Gerarchia letteraria, Italia immobile

Gerarchia letteraria, Italia immobile

Gerarchia letteraria, Italia immobile

Gerarchia letteraria, Italia immobile

Riflessioni, credit Mary Blindflowers©

 

Anna Maria Dall’Olio©

Il canone letterario e lo scrittore

In ogni nazione vige il canone, ossia la gerarchia letteraria che stabilisce il pantheon degli scrittori nazionali: in pratica, “chi” seguire e “che cosa” scrivere. Di conseguenza, il canone riflette l’ethos dell’epoca: quando cambia l’ethos, si esaltano nuovi scrittori, mentre altri, precedentemente osannati, vengono accantonati se non dimenticati. Tanto più la società è giovane e dinamica, tanto più velocemente muta l’ethos e i migliori scrittori riescono a inserirsi ancora in vita nell’Olimpo letterario (come Joyce Carol Oates negli Stati Uniti).

Esaminiamo il caso dell’Italia.

È uno Stato che non ha mai conosciuto una vera rivoluzione che abbia reciso i legami col passato: la politica e la società con i loro nepotismi sono vecchie e stantie. Non esiste un solo settore della società che non abbia nostalgie post-medievali e monarchiche. Quindi, l’Italia è chiusa e immobile.
Società conservatrici come quella italiana mutano l’ethos ogni 50 anni come minimo e, da questo punto di vista, sono sfasate anche rispetto a quello occidentale: a scuola perdurano i modelli De Amicis, Carducci, Manzoni, ecc., mentre sarebbe il momento di proporre un canone letterario prossimo ai nostri tempi. Si dovrebbero insegnare (oppure affrontare con maggiore profondità) autori come Giorgio Manganelli per l’introduzione di tecniche narrative come il dialogo puro nei racconti; Giuseppe Berto per l’innovazione degli studi degli stati psichici; Lucio Mastronardi, che tratta criticamente la trasformazione di una zona agricola in una città industriale dal periodo fascista alla fine degli anni ‘70; Pierpaolo Pasolini per l’impegno civile; Primo Levi, convinto che l’uomo diventa ciò che ha vissuto; Pier Vittorio Tondelli per il coraggioso ritratto della periferia degradata bolognese degli anni ’80 e tanti altri scrittori anche dimenticati.
L’ethos conservatore impantana l’immenso potenziale creativo dell’Italia dalla fine anni ’70 (inizio anni ’80). Infatti, da tempo nel panorama della letteratura italiana si è perso il senso della realtà: si continua a proporre narrativa in realtà ancorata al secolo XX. Inoltre, la decadenza della società si è riflessa pure nella decadenza delle tecniche narrative: dall’inizio alla fine romanzi e racconti sono narrati allo stesso modo.
Come intervenire, allora? Un vero scrittore non deve rassegnarsi all’ottusa prospettiva del canone vigente: al contrario, deve individuare e trattare i nodi della società contemporanea. In qualunque periodo operi, infatti, chi scrive ha la responsabilità di scovare tematiche fondamentali, da cui far scaturire tematiche e stile, ritrovando emozioni di fondo, anche molto sgradevoli, ed esprimerle in un modo “giusto”. Per tali ragioni, prima di iniziare un romanzo o un racconto, è sempre bene valutare le strategie più efficaci: è facile rovinare il potenziale di un’ottima storia o di un ottimo personaggio.
Quanto alle strategie narrative, non esistono (per fortuna) regole fisse. Per esempio, la strategia vincente del primo capitolo di “Barbara”, opera del romanziere brasiliano Josè Monteiro Martins, è il punto di vista (positivo e innocente) della bambina (insidiata dallo zio pedofilo), del tutto in contrasto con la situazione shoccante descritta.
Il tempo narrativo offre diverse soluzioni. Una possibilità proviene dal flash back: l’episodio passato (o il montaggio di due o più episodi passati) illumina il presente dei personaggi. Esiste anche il flash forward (inserimento di scene future), che come l’omonima tecnica cinematografica mette in un rapporto unico e irreversibile il presente col futuro.

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