Avarizia, anticamera della cattiveria

Avarizia, anticamera della cattiveria

Avarizia, anticamera della cattiveria

 

Avarizia, anticamera della cattiveria

Avarizia, anticamera della cattiveria, credit Mary Blindflowers©

 

Mary Blindflowers©

Nemmeno una betulla. Avarizia, anticamera della cattiveria

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Nemmeno una betulla

Non senti come una corrente d’odio,
si insinua nelle interconnessioni,
nel vuoto morto delle abominevoli stagioni,
lungo gli stipiti del podio corre,
si frantuma e riproduce suoni
che sgreppiano l’arcata dei denti,
portano detriti e fango agli eccipienti.
Non è episodio preciso
ma il taglio con preavviso dall’ucciso,
un movimento a stretto abbaglio
d’antiparadiso nella disinfezione degli ori.
Lascia che ti sfiori senza morirne mai,
lascia che corra senza capirne nulla,
lascia che vada l’avaro alla Geenna,
non lo compiango.
Nemmeno una betulla, una penna
per conti da iguanodonti o i carammellai,
piangeranno per lui.

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L’avarizia come sostituto emozionale-emotivo di un vuoto affettivo. Chi è l’avaro? Un insensibile, un carnefice vittima della propria insensibilità e di una sicurezza fittizia che gli viene offerta dalla tendenza ad accumulare beni materiali di cui non riesce a privarsi nemmeno sotto tortura. L’avarizia è un peccato capitale, la lupa di Dante, quella cupidigia che gli impedisce di ascendere al colle. Gli avari, assieme ai prodighi, sono puniti nella V cornice del Purgatorio. Vengono descritti come stesi e legati a terra, costretti a rivolgere la schiena al cielo e la faccia al pavimento roccioso, perché in vita si sono interessati solo ai beni materiali (recitano il salmo Adhaesit pavimento anima mea). Con il viso rivolto a terra l’avaro accampa scuse su scuse per non cedere ciò che ritiene un bene prezioso, si sente male al solo pensiero del dono, così riciclerà il regalo che gli è stato a sua volta regalato e non ha gradito, e, nonostante magari viva assai bene perché possiede terre e beni in quantità, dirà sempre di essere indigente, di vivere con poco, di avere molte spese, tenderà a controllare tutto in modo ossessivo, sarà in genere ordinato, dato che non deve sfuggirgli nulla. L’avarizia è aridità emozionale. Anche Boccaccio che non è mai stato un censore e non punta volentieri il dito contro vizi e difetti umani, condanna l’avarizia in molte novelle del Decamerone perché è vizio simbolo di grettezza d’animo, di pochezza. L’avarizia è un “verme che non posa”, scriveva Jacopone da Todi. Aggiungerei che è l’anticamera della cattiveria.

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