De Gubernatis, usi natalizi

De Gubernatis, usi natalizi

De Gubernatis, usi natalizi

De Gubernatis, usi natalizi

De Gubernatis, Storia comparata degli usi natalizi, Treves, 1878, credit Antiche Curiosità©

 

Mary Blindflowers©

Una storia comparata degli usi natalizi

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Angelo De Gubernatis (Torino 1840 – Roma 1913), marito della cugina di Bakunin, Sofia Besobrasov, fu un accademico filologo, orientalista e insegnante di sanscrito all’Università di Firenze. Diede alle stampe nel 1868, coi Fratelli Treves, una Storia comparata degli usi natalizi in Italia e presso gli altri popoli Indo-europei, un libro ricco di informazioni su usi e costumi curiosi con notizie, a dire il vero, specialmente nei primi capitoli, affastellate confusamente dentro il testo e come un poco a casaccio, senza una sistematizzazione precisa, passando con nonchalance dall’India a Venezia, dai cannibali ai popoli antichi.
Al di là della scarso ordine che regna tra le pagine, e considerando che il modo di concepire la saggistica a metà Ottocento era meno sistematizzato di quello odierno, si può affermare tranquillamente che si tratti di un libro interessante. Man mano che si avanza nella lettura l’interesse infatti cresce, l’autore diventa meno elencativo e più specifico. Il lettore si immerge gradatamente in un mondo di curiosità antropologiche antiche e moderne.
L’edizione del 1878 che ho trovato è dedicata a Giovanni Rizzi e prende l’avvio dalla nascita e dal puerperio, con varie credenze popolari relative a questo delicato quanto traumatico momento. Unite a sintesi di tradizioni, si trovano anche alcune novelline:

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In una novellina popolare tirolese, fratellino e sorellina vanno a coglier fragole ed incontrano in tutto il suo splendore la Madre di Dio; la fanciulla la venera, il fanciullo si mostra indifferente; la fanciulla riceve in dono una cassetta d’oro, il fanciullo una cassetta nera: nella nera si trovano due serpentelli neri che s’allungano, avvolgono il fanciullo, e lo tirano per sempre nella foresta; nella cassetta d’oro due angeli che pigliano in mezzo la fanciulla e la trasportano al cielo.

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Miti, tradizioni, leggende, quello di De Gubernatis rimane un libro ricco di suggestioni.
Nel capitolo VI tratta di “quello che il figlio dice prima di nascere”, ossia del vagito del fanciullo inteso nell’utero materno, come presagio diabolico e sinistro, segno della natura demoniaca del feto, svelando un mondo popolare di superstizioni sopravvissute al medioevo che hanno dato avvio a numerose leggende.

Nel capitolo XI tratta diffusamente degli alberi natalizi di ascendenza pagana e della festa del ceppo italiana di derivazione nordica. Riporta alcuni curiosi usi nostrani e nordici collegati al simbolismo “degli alberi cosmogonici e antropogonici dei quali è piena tutta la tradizione indo-europea”. L’albero infatti è simbolicamente il rappresentante della vita umana:

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… nell’uomo si vide un albero rovesciato, e nell’albero un uomo capovolto. Negli scrittori sacri non meno che nei profani si trovano frequenti similitudini tra l’uomo e l’albero. La lingua nostra ritiene, parlando dell’uomo, parecchie immagini tolte dall’osservazione delle vita vegetale. Di un fanciullo che vien bene si dice ch’egli è ben piantato, ch’è vegeto, che fiorisce, che è un fiore; ch’egli è allegro come un cipollino, dicono in Piemonte; il nostro stemma proviene dalla voce tedesca stamm, che significa tronco; sopra lo stemma mettiamo le nostre impronte e collochiamo poi lo stemma come corona in cima all’albero genealogico, quando ci vantiamo di discendere da una stirpe, da uno stipite, da un ceppo, da un lignaggio illustre…
Piante si chiamano in lingua poetica i piedi; viceversa poi accenniamo ai piedi dell’albero, alla chioma dell’albero…

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Molto interessante è anche la descrizione della couvade in uso presso molti popoli europei e orientali un rito in cui dopo il parto, il marito si mette a giacere nel letto accanto al bambino al posto della moglie come se fosse lei mentre gli amici e i parenti vanno a visitarlo per rallegrarlo e consolarlo come se avesse partorito lui, usanza descritta anche da Marco Polo relativamente alla provincia cinese di Cardandan ma in uso anche in Europa.
Seguono poi i capitoli dedicati alla purificazione della puerpera, con riti che oggi fanno sorridere, tanto appaiono assurdi, val la pena si riferirne uno sul puerperio greco, dopo il lavaggio della puerpera con vini aromatizzati, la levatrice:

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monta sul suo letto per la parte opposta al capezzale, stende una delle sue gambe fra quelle della paziente, applica il piede sulle parti che più hanno sofferto, e prendendo le di lei mani le dà tre forti scosse premendola rudemente con lo stesso piede, cui ebbe appena la cura di levare la scarpa. La sera dell’ultimo giorno, pigliasi un uovo sodo, lo si priva del suo guscio, lo s’involge in qualcuno de’ suddetti aromi, lo si colloca con delle bende al luogo che la levatrice ha calcato col piede, e lo vi si lascia per due o tre ore. Terminata questa operazione, il cui scopo, secondo la levatrice, è di allontanare gli effetti della infreddatura caso che la donna ne sia incorsa durante il parto, son compite le cure di essa mammana e quindi è licenziata.

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Altre pagine sono dedicate al battesimo, al nome, ai pidocchi e agli usi popolari in Sicilia, posti in appendice.
Comunque un libro che vale la pena di leggere.

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Rivista Il Destrutturalismo

 

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