale sacro alla stessa Dea. Perché il suono crea, e la stessa musica è Geometria Sacra, che porta a livelli di consapevolezza superiori.
Trovare questa estrema similitudine di forma, tra il Menat egizio e la conformazione dei pozzi sacri, in particolare quello di Santa Cristina, rende ancora più comprensibile la visione di insieme, con un perfetto accordo di simbolismi e corrispondenze, come sempre, perché gli Antichi Costruttori Divini non hanno mai lasciato niente al caso, e se la Materia, doveva esprimere il concetto di Divino, questo è stato fatto in modo impeccabile, e con grande Maestria, riconosciuta e poi diffusa, in tutto il mondo.

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