Social, imbecilli, realtà morta

Social, imbecilli, realtà morta

Social, imbecilli, realtà morta

Social, imbecilli, realtà morta

La