Pozzo di Santa Cristina, simbologia

Pozzo di Santa Cristina, simbologia

Pozzo di Santa Cristina, simbologia

Pozzo di Santa Cristina, simbologia

Il pozzo di Santa Cristina, disegno di Tiziana Fenu©

 

Tiziana Fenu©

Simbologia numerica del Pozzo di Santa Cristina

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Osservavo la piantina del Pozzo di Santa Cristina a Paulilatino (OR),
Un gioiello di architettura e di finezza e rifiniture nei particolari.
Nei mesi di settembre (dal 21 al 23 alle ore 12.00) e di marzo (dal 18 al 21 alle ore 11.00), durante gli equinozi, il sole illumina perfettamente il fondo del pozzo, riflettendosi poi sull’acqua, e si può vedere, a fine gradinata, la propria ombra riflessa sull’acqua e proiettata capovolta sulla parete della camera a tholos di fronte.
Straordinario è il fenomeno che riguarda la luna: ogni 18 anni e 6 mesi, quando la luna raggiunge la sua altezza massima, la sua luce attraversa l’apertura sulla sommità del pozzo, riflettendosi sull’acqua.
E il rapporto tra la base e l’altezza della cupola coincide, con un piccolissimo margine di errore, alla geometria astronomica.
Il Pozzo Sacro del Santuario di Santa Cristina, è un’ area nuragica sacra che si erge su un altopiano basaltico, il cui nome deriva dalla chiesetta campestre, risalente all’XI sec. d.C., di cui resta parte dell’abside e intorno, 36 muristenes ( piccoli alloggi per pellegrini).
Tempio a pozzo, osservatorio astronomico a carattere lunare, talmente preciso da prevedere l’eclissi.
Secondo qualche studioso, in particolare Sandro Angei, (studi e analisi che ho trovato affascinanti e consoni al mio sentire) basandosi sugli studi del prof. Lebeuf  autore del libro “Il pozzo di Santa Cristina, un osservatorio lunare”) sul carattere lunare del tempio, il pozzo di Santa Cristina fu costruito nel 1000 a.C., per celebrare una data ben precisa, il 21 di aprile (quindi legato al culto del Sole, più che della luna, perfettamente in linea con l’importanza che aveva il Dio Toro/Sole), momento in cui si può osservare se la raccolta del grano sarà abbondante o meno.

Il 21 di aprile (e anche il 21 di agosto), dopo svariate osservazioni, hanno rilevato che nel pozzo, avviene il cosiddetto “miracolo della resurrezione,” quando i raggi solari si allineano in asse con la scalinata, e battendo sul primo bordo Inferiore, proiettano un’immagine luminosa nel dodicesimo anello, a salire, della tholos, sul cerchio “anomalo”, quello più grosso.
Manifestazione luminosa amplificata e magnificata da un accorgimento tecnico dovuto alla presenza dell’olio, che avrebbe reso calmo lo specchio circolare della “funtana”(fontana) unta, rendendo ancora più magnificente il riflesso dorato sul dodicesimo anello.
In questo lasso di tempo, che durerebbe una mezz’ora circa, si osserva la “divinità solare” che si manifesta e benedice simbolicamente il raccolto del grano.
È simbolico come la precisione dell’inclinazione del riflesso porti alla manifestazione proprio sul dodicesimo anello.

