Misoginia, Strindberg, Nietzsche, Z.

Misoginia, Strindberg, Nietzsche, Z.

Misoginia, Strindberg, Nietzsche, Z.

Misoginia, Strindberg, Nietzsche, Z.

The misogynist, mixed media on canvas by Mary Blindflowers©

 

Mary Blindflowers©

Un vile articolista misogino

 

Un articolista a firma Z. in Natura ed Arte, Rassegna Quindicinale Illustrata Italiana e Straniera di Scienze, Lettere ed Arti, 1894-95, fasc. XVII, espone in un articolo intitolato Rassegna drammatica, le sue teorie misogine. A sostegno delle sue elucubranti teorie sull’inferiorità del gentil sesso, cita Strindberg:

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… la cosiddetta emancipazione della donna a quanta materia di riso non si presterebbe? Strindberg – che è l’Ibsen della Svezia – ha combattuto questa frenesia che conduce a «un osceno ermafroditismo», in più lavori, anche drammatici; p. es. nella sua tragedia, «Padre»; ma al nord intendono l’arte e la satira diversamente da noi. Strindberg è implacabile verso la pretesa «contraria all’ordine naturale» di elevare la donna al livello e magari al di sopra dell’uomo. Nella Prefazione a quella strana sua tragedia in un atto e in prosa, «La Signorina Giulia», egli scrive: «In ogni tempo ci sono state delle mezze-donne, delle odiatrici dell’uomo, ma è a’ giorni nostri che s’è scoperto questo carattere, che lo si è posto in evidenza e che divenne inquietante. La mezza-donna oggi vive per il dominio, per le decorazioni, le distinzioni e i diplomi, come prima viveva per denaro. Ma non è una specie buona, e non vivrà; disgraziatamente si propagherà ancora per una generazione. Degli uomini degenerati scelgono – sembra inconsciamente – la loro compagna fra queste mezze-donne, che poi danno vita a degli esseri senza sesso deciso, pei quali il vivere è un supplizio; ma per fortuna periranno, sia perché non sono in armonia con la realtà, sia perché i loro istinti compressi scoppieranno irresistibilmente, sia perché spereranno invano di elevarsi fino all’uomo».

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Dopo aver scomodato la misoginia di Strindberg, il coraggiosissimo Z. che non ha nemmeno il coraggio di firmarsi per esteso, riesuma il superomismo nietzschiano, definendo l’emancipazione della donna un’utopia che potrebbe offrire soggetti comici per il teatro. In buona sostanza Z. trova il tema della dignità della donna, ridicolo, adatto a far ridere gli spettatori, una sorta di barzelletta di impossibile realizzazione, esplicitando una concezione malata del ruolo femminile:

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Certo, fra noi l’utopia dell’emancipazione non è giunta tanto innanzi; anzi sono rare eccezioni le donne che siano malcontente del posto eminente al quale il nostro culto per la grazia e la bellezza le ha innalzate. Esse sanno perfettamente quanto sia grande l’impero che esercitano con le loro attrattive, sulle nostre idealità e sulle nostre debolezze; e non vogliono perderlo. Si direbbe che ben più alle meridionali che alle nordiche si attagli la sentenza di Nietzsche: «Una prova sorprendente della superiorità intellettuale della donna è quella che ella ha sempre saputo farsi mantenere dall’uomo. Sotto pretesto di abbandonargli il comando, essa gli lascia la fatica e la responsabilità».
Ma se la famosa utopia è tra noi ancora molto in arretrato, può tuttavia offrire dei soggetti comici per la specialità delle mezze-donne che la coltivano, pei segreti moventi che le agitano e le mete alle quali aspirano.

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Un articolo disgustoso scritto da un soggetto che nemmeno si firma. Aveva forse paura della replica delle donne?
Questo articolo sulla cui lungimiranza oggi le donne possono tranquillamente ridere, fa riflettere su alcune cose importanti. Primo, il valore del citazionismo e dell’estrapolazione che sono tanto cari ancora oggi agli scrittori e recensionisti contemporanei, i quali, incapaci di ragionamento autonomo e dialettico, per avvalorare qualsiasi sballata e fumosa scempiaggine, citano ossessivamente, come se una stupidaggine detta da un nome noto possa diventare automaticamente e solo in virtù del nome, una sentenza salomonica che illumini il mondo d’immenso. Notorietà non è affatto sinonimo di saggezza. Secondo, le elucubrazioni di Z. ci fanno capire perché ancora oggi le donne hanno più difficoltà degli uomini ad affermarsi in ogni campo, dato che ancora oggi il cancro della misoginia non è stato estirpato. Z infatti non scrive nel Medioevo ma a fine Ottocento, quando ancora le donne desiderose di ottenere parità di diritti con l’uomo venivano chiamate mezze-donne perché osavano ribellarsi al ruolo di belle statuine imposto loro dall’uomo.
Inoltre la citazione della frase di Nietzsche appare ridicolissima e del tutto inappropriata, dato che c’è ampia letteratura sull’importante ruolo delle donne nel lavoro, sia nelle città industrializzate che nelle campagne dai primi decenni dell’Unità d’Italia fino al Novecento. Le donne lavoravano, eccome, anzi in molte fabbriche il numero delle donne lavoratrici, superava quello degli uomini, ma ricevevano la metà dello stipendio di un uomo.
Z. avrebbe dovuto informarsi meglio e forse anche l’editore, Vallardi, che gli ha pubblicato un articolo così ridicolo. Del resto, ancora oggi non mancano giornalisti di terza categoria che sostengono che una delle cause della decadenza della società italiana sia l’istruzione delle donne. La stupidità è evergreen.

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Video – The Black Star of Mu

DESTRUTTURALISMO Punti salienti

Rivista Il Destrutturalismo

 

 

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