Perfetto, Rabelais, Tiraqueau, misoginia

Perfetto, Rabelais, Tiraqueau, misoginia

Perfetto, Rabelais, Tiraqueau, misoginia

Gennaro Perfetto, Rabelais, Tiraqueau, misoginia

G. Perfetto, Francesco Rabelais ed i suoi tempi, Napoli, Pironti, 1927, credit Antiche Curiosità©

 

Mary Blindflowers©

Gennaro Perfetto, Rabelais, Tiraqueau, misoginia

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Gennaro Perfetto (Janunculus) è un autore di cui si parla poco. Era un medico e intellettuale di Napoli del quale le poche informazioni che si hanno sono contenute in  un articolo di Benedetto Croce ne La Critica, XIII, 1915, pp. 387-388.
Nel 1914 pubblica Le opere di Francesco Rabelais tradotte e precedute da uno studio su Rabelais: Gargantua, volume I, Pironti, Napoli, 1914.
Il libro II, Il Pantagruello vede la luce nel 1925 e il terzo libro nel 1928.
Perfetto dà anche alle stampe Francesco Rabelais ed i suoi tempi, completato con una appendice e preceduto da un giudizio critico di Benedetto Croce, Napoli, Casa Editrice Libraria Raffaele Pironti, Via Università 19, 1927, copertina morbida e pagine segnate in numeri romani. La data segnata sul frontespizio però è differente rispetto a quella scritta in copertina. All’interno infatti è scritto 1924 e si aggiunge un secondo indirizzo dell’editore, Via Maddaloni 5.
Il testo è ricco di curiosità sulla vita di Rabelais e di altri personaggi storici che gli gravitavano attorno e che hanno inciso sulla sua vita. Nonostante sia un libro corposo, scritto agli inizi del Novecento, l’autore evita lo stile ampolloso e retorico ottocentesco, per introdurre subito il lettore dentro la storia e leggenda, avvertendo che, dato che si parla di uno scrittore del Cinquecento, spesso gli avvenimenti storici sono intrisi di favole e dicerie.
Perfetto descrive un Rabelais colto ma anche “burlone e faceto”, eviscerandone il lato umano non sempre edificante da cui emerge un uomo colto ma soggetto all’errore e preda della mentalità misogina del suo tempo esplicitata nella barzelletta della moglie muta “che si trova in germe nell’Adriano di Terenzio… Ah se diventasse o costui sordo o costei muta!” Ci informa Perfetto che la storiella della donna muta si trova in una raccolta inglese di Cento Racconti allegri pubblicata nel 1526. Come viene esposta dal Rabelais, contiene molte reminiscenze della celebre farsa francese L’Avvocato Patellino (Maistre Pathelin), tant’è che Rabelais la chiama patellinata. In sintesi la storia è questa:

Un uomo sposò una donna muta e andò dal medico per vedere di riuscire a farle ottenere la favella. Il chirurgo le recise dunque un “anchiloglosso” che aveva sotto la lingua e la donna iniziò a parlare ma così tanto e tanto che il marito decise di farla ridiventare muta. Quindi si recò da un medico per ottenere questo scopo, ma il medico gli rispose che la medicina non ha facoltà di ripristinare l’antico stato della donna perché è arte che restituisce la parola, non la toglie. L’unico rimedio per far cessare il cicaleccio della moglie poteva essere la sordità del marito che mediante delle “fattucchierie” divenne così sordo. In tal modo la moglie si rese conto di parlare inutilmente dato che il marito non poteva sentirla, e andò su tutte le furie. Quando il medico domandò il compenso per i suoi servizi, l’uomo sordo come una campana, non sentì la sua richiesta, allora il medico gli sparse addosso una polvere misteriosa che lo fece divenir pazzo. Il marito pazzo e la moglie “idrofoba” decisero di allearsi e picchiare il medico e il chirurgo fino a lasciarli mezzo morti.
Dice Perfetto: “In ogni modo, sia stato o no Rabelais l’autore, egli fu certo l’attore in una farsa – una patellinata- che fece sbellicar dalle risa”.
La storiella in realtà fa rider poco o nulla la sensibilità di un lettore contemporaneo, inoltre la forte carica misogina, ce la rende pure sgradevole, ma all’epoca questo raccontino giudicato ameno, veniva considerato divertente. L’argomento è stato ripreso con varianti anche nei secoli successivi, come ci informa Perfetto:

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Questa storiella è stata argomento di una commedia di Alberto Millaud. La farsa della moglie muta secondo Rabelais (Parigi, Calmann levy, 1877), in un atto in versi sciolti, con personaggi rabelaisiani: Toccazipolo, Ulrico Galletto ed altri. Più recentemente Anatole France ha scritto lui La commedia di colui che sposò una donna muta: ma senza personaggi rabelaisiani e sopprimendo le bastonate. La pubblicò nel numero di Natale de L’Illustration del 1908, poi in un volume (Calmann levy, 1913), mettendovi per epigrafe il verso di Terenzio: “Utinam aut hic surdus aut haec muta facta fit”. Il lavoro, – non occorre dirlo – fu trovato bellissimo; ed in un’agape “pantagruellica e non altro” tenuta dai membri della Società degli Studi Rabelaisiani a Parigi, l’anno scorso, venne rappresentato, con un successo magnifico. Gabriele Gabrielli ne ha fatto una traduzione in versi italiani, che in questi ultimi giorni (novembre 1913) è stata rappresentata ed applaudita al Teatro dei Fiorentini a Napoli.

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Sulla disdicevole materia misogina trattata nella storiella, Perfetto non apre bocca, si limita a riferire i fatti come un documentarista e uno storico, ma non ha interesse ad andare oltre, non fa un’analisi sociologica del periodo storico rabelaisiano, non gli interessa mettere nessun accenno alla condizione della donna cinquecentesca, alla letteratura contro le donne, semplicemente raccoglie dati e li riferisce al lettore.
Lo stesso atteggiamento ha di fronte ad un Tiraqueau, amico di Rabelais, che sposa a 24 anni una bambina di soli 11 anni, Maria Cailler, figlia del giureconsulto Arturo Cailler e poi dà alle stampe un libro abominevole sul matrimonio, sostenendo di essere l’educatore della propria moglie.
Perfetto riferisce i fatti con storico distacco anche quando parla degli umanisti finiti flambé per opera della Sorbona e del famigerato Beda, in compenso però definisce “violenti” gli scritti di Lutero e forsennati i contadini ribelli della Germania, quasi giustificandone lo sterminio.

Quello di Perfetto rimane comunque un libro molto interessante.

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