In base a questo, ho fatto delle considerazioni più approfondite.
Questa data, il 21 aprile, si riferisce al ciclo vegetativo del grano e che verosimilmente, segnava anche l’inizio del calendario nuragico.
Anche la Pasqua ebraica coincide con la maturazione del grano. Infatti nel primo giorno della settimana dopo la Passione, deve essere celebrato il rito dell’offerta del grano.
Il primo mese dell’anno in ebraico era chiamato “Abib”, che significa “spiga”.
In sardo aprile si dice “abrili”/arbili”, che a sua volta deriva dal nome della dea etrusca Aprul.
Abrili (aprile in sardo) /Abib (spiga in ebraico)
Due nomi molto simili foneticamente. Ho già parlato, nel mio precedente post, di quanto fosse importante la simbologia della “Spiga/grano” per gli antichi sardi.
“Su trigu” (il grano) parola che aveva, e ha, una valenza simbolica di abbondanza, esplicata poi architettonicamente nella costruzione spiralizzata dei nuraghe, sia anche a livello vibrazionale lessicale, perché la desinenza “-gu” della parola ” trigu”, la troviamo anche in Nuragu, dove “gu”, indicava in sanscrito sia “oscurità”, che “suono vibrazione gutturale”, un misto di muggito e canto insieme. lo stesso dei canti a Tenores sardi, impostati sulla sacra frequenza dell’Om, che rappresenta il Mantra della creazione.
Canto a Tenores, che nella sua forma primordiale serviva, secondo me, per celebrare l’edificazione del Nuraghi dedicata alla maturazione e raccolta “de su trigu”, ed esemplificata in una architettura fallica e maestosa verso il dio Toro/Sole.
Archittetura spiralizzata, con un modulo a spiga e a forma conica come recettore di energia, e usando, per la comunicazione tra Nuraghi, dei canali vibrazionali vocali e sonori differenti, a seconda della posizione, in modo da essere geo-localizzati in modo inequivocabile.
Tra nuraghi comunicavano sicuramente attraverso il suono, e attraverso lo stesso suono, catalizzavano l’energia.
Ma non è questo aspetto che vorrei approfondire.

Detto ciò, e visto che i nuraghi verosimilmente potrebbero essere stati edificati proprio nel mese di aprile, (abrili), nel mese della Spiga, è verosimile che anche i Pozzi sacri e in particolare il pozzo di Santa Cristina sia stato edificato per celebrare il 21 aprile, giorno in cui si verifica quella ierofania di luce riflessa proprio nel dodicesimo cerchio, nel cerchio più spesso.
I sardi erano legati in modo ben preciso al moto solare, e questo si vede dalle straordinarie architetture di luce, presenti anche all’interno dei Nuraghi e delle Domus de Janas, e dalla complessa architettura delle Tombe dei Giganti, che usufruivano dell’ energia solare, taumaturgica e alchemizzante proprio all’ Azimut del sole, alle dodici.
Essendo molto diffusa la devozione alla divinità del Toro/ dio sole, legato alla fertilità, e che rappresenta la stessa fecondità nella sua polarità uterina/Taurino (la protome taurina stilizzata, sembra un utero femminile), appare chiaro che ogni manifestazione cerimoniosa, legata alle mirabili architetture che rivelano incantevoli ierofanie luminose, fosse legata al sole nella sua massima espressione.

Tutte le strutture architettoniche della Sardegna in pietra, rappresentano sempre la sinergia delle potenza femminile e maschile che si incontrano per creare.
Per creare un raccolto abbondante, per convogliare l’energia solare in energia produttiva, per soddisfare le esigenze della comunità.
Per onorare le Sacre Divinità naturali, terra, sole, acqua.
Maschile e femminile sempre uniti.
Non esiste manifestazione artistica e architettonica, che non esprima questa complementarietà energetica.
E parlando nello specifico del Pozzo Sacro di Santa Cristina, abbiamo un elemento maschile di luce del sole, che penetra nell’umido ambiente ipogeico della Madre Terra e crea simbolicamente, ma anche realmente, una ierofania di luce dorata e vibrante sul dodicesimo anello il più spesso rispetto agli altri 23.
Perché proprio Il dodicesimo anello?
Il 12 è un numero molto importante. È un numero sacro.
Sul 12 si è scandita tutta la misurazione del tempo, degli eventi.
12 ore, 12 meridiani, 12 mesi.
E poi ancora a livello sacro, le 12 porte della Gerusalemme Celeste, i 12 apostoli, le 12 tribù di Israele, i 12 cavalieri della tavola rotonda, e via dicendo.

Nei Sacri Archetipi ebraici, il 12 corrisponde alla lettera Lamed, con funzione “misura”. Quindi rappresenta il calcolo, la misura.
Come se il momento esatto di quella ierofania dorata sul dodicesimo cerchio, indicasse proprio un parametro, sia per il raccolto, ma anche per un qualcosa di molto più elevato.
La Lamed, nella sua forma, ricorda molto l’ureo egizio, che ornava la fronte dei Faraoni, e indicava il potere amplificato verso poteri divini, l’apertura del terzo occhio, l’estensione intorno e verso l’alto, pur mantenendo la stessa forma.
Iside era rappresentata come la signora Cobra, o meglio, “Cob-ra” (Ra significa Dio del Sole).
La più alta forma di energia del serpente è la “saggezza”. Il Cobra rappresenta il Basso Egitto e la mente subconscia, l’espansione della psiche e una coscienza elevata. Ulteriore iniziazione del Cobra è quella all’energia del Serpente con due teste, di cui l’altra è quella di Nepthys.
Il Serpente Ureo quindi era il simbolo della Divinità.

