Oracolo, profeta, era moderna

Oracolo, profeta, era moderna

Oracolo, profeta, era moderna

Il destino degli oracoli

Il muro, credit Mary Blindflowers©

 

Angelo Giubileo©

Il destino degli oracoli e dei falsi profeti

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Quale differenza passa tra la funzione di un oracolo e quella di un profeta? Predire il destino è la funzione e certamente il ruolo più difficile da interpretare. Agognato da tutti, perché appartenuto nel tempo a sciamani, sacerdoti, pontefici e innanzitutto re; in definitiva a coloro che potremmo chiamare signori del tempo o più propriamente signori del calendario.

Nell’antichità, il tempo apparteneva agli oracoli; che cercavano d’interpretare il destino, con saggezza, attraverso resoconti di dubbi e incertezze. Plutarco si lamenta, a suo dire, che il tempo degli oracoli sia finito o volga decisamente al termine in corrispondenza di ciò che molti commentatori successivi hanno interpretato come la fine della cultura e della civiltà greca. Ma: una cultura e una civiltà – e in particolare una come quella greco-ellenistica che in un tempo determinato ha “conquistato” quello che si supponeva l’intero mondo conosciuto, ma non esistente – possono davvero finire? E: se proprio volgono al termine e periscono, quale ne sarebbe la causa?

Plutarco – in qualità di sommo letterato, esperto conoscitore delle diverse tradizioni del primo secolo dell’era moderna da lui vissuta, e sacerdote di Delfi – commenta con ansia e sgomento l’era della fine degli oracoli, sostenendo che una nuova era si apre in cui gli uomini, invece di interrogarsi sul destino proprio e altrui, si affidano e si affideranno a profeti non più interpreti di dubbi, bensì messaggeri di verità e certezze. Così che il figlio di Ermes, chiamato Pan, avrebbe diciamo piuttosto disconosciuto la propria origine materna: Penelope, madre, intenta giorno e notte a fare e disfare la tela, sempre incerta sul proprio destino e avvenire.

Se esiste una differenza tra antichità e modernità, questa dovrebbe essere così segnata: da un destino incerto a un fato certo – che nel frattempo prendeva forma, prima del tempo di Plutarco, mediante le teorie: platonico-pitagorica, epicurea e infine stoica. I profeti della modernità hanno abbracciato in venti secoli numerose fedi. Ma è esistito un tempo, quello dell’inizio, in cui molte di queste diverse fedi vivevano in modo che nessuna prevaricasse sull’altra. Attraverso anche scontri di idee e talvolta guerre di re e sovrani, fedi come il buddhismo, lo zoroastrismo, il giudaismo, il cristianesimo e l’islamismo hanno convissuto per quasi nove secoli, prima che in Occidente s’imponesse l’idea del Sacro Romano Impero.

L’idea cioè che il mondo intero – quello dapprima abitato e poi conquistato alla nuova fede – potesse essere governato da un Unico Signore. Non che si trattasse, però, di un’idea nuova. Ad esempio, già nell’antica Cina feudale della prima dinastia dei Hia, il sovrano era posto a capo delle nove province (nove soli) della Cina (il mondo intero), presiedeva al tempo organizzando il calendario e quindi l’attività dei sudditi sull’intero territorio, e governava dal centro, come decimo sole, l’intero territorio diviso in quattro province site ai quattro orienti del nord, sud, est e ovest. E dunque, anche per quanto concerne l’Idea della modernità: niente di nuovo sotto il Sole!

Di guisa che, in tal senso, la storia continua e – come recita un antichissimo proverbio, colmo della saggezza degli antichi oracoli: munnu ha statu e munnu è. Una saggezza, come quella della sciabbica siciliana, che da tempo immemorabile appartiene alla tradizione popolare, al volgo, ai barbari, alle classi non elitarie, agli intellettuali non-organici al sistema, ai destrutturalisti. E non invece all’élite di potere che, schiava della propria Idea, insegue il destino proprio e altrui fidando di poterlo controllare una volta per sempre. Poveri illusi! Vero è, avrebbe ribadito Plutarco, che, in futuro, dove non avrebbe prevalso il baratro dell’ateismo avrebbe dominato la superstizione. O entrambe le cose. Come nel caso del fondatore del quotidiano la Repubblica, Eugenio Scalfari. Sembra passata un’era, da quando, egli sbandierava ai quattro orienti del cosmo la sua indomita laicità, ma meglio sarebbe dire, con Plutarco, il suo ateismo. Oggi, nella sua tarda modernità, egli annuncia che: Non era mai accaduto che la religiosità d’un Papa cattolico fosse estesa a tutte le religioni del mondo unificate. Sarebbe un fatto nuovo e in qualche modo rivoluzionario. La religione unificata domina il mondo e chi crede in un unico aldilà. In vero: trattasi di una forma evidente e alquanto ingenua di superstizione, così l’avrebbe definita saggiamente Plutarco. Il giornalista, forse emerito (?), nel suo delirio di superstizione, ci mostra senz’alcun dubbio la causa che muove la fine del tempo degli oracoli, tempo che – come ci ricorda il Qoelet – governa ogni cosa e, alla morte di ogni cosa, puntualmente ritorna alla cosa che precede. Altro che fatto nuovo e rivoluzionario, annunciato dal falso e cattivo profeta; qui siamo tutti di fronte a una semplice e banale menzogna, che tuttavia dice moltissimo: a) la religione unificata domina il mondo. Falso; b) la religione unificata domina chi crede in un unico aldilà. Questa è l’Idea, questo è il Progetto, ma la realtà è diversa e dice altro.

Per quasi due millenni, l’Occidente cristiano ha propagandato una falsa idea di Dio e del divino. Nonostante la diversità di nomi, da molti millenni ancor prima corrispondenti alle divinità delle diverse tradizioni culturali dell’antichità, allorquando parlano e scrivono di dio, Plutarco assevera: “però tutti si riferiscono a una sola ragione prima, quella che ha dato ordine a questo mondo, e a una sola provvidenza che lo dirige” (De Iside et Osiride, 67). Ma, a evitare fraintendimenti e malintesi, qual è la natura di questo Dio comune a tutti? La descrizione, a causa dei falsi e cattivi profeti, è spesso sfuggita e sfugge al nostro discernimento. In vero: “(essa) si compone di tre parti, ossia il principio intellegibile, la materia, e il risultato della loro unione, che i Greci chiamano cosmo. Platone usa definire il principio intellegibile con i termini idea, modello e padre; la materia con i termini madre, nutrice, sede e anche luogo di nascita; e il risultato della loro unione con i termini di prole e creazione” (Ibidem, 56).

Munnu ha statu e munnu è. Non lasciatevi ingannare!

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Rivista Il Destrutturalismo

Video – The Black Star of Mu

DESTRUTTURALISMO Punti salienti

 

Comment (1)

  1. giancarlo rosati

    molto interessante questo di un Dio è un potere superiore a ogni potere inculcando a volte idee balorde comunque cerano ci sono e ci saranno sempre l’uomo debole ha bisogno di credere

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