Leonardo Salviati “assassina” Boccaccio

Leonardo Salviati "assassina" Boccaccio

Leonardo Salviati “assassina” Boccaccio

Leonardo Salviati "assassina" Boccaccio

Leonardo Salviati “assassina” Boccaccio, credit Antiche Curiosità©

 

Mary Blindflowers©

Leonardo Salviati, “assassina” Boccaccio

 

Negli Avvertimenti della lingua sovra il Decamerone, il cavalier Leonardo Salviati (1539-1589), precisava:

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Ma quindi ancora ciò, che della importanza della scrittura abbiam detto, più espressamente si manifesta: che nel libro delle Novelle aveva non pochi luoghi, che difettosi in ogni parte quasi si dimostravano: i quali con questo aiuto dell’ortografia solamente, forse nel nostro tempo appajono guariti in tutto.

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Salviati infatti, si prese la briga di “depurare” il Decamerone per conto della chiesa di Roma, definendo la sua un’operazione di guarigione delle parti imperfette del testo.
Boccalini nel suo Ragguaglio XV però ebbe giustamente a scrivere:

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Leonardo Salviati, uomo per quanto comportano li tempi presenti e la qualità dei moderni Toscani, assai insigne nelle buone lettere, due giorni sono fece un’azione, la quale da tutti i virtuosi in infinito è stata biasimata, percioché alle due ore di notte a capo il foro massimo avendo affrontato l’eccellentissimo signor Giovanni Boccaccio, prosator maggiore di Sua Maestà, gli diede molte ferite, con le quali lo deturpò e lacerò talmente, che i suoi più domestici amorevoli, che dopo tanta calamità l’hanno veduto, affermano non esser possibile riconoscerlo per quel Boccaccio tanto leggiadro che era prima; e quello che in infinito ha aggravato tanto eccesso è stato che il Salviati, non per disgusto particolare che abbia ricevuto dal Boccaccio ha commesso così brutto mancamento, ma ad instanza dei Giunti stampatori di Firenze, per avarizia di venticinque scudi che gli hanno donati per premio di così gran sceleratezza, di maniera tale che questa mattina il cavalier Leonardo Salviati, uomo nato di così insigne famiglia, nella pubblica ringhiera dei rostri, per aver incrudelito contro un suo cittadino, ad instanza d’altri, per denari, è stato dichiarato pubblico e notorio assassino.

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Salviati era molto influente nel Cinquecento, il tipico modello dell’intellettuale di casta che stabiliva una netta separazione tra linguaggio degli scrittori e linguaggio del popolo: il primo doveva dettare le regole della lingua colta e scritta, il secondo poteva occuparsi solo del linguaggio ad uso familiare. Salviati esprime disprezzo per il popolo che chiama “feccia”, esplicitando tutto il classismo della sua epoca:

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Perciocché, dicono, che, quando anche si potesse, sarebbe forse dannoso al linguaggio il torne l’arbitrio al suo Popolo, che n’è sempre miglio giudice di qualsivoglia savio, ed ha il vaglio (direm così), del tempo, che scuopre, e sceura tutti giorno il migliore: e l’esser perpetuo, non solamente d’uno, ma di molti consensi universali fa raccolta, e col giudicio universale altresì, può di quelli far la scelta: là dove un solo, per molto savio, ch’e’ si sia, può solamente del preterito haver qualche notizia. Onde conchiuggono troppo fuor di misura, arrogante dovere essere colui, che nell’opera del favellare, volesse quasi legar le mani, ò piutosto cucir la bocca al Popolo, eziandio, che potesse. Belle ragioni nel vero, e ch’hanno forte dell’efficace: ma per certo egli convien guardarle con alcune distinzioni… Il Popolo ci da le cose, come suol dirsi, a minuto, e in confuso, e senza ordine, ne di ordinarle, e raccoglierle ci dona alcuno spazio: il libro tutte insieme le ci pone avanti ordinate… Quel che s’ode dal popolo, spesse volte ci sfugge dalla mente: quel che si legge nella scrittura ci resta quasi sempre scolpito nella memoria. Per le quali cose tutte conchiuderemmo, che le parole, ed il loro uso familiare… s’imprendessero dal Popolo, ma di farne la scelta, e d’adoperarle dirittamente, s’imparasse dagli scrittori. Il cui esempio, e la cui autorità sono appunto quella cosa, che le regole della lingua si chiaman comunemente… Dello scrivere non l’uso assolutamente, ma l’uso buono, e approvato dal consenso de’ savj, n’avrò lo ‘mperio, e’l dominio… rade volte volgari componimenti uscir si veggono della nostra città, e che qualora pur se ne vede alcuno, nella favella della feccia del Popolo, cavatone il Casa, ed il Varchi, ed il più due, ò tre altri. Non solamente senza alcun ornamento, ma piena di discordanze si truova quasi ogni riga…1

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Salviati inoltre è anche responsabile della lezioncina che ci impartiscono a memoria nella scuola dell’obbligo fin da piccoli, tiritera che sostiene il volgare fiorentino come perfetto, nonostante lo stesso Dante vi trovasse imperfezioni.
L’accademico della Crusca è costretto ad ammettere le critiche dantesche, ma nonostante questo nel cap. XXI, libro II degli Avvertimenti, scrive “contra la vana mordacità d’alcuni moderni non Toscani, anch’essi restii a concedere perfezione alla lingua di Firenze”.
La parte più abominevole degli Avvertimenti è quella in cui l’autore sbeffeggia gli altri dialetti in un pezzo che è un puro distillato di ignoranza esclusivista e campanilistica, val la pena di riportarlo in conclusione:

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E certo egli è troppo piacevol cosa a sentire, che da alcuni, le cui natìe parole non sono altro che mi, ti, madesì, chiffo, ven accà, che vossevo: che voleo cheu faga, chilò, piase, vostu e astu: comstevu, comvalla, e tutte l’altre di questa fatta… che ne lor nomi, e ne’ lor verbi, non hanno ne terminazioni, ne numeri, ne distinzioni ne regola che sia: e insomma che i loro vocaboli metter non possono in iscrittura, poichè non sono, non ch’altro, articolati…2

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Alcuni storici descrivono il fiorentino del Duecento come prima fase documentata della lingua italiana. In realtà nel Duecento c’era già la Scuola poetica Siciliana. Il volgare fiorentino verso la fine del Duecento divenne modello di riferimento a causa della popolarità di Dante, Petrarca e Boccaccio, proprio quello stesso Boccaccio che Salviati, che così premurosamente difendeva il volgare fiorentino, sbeffeggiando le altre lingue, aveva censurato, “assassinato”, per usare le precise parole del Boccalini.

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Note

1 Degli Avvertimenti Nella lingua sopra il Decamerone del cavalier Leonardo Salviati, diviso in tre libri, In Napoli, nella Stamperia di Bernardo Michele Raillard, 1712, pp. 166, 61-62, 125, 127, 135.

2 Ivi, p. 128.

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