Morte, animali, Halloween, Paura

Morte, animali, Halloween, Paura

Morte, animali, Halloween, Paura

Morte, animali, Halloween, Paura

Foto di famiglia contadina nel 1935, fornita da Anna Maria Dall’Olio©

Anna Maria Dall’Olio©

Morte, animali, Halloween, Paura

L’altro Halloween: morte e paura ai tempi dei mezzadri toscani del primo Novecento

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Il mezzadro toscano di primo Novecento dipendeva dal proprietario fondiario: doveva provvedere a lavori di miglioria fondiaria non retribuiti, cedergli le primizie e lavargli la biancheria. Nell’immediato secondo dopoguerra in Toscana sarebbe stato contadino oltre un quarto della popolazione in condizione professionale.
Tradizionalmente, la famiglia mezzadrile era un aggregato composto non solo da genitori e figli, ma anche da nuore nipoti e, spesso, da zii non sposati. Tutti i membri della famiglia erano chiamati a contribuire al bilancio poderale, così da formare una sorta di microimpresa familiare.
Al di fuori di questo tipo di organizzazione sociale non esisteva niente, e chi non ne faceva parte era visto con sospetto e isolato; la fiera e la messa domenicale, come le veglie serali, erano le uniche occasioni d’incontro e di socializzazione con altre famiglie mezzadrili.
Una presenza però era avvertibile nella vita quotidiana: la morte. Penso anzitutto ai più deboli, ossia gli animali da cortile, che erano da accudire perché appartenevano al padrone. Per esempio, se il bue destinato all’aratro si ammalava, il contadino doveva attaccare al giogo i familiari per risparmiare l’animale. Era credenza diffusa, inoltre, che la notte dell’Epifania Gesù bambino in persona scendesse nella casa colonica per chiedere al bestiame, capace di parlare in tale circostanza, se fosse trattato bene. Se avesse risposto in modo negativo, la famiglia del mezzadro sarebbe stata colpita da una sciagura. E’ chiaro che, almeno quella sera, i contadini più accorti provvedevano a rifocillare abbondantemente gli animali a loro affidati.
Il duro lavoro nei campi e la mancanza di medicinali (la penicillina sarebbe arrivata nell’immediato secondo dopoguerra) limitavano molto le aspettative di vita. Se il mezzadro poteva permetterselo, si chiamava un fotografo che scattava fotografie al defunto, composto come se fosse vivo.
La morte, però, colpiva soprattutto i bambini. A tal proposito, i piccoli delle famiglie mezzadrili dovevano imparare al più presto che la “Signora vestita di nulla” faceva parte della vita: dovevano visitare il cadaverino. Mia madre, Elvira Iacopini (1930-2002), nata nelle campagne di Altopascio (LU) e successivamente trasferitasi a Ponte alla Ralla (frazione di Chiesina Uzzanese, PT), ricordava un neonato senza occhi, presentato agli astanti in una grossa scatola da scarpe. In seguito, i ragazzi effettuavano una particolare “vestizione” (tipo Prima Comunione) per accompagnare in processione l’”angelo” in chiesa e al cimitero, dove era previsto un settore per i bambini.
Quando ormai i lavori nei campi erano stati ultimati, a partire dal periodo dei Morti (ben oltre il solo 2 novembre), la morte onnipresente era occasione di ritrovo di parenti e di particolari tradizioni. Mia madre raccontava che i ragazzi vuotavano e intagliavano grosse zucche, mettevano un lumino acceso all’interno e le mettevano in alto. Le notti erano buie e la gente era molto ingenua: per tutti quelle zucche erano la “morte secca.”
Si diceva che, intorno al torrente Pescia di Collodi, piuttosto profondo in quel punto, si aggirasse un enorme gatto sempre affamato, in cerca di bambini da divorare: il Gatto Mammone. In questo modo, la maggior parte dei piccoli stava lontano dall’argine ed evitava di cadere nel torrente, spesso in piena.
La paura della morte però affliggeva altre zone di campagna: dalle parti di Agliana (PT), dove viveva mia nonna Ada Nesti (1906-2002), tutti i rumori notturni inspiegabili erano imputati a “Paura”, una specie di fantasma con la testa di teschio.
Nelle notti buie pochissimi si aggiravano nei campi, al massimo avvinazzati e ladri di polli. Questi ultimi erano l’ossessione dei contadini, che vivevano anche di pollame e uova da vendere al mercato.
Nel cuor di una notte alla Catena di Agliana (PT) una famiglia di contadini fu destata da rumori nel pollaio sottostante la camera. Come tutte le altre, teneva sempre il fucile a portata di mano.
La moglie gridò:
“C’è Paura!”
Il marito replicò:
“Paura o non Paura, io sparo!”
Imbracciò il fucile e sparò al pollaio nel buio.
Subito si sentì un urlo agghiacciante.
“Moglie, torniamo a letto. Domattina andremo a vedere chi era.”
La mattina dopo trovarono il presunto ladro, morto, in mezzo alle galline. Lo riconobbero: era il figlio di una ricca famiglia vicina. Coperto di debiti per il gioco e le donne, andava a prendersela con i poveri, rubando a loro.

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Rivista Destrutturalismo

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