Heine, copincolla, citazionismo, accademici

Heine, copincolla, citazionismo, accademici

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Heine, copincolla, citazionismo, accademici

Foglie morte, credit Mary Blindflowers©

 

Mary Blindflowers©

Heine, copincolla, citazionismo, accademici

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Il copincolla, la superfetazione dell’insulso, il loop pseudodotto e indotto dal desiderio di sfoggiare pillole di saggezza che richiede poco tempo, nessuna fatica. Una pratica a costo zero che dovrebbe illuminare con un aforismario tutte le occasioni della vita umana.
Et voilà. Una frase attribuita a Heinrich Heine copincollata per caso sui social:

Un amico mi chiese perché non si costruivano più cattedrali come le gotiche famose, e gli dissi: “gli uomini di quei tempi avevano convinzioni; noi, i moderni, non abbiamo altro che opinioni, e per elevare una cattedrale gotica ci vuole qualcosa di più che un’opinione.”

Chi  posta si guarda bene dall’indicare il testo da cui sarebbe stata estratta la citazione. Dell’indicazione del traduttore poi nemmeno a parlarne. Heine non scriveva certo in italiano, eppure nessuno si pone il problema.
Voci plaudenti, il consenso frappato e frullato ossessivamente attraverso il citazionismo a valanga, senza radici, senza storia, senza punti di riferimento essenziali. Un riduzionismo della letteratura allo slogan, alla frase ad effetto scritta dal solito noto. Basta un nome per rendere tutti felici come bambini con l’aquilone.
Perché si sa, se se uno famoso serve lo sterco su un piatto, la massa dice che è l’elaborazione creativa dello scarto sublime. Se la stessa frase la dice un pinko palla tutto minuscolo qualsiasi, la massa dirà che è merda e gli pseudointellettuali che puntano alle vendite di massa, seguiranno anch’essi la corrente. Ovviamente le frasi estrapolate dal testo non si possono commentare fuori contesto che con l’ovazione che ovula sempre nuovi germi di demenza collettiva, figlia di quel riduttivismo qualunquista, allineato e becero che vede nel dissenso sempre un problema e un fastidio. La capacità di interrogarsi e di dissentire è una spina dolorosa in un mondo in cui l’elettroencefalogramma si appiattisce sempre più, in cui trionfa un opinionismo che non ha basi d’appoggio o di verifica, in cui tutto ciò che proviene dall’ufficializzato nemmeno verificato è oro colato che non può essere sottoposto alla critica della ragione.
Ma torniamo al nostro caro Heine. Gli uomini del tempo delle cattedrali avrebbero avuto convinzioni, convictio -onis, dicevano i latini; l’opinionismo di massa sarebbe un’invenzione moderna.
Boccaccio che nel medioevo, epoca, guarda caso, delle cattedrali, sfotte la stupidità e la credulità del popolino, forse avrebbe qualcosa da obiettare. Per elevare una cattedrale gotica ci vorrebbe qualcosa di più che un’opinione, eh sì, ci vogliono i soldi, senza quelli le cattedrali non si elevavano. Le convinzioni non erano sufficienti davvero ad una chiesa che mentre il popolo moriva di fame, costruiva le bibbie per i poveri a imperitura gloria del suo potere temporale.
Insomma la frase di Heine sembrerebbe non avere alcun senso.
Ah ma il senso sarebbe che per costruire grandi imprese non basta l’opinione ma ci vuole la convinzione. Bisogna poi vedere se la convinzione, non sia poi anche e soprattutto opinione, δόξα, dicevano i greci, e quale sia il confine tra le due e chi e perché lo stabilisca.
Da qualunque parte la si giri, la citazione così, sola soletta, senza innesto nel resto di un testo, sembra infelice.
Ma da dove è stata realmente estrapolata? Chi è il traduttore? Nessuno dei citazionisti compulsivi lo precisa, non ne sente l’esigenza, forse perché vittima di una reazione a catena in cui non ci si pone mai nessuna domanda perché ciascun postante è già convinto di avere le risposte.
Solo gli sciocchi applaudono senza farsi domande, gli uomini e le donne senza qualità postano citazioni senza sapere neppure da dove provengano, senza preoccuparsi dell’attendibilità della fonte.
Questi uomini e queste donne rappresentano la felicità degli accademici che invece si citano ossessivamente e solo rigorosamente tra loro, ripetendosi spesso a loop, con precisi riferimenti bibliografici, professori che citano professori della loro stessa corrente accademica, perché all’Università si viaggia lungo correnti e sottocorrenti ascensionali che ad un certo punto, stanche di lisciarsi le gote con felici zeffiretti, si fanno la guerra tra loro e generano tempeste. Gli accademici pensano di essere uomini superiori, anche se a loro volta non sono affatto alieni da certo riduttivismo e da errori madornali. Si pensi a Branca che riduce il Decamerone a epopea di mercatanti, o alla famosa teoria del nibbio di Freud che offre ampia occasione di ridere a tutti i detrattori della psicanalisi, o all’isterismo negazionista e idiota della scienza ufficiale di fronte alla straordinaria scoperta delle grotte di Altamira; ai teologi della Sorbona che arrostivano gli umanisti perché volevano imparare il greco e l’ebraico e interpretare anche loro i testi sacri. Inoltre gli accademici, ancora oggi, non disdegnano il copincolla, soltanto che non danno in pasto ai social il maltolto, preferiscono tenerselo per sé, per acquisire crediti con i lavori altrui mentre raccomandano prole e parenti a volte più che scadenti, per la pubblicazione coi grossi editori i quali si lamentano pure che non ci sono più scrittrici. Noblesse oblige
Tra la deficienza della massa che cura senza informarsi e il circolo chiuso della casta, cosa resta?
Il controcomune buon senso degli uomini di buona volontà che non postano nulla senza prima verificare la fonte ed essere sicuri che quando attribuiscono una frase a qualcuno, questo qualcuno l’abbia mai veramente scritta.

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Rivista Il Destrutturalismo

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