San Carlo Borromeo, agiografie

San Carlo Borromeo, agiografie

San Carlo Borromeo, agiografie

 

San Carlo Borromeo, agiografie

Compendio della vita, miracoli, e canonizzazione di S. Carlo Borromeo, 1751, credit Antiche Curiosità©

 

Mary Blindflowers©

San Carlo Borromeo, agiografie

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Il genere agiografico antico dovrebbe a buon diritto essere incluso nella letteratura comica. Gli stessi libri umoristici spesso non riescono a raggiungere le vette della comicità che toccano involontariamente le vite dei santi.

Compendio della vita, miracoli, e canonizzazione di S. Carlo Borromeo, Cardinale del Tit. di S. Prassede, Arcivescovo di Milano, Ascritto al Catalogo de’ santi dal sommo Pontefice Paolo Quinto, Cavato fedelmente da’ Processi autentici di questa Cauda da Monsignor Francesco Penia, Decano della Sacra Rota Romana. Furonvi aggiunte in questa nuova edizione le Memorie istoriche delle tre solenni Traslazioni del di lui Venerabile Corpo. In Milano, 1751, nella Stamperia della Biblioteca Ambrosiana appresso Giuseppe Marelli con Licenza de’ Superiori.
Questo è quanto si legge nel frontespizio di una settecentina sulla vita di San Carlo Borromeo, uno dei santi più misogini e probabilmente psicologicamente disturbati di tutta la storia della Chiesa Cattolica Romana. Convinto sostenitore dell’esistenza delle streghe e della necessità di velare le donne, nonché di perseguitare gli eretici e le loro pubblicazioni, venne fatto santo da Paolo Quinto, un altro meraviglioso esemplare dell’intolleranza religiosa.

La biografia scritta da Francesco Penia ha uno scopo ben preciso, come del resto tutte le biografie dei santi, ossia convincere il lettore con argomentazioni ridicole e favolistiche, della necessità di chiamare santo un uomo sulla cui salute mentale si può oggi tranquillamente dubitare. La spiccata sessuofobia del santo che lo spingeva a non voler rivolgere nemmeno la parola a nessuna donna, usando perfino eufemismi per definire cose poco complicate dal pudore, viene definita nel testo “castità” e “purità di vita”, laddove oggi si consiglierebbe una visita urgente da un terapeuta:

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Sebbene egli con esquisita diligenza cercava d’esercitarsi in ogni virtù, pareva però che mettesse maggior cura nella custodia della castità, come virtù forse più pericolosa di perdersi d’ogn’altra, e più necessaria al Vescovo, avendo in sommo aborrimento il vizio contrario, e fuggendone tutte l’occasioni con sì gran studio, che i suoi più intimi familiari, e quelli, che furono testimonj oculati di tutta la vita sua, lo tenevano, e predicavano per castissimo. La qual custodia servò non solamente nel fragil tempo della gioventù sua, ed in Roma massime, leggendosi ne’ Processi della sua Canonizzazione, che quando era invitato a qualche luogo, che fosse sospetto di peccare, fuggiva tal occasione, ritirandosi a S. Silvestro presso i Padri Teatini: ma similmente in tutto il restante della vita sua, non volendo parlar mai con donna alcuna, ancorché gli fosse stretta parente, se non vi erano persone gravi presenti: ed era tanto circospetto nel suo parlare, che si guardava di non proferir parola veruna, che non rendesse buon odore di virtù; essendo solito di usare circonluzioni quando gli occorreva trattare necessariamente di materia poco pudica, schifando i vocaboli proprj, per non imbrattarsi né anche la bocca con essi; onde si vedeva, ch’egli spirava d’ogni intorno soavissimo odore d’indicibile purità.

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Il testo del Penia, dopo aver descritto la personalità e la nascita del santo, si dedica alla miracolistica, sfoderando tutto il repertorio classico della stessa: guarigioni miracolose durante la vita del santo ma anche dopo la sua morte. Ecco dunque una carrellata da film horror di tutti i mali possibili e immaginari di cui possono soffrire gli esseri umani: dal flusso di sangue dal naso, all’idropisia; dalla perdita della vista, alla possessione; dai tumori in ogni parte del corpo, al braccio infermo; dalla febbre, al vaiolo; dai piedi storpiati, alla cecità; dal mal della pietra, alla paralisi; dalle interiora che escono addirittura dal ginocchio fino alla più comune gotta, etc. etc.
Si incoraggia la superstizione del volgo e la tradizione degli ex-voto, sostenendo che anche dopo la morte i santi operano veri miracoli. Si invita il lettore a credere nel valore terapeutico di preghiere e reliquie, quelle reliquie che Boccaccio fin dal Medioevo, nel suo Decamerone, parodizzava come sintomo di ignoranza e credulità popolare.
Ecco dunque il Penia che sfodera la calzetta del santo, la sua veste, la sua immagine, una sua lettera, una sua camicia, la sua “mozzetta”, un suo fazzoletto, un suo giubbone, una sua berretta, etc. etc. tutte cose che come la penna dell’angelo Gabriele del mitico frate Cipolla, guariscono chi ha fede in men che non si dica, basta solo toccare o mettersi addosso uno di questi oggetti e il miracolo è servito.
Veramente sembra di leggere un libro di barzellette.
Il testo poi descrive la cerimonia della canonizzazione e le tre traslazioni del santo che attiravano grande concorso di folla, trionfo ed apoteosi di ciò che oggi comunemente si chiama manipolazione di massa.

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