Storia, tradizione, evoluzione, dogma

Storia, tradizione, evoluzione, dogma

Storia, tradizione, evoluzione, dogma

Storia, tradizione, evoluzione, dogma

A peso fisso, credit Mary Blindflowers©

 

Mary Blindflowers©

Storia, tradizione, evoluzione, dogma

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In una lettera di Carolina Coronedi Berti al De Gubernatis, posta in appendice al libro Storia comparata degli usi natalizi in Italia e presso altri popoli indoeuropei, di oltre metà Ottocento, emerge uno spaccato di tradizioni bolognesi in cui la misoginia regna sovrana. La Berti si riferisce a Bologna perché conosce le tradizioni di quella città, ma in realtà la mentalità misogina era ben radicata ovunque, eredità di un mondo classico e medioevale in cui all’altra metà del cielo si riservava un posto nel sottoscala della cultura e della vita sociale.
Scrive dunque la Berti:

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Mio chiarissimo signore… il bon dì si conosce da mattina: così il proverbio.
Appena si sa che una sposina è gravida tutti le fanno auguri per un figlio maschio. Fino se starnuta le si dice: un pot masti (un figlio maschio). Per tutta la gravidanza l’essere nascituro, si nomina il bambino. Si prepara il corredino… Insomma deve essere maschio e già gli si preparano i baci e le carezze e tante volte anche i giocherelli. Si suol dire un uomo tiene su il casato… Le nostre donne dicono perfino: piotost che far una fèmna, al sre mei far un piat de macaron. Di questi modi e di questi proverbi n’avrei a far così lunghe file da non finirla mai. Ecco con quali auspici noi povere donne veniamo al mondo. Oh! È pur la bella cosa nascer uomo!

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Lo stesso De Gubernatis conferma la stessa mentalità in uso presso i Greci:

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La nascita di un maschio ha il privilegio di colmare di gioia la famiglia, ma se nasce una figlia, quale tristezza! I Greci danno di ciò due ragioni. L’una che il figlio può solo perpetuare la discendenza, la quale, al contrario, si perde nelle figlie. Poi, i Greci, avendo un gran numero di figli, anche se v’è in casa una certa ricchezza sino a che essa tutta rimane tra le mani dei genitori, la si riduce al nulla distribuita fra molti. Ora, in Grecia, le figlie hanno di solito una dote più ingente dei figli, e se esse sono numerose, il padre potrà egli stabilirle?

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Ancora oggi, del resto, non si dice auguri e figli maschi?

Altra sopravvivenza ereditata dal passato è il lusso dei battesimi che, specie al sud d’Italia diventano avvenimenti mondani e occasioni per rimpinzarsi e far sfoggio di vestiti. Ma questa moda non è solo odierna, era viva anche nell’Ottocento e nei secoli precedenti, tant’è che il governo dovette istituire delle leggi per evitare il lusso eccessivo che conduceva alcune famiglie alla rovina economica. Scrive il De Gubernatis relativamente agli usi siciliani:

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In ogni tempo fu molta gara anche tra popolani nelle pompe pei battesimi, e si trasmodò talmente che fu necessario l’intervento del governo per infrenarne con leggi sontuarie gli abusi, cagione di rovine per molte famiglie. Una di codeste leggi, che altre ne raccoglie in sé, precedentemente fatte, è dello scorcio del sec. XVI o de’ primordi del XVII, e ci fa vedere che nelle maestranze si eccedeva nello sparo de’ mortaretti, nell’accompagnamento alla chiesa, nell’abbigliamento de’ neonati, ne’ regali alle levatrici, alle puerpere etc.

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A questo punto occorre una riflessione sul concetto di “tradizione”, quel dogma rituale tramandato di generazione in generazione per cui si fanno delle cose senza nemmeno intuirne la vera ragione originaria. Perché si fa? Vi sentirete rispondere che si fa quel che si fa per tradizione, che è così che funziona e basta.
Solo l’uomo e la donna che pensano riescono ad emendarsi, a superare le sopravvivenze negative di una tradizione non sempre buona, ereditata da un passato in cui il livello di consapevolezza era necessariamente diverso.
Solo l’uomo e la donna che pensano possono dire di no al dogma e riflettere sul suo significato più profondo e sull’opportunità o meno che venga messo in pratica in un mondo che si è, per forza di cose, evoluto, anche se tanta strada in questo senso ha da percorrere.

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Rivista Il Destrutturalismo

 

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