La Lamed è rappresentata dal dodecaedro, la forma che fa parte solidi platonici della geometria sacra, e rappresenta l’universo, il punto terminale delle geometrie
La Lamed, il 12, è limite, la misura dell’universo. Subito dopo c’è la sfera.
Il dodecaedro stellato, in particolare, rappresenta la merkaba, quella dimensione di coscienza che consente di viaggiare ad un’altra dimensione, un veicolo in grado di elevarsi in dimensioni ad un’ottava Superiore, un portale per l’ascensione dell’essere.
Ho scritto nel mio precedente post, come i 24 gradini che portano al bacile della Tholos, rappresentino l’ascesa, prima in verticale come gerarchizzazione egoica, poi la discesa dell’uomo all’interno di se stesso, in umiltà e accoglienza.

24 gradini per scendere nel grembo di se stessi.
E 12 gradini per risalirne trasformati.
Infatti il 12 è composto da “1 + 2” e rappresenta il ternario divino, nella sua riduzione teosofica.
A 12 anni si facevano anche tutti i riti iniziatici nelle culture antiche di passaggio verso un’età adulta, che si lasciava le spalle la fanciullezza.
Il 12 si ottiene anche moltiplicando il 3 per il 4.
12 come i gradini virtuali superiori di risalita. Si risale divinizzati.
E la ierofania solare proprio sul dodicesimo anello lo dimostra.
Si scende percorrendo 24 gradini.
24 come somma teosofica fa 6.
Il “6” è l’unione degli opposti. Il Maschile e il Femminile. La Co-creazione. “Gli Amanti” degli Arcani Maggiori.
Su questo “12”, e sull’ importanza che avesse per i Sardi nuragici e prenuragici, si sono soffermati anche alcuni studiosi, (come il prof. Gigi Sanna) in particolare su questa formula santificante del nome di Dio, “Santu Doxi”, ” Santo Dodici”
Il che è perfettamente consono, dal mio punto di vista, visto che la numerazione nuragica era sessagesimale, cioè in base 12, al considerare il 12 e i suoi multipli (come i gradini del Pozzo, 24 e 12) come simboli portatori di sacralità.
Dodici che è un perfetto equilibrio di riduzione teosofica (1 + 3) e di materia (4) che si unisce al divino (3)
È tutto un richiamo finissimo ed estremamente equilibrato, alla complementarietà degli opposti.
Alla sinergia creatrice energeticamente, verso la quale gli antichi erano estremamente attenti e devoti.

Ne “I Ching”, l’elemento acqua è simbolo di trasformazione ed è la Suprema legge del cosmo perché è fluido. È diverso dalla stabilità della terra, dal concetto tutto occidentale di stabilità.
Il Tao stesso rappresenta questo principio acquatico di incontro fluido senza mai fusione.
L’acqua è pura, semplice, veritiera.
Ha una simbologia iniziatica esplicata anche attraverso il battesimo.
Acqua e Pozzo intimamente connessi.

Ho cercato l’etimologia di “pozzo”.
Deriva dal latino “puteus”, con radice indoeuropea “put”, che significa procreare.
Questo significato è rimasto anche nell’ inglese “to put”, che significa “mettere qualcosa in un’altra” (perché, come dico sempre, le lingue sono tutte collegate, nella loro valenza simbolica, che spessissimo si esplica anche in assonanza grafica e fonetica, anche su lingue molto distanti cronologicamente e geograficamente).
“Put” quindi, che significa “generare procreare”, ha la stessa radice di “puta”, che in latino significava “fanciulla”, da cui deriva la parola “puttana” (il significante si è involgarito nel corso del tempo, come è successo per altre parole).
Quindi “puteus”, con radice “put”, “puta” (fanciulla pura) e poi ancora “puteal”,
“Puteal”, che significa un qualcosa che protegge e recinta le zone sacre, da cui deriva “putei”.
I “putei” erano le scavature rotonde usate per conservare il grano.
Quindi pozzo come simbologia di purezza, come una fanciulla bambina, e anche con il significato di ” procreazione”.

Ma perché creare architetture così maestose e precise, ricche di simbologie ed i simboli svelati e arrivati solo in precise condizioni, e non sacralizzare direttamente una sorgente, una grotta o una cascata?
Perché il simbolo si deve sempre rivelare nella sua completezza carica di tutti i significanti che lo hanno composto nel corso del tempo.
Si rivela a chi è pronto a vedere.
È questo il misticismo dei luoghi Sacri della Sardegna.

La risposta potrebbe essere proprio in quel numero 12, nella sua Valenza simbolica, numerologica.
Il 12, dove si sviluppa come in una proiezione, la magia del riflesso, la manifestazione, la creatura dorata nata dall’incontro tra Sole e acqua, tra maschile e femminile.
L’acqua fecondata.
L’ acqua che è un elemento buio come un utero materno, ma nel contempo, pura e cristallina.
Ha già in sé, entrambi gli opposti, maschile e femminile, perché non è un elemento originario, nonostante il suo valore simbolico archetipale.
Esotericamente i numeri sono qualità primarie che manifestano i misteri della creazione.
Dove l’Uno, l’origine, si dualizza per entrare nella materia, e tramite la sinergia degli Opposti, crea la Vita, in un moto spiraliforme perenne.
Ecco perché l’acqua, nei simboli universali, è rappresentata dal triangolo.
Le molecole d’ acqua si legano tra loro in numero minimo di 6, il numero della creazione, dando origine alla goccia d’acqua.
Tutti questi numeri sono legati e indicano la simbologia della Vita, numeri presenti nel pozzo di Santa Cristina.
Vita che si manifesta nel 4 della materia.

Acqua e Pozzo dove si scende per incontrare se stessi e la propria ombra, per risalire poi verso la conoscenza, verso l’alto.
24 gradini per scendere e 12 gradini per risalire, e acquisire, dopo la trasformazione, la vera conoscenza, la consapevolezza divina dei 12 gradini divini (1 +2= 3, il Divino).
Dentro il vaso, l’anfora, la tholos, il grembo, l’acqua uterina, dentro la Vita stessa.
Dove si sottolinea il potere trasformatore dell’energia femminile, fucina alchemica, che trasforma generando la vita.
L’uscita dal “pozzo /utero” è possibile solo se ci si eleva spiritualmente verso il divino.
È un passaggio di stato, è un parametro (ricordo che l’Archetipo Lamed, quello che simboleggia il 12, significa misura, parametro).
È il “dunque”, è mettere a prova la propria forza. La misura del nostro essere umani di ascendere verso il divino.
Una prova iniziatica per passare dal piano ordinario a quello sacro.

La perfezione in terra è rappresentata dal sole al suo Zenit, a mezzogiorno, alle 12. Lo sapevano bene anche i costruttori delle Tombe dei Giganti, con la precisa architettura dell’Esedra con la Stele centrale che catalizzava il calore del Sole alle 12:00.
Momento mistico che enfatizza l’incontro di due elementi.
La Grande Opera alchemica di trasformazione è simboleggiata da un triangolo rovesciato (elemento acqua) sormontato da una croce (unione degli opposti)
L’ascensione, l’archetipo della autorealizzazione, rappresentato anche dalla Runa Celtica Mannaz ( ricordiamo che i sardi ebbero molti contatti con il mondo celtico) che rappresenta la struttura Divina dell’uomo, l’attivazione del proprio Christus interiore, depositario di tutti i misteri della vita.
Il nome Cristina ricorda il Cristo, una chiesa edificata 2.200 anni dopo il pozzo, nel 1200 d. C.
È semplicistico, secondo me, come afferma l’Angei, dire che il pozzo aveva una valenza battesimale che poi è diventata cristiana, enfatizzata dall’ uso dell’olio, sulla superficie dell’acqua, sia per “unzione” purificatrice e battesimale” (ricordiamo che Cristo in greco significa “unto”), sia per amplificare l’effetto magnificente e beneaugurale della ierofania riflessa.

Ho provato a sovrapporre due immagini, e i risultati sono stati sbalorditivi.
Ho sovrapposto l’immagine della piantina del Pozzo di Santa Cristina, con il simbolo antichissimo della Vesica Piscis.
Il simbolo della Vesica Piscis è un simbolo di epoca antichissima.
Simbolo che era diffuso in India, nell’Antica Mesopotamia, in Africa, nella civiltà asiatica.
Si chiama così perché somiglia alla vescica natatoria dei pesci.
Si diffonde soprattutto in ambito Cristiano in associazione alla figura del Cristo, il cui nome ” ICHTYS”, era una traslitterazione in caratteri latini dalla parola “pesce”.
Un acronimo, usato per indicare Gesù Cristo, una sorta di codice di riconoscimento tra cristiani.
“Pesce” in senso simbolico e salvifico di profonda verità nascosta nell’acqua.

Il pozzo di Santa Cristina rappresenta il maschile e il femminile, il Sole che si unisce all’acqua, la Sacra Coppa uterina, che accoglie sia l’acqua che il Sole che la feconda.
Acqua e Sole.
Due elementi fondamentali per garantire un buon raccolto di grano, così fondamentale per la loro sopravvivenza.
E visto che in Sardegna vi era anche il culto di Demetra, la Dea del grano, del buon raccolto, è molto probabile che nello specifico si idolatrasse la figlia Cora, o Kore, che era venerata in due modi, come fanciulla, o Kore (che significa ‘giovinetta’) e come regina degli Inferi. Kore era una giovane dea slanciata e bellissima, associata ai simboli della fertilità: il melograno, il grano, i cereali e il narciso, il fiore che la adescò. Come regina degli Inferi, chiamata invece Persefone, è una donna matura, che regna sulle anime dei morti, guida i viventi nel regno dei morti.
Dico ” è probabile, perché vi è una strana assonanza tra la parola” cuore /core/coru” in sardo, e la parola “Cora/ Kore”.
Kore dea del grano. E il grano, era cuore dell’economia di quel periodo.
Il grano, la cui conformazione a spiga spiralizzata la si nota anche nella perfezione architettonica dei Nuraghi.
Kore che, sotto forma di Persefone, signora dei morti ciclicamente deve discendere negli inferi, morire come vergine e trasformarsi in madre che genera il suo figlio luminoso. Così come accade alla luna, che periodicamente diventa nera e rinasce dopo l’unione con il sole, così Kore – Persefone, discendendo negli inferi e congiungendosi con Ade rigenera il cosmo e consente alla natura di rinascere (simbolismo dell’eterno ciclo vita- morte).

Gli antichi sardi erano degli alchimisti, sapevano bene come gestire l’energia dei quattro elementi della natura, e attraverso essi, attivare il quinto, la connessione con il divino.
Assecondavano le forze della natura per trovare il maggior beneficio in termini energetici.
Avevano capito l’importanza della trasformazione, della sacralità acquisita attraverso un passaggio di consapevolezza.
Di nuovo sapere che si esplica attraverso delle ritualità che onorano Madre Terra per un buon raccolto, onorando l’acqua come elemento ricettivo e creativo di vita e il Sacro “Sole/Toro/utero” (la protome bovina sembra un utero stilizzato, una perfetta unione degli opposti).
Sinergia degli opposti che si incontra in una ciclicità continua per dare origine a nuova energia e a nuove occasioni di consapevolezza e di crescita.

Per questo non credo che si officiasse questo rituale anche con l’olio, abitualmente, all’interno del Pozzo.
Bastava la sinergia dell’acqua cristallina e del Sole. Si sarebbe sporcata troppo anche con l’olio.
O forse veniva usato come elemento protettivo e sigillante in caso il raccolto si prospettasse, per il parametro del 21 aprile, scarso, o non ancora avviato ad una buona maturazione.
Su questo sarei molto propensa a crederlo, visto che l’antico rituale della “mescina de s’ogu” (la medicina dell’ occhio per scacciare il malocchio), si fa con l’ acqua e l’olio, oppure con l’acqua e il grano.
Antichi saperi, che racchiudono delle intere galassie, nelle quali non si finisce mai di imparare qualcosa e di stupirsi di Incanto.

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Rivista Il Destrutturalismo

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DESTRUTTURALISMO Punti salienti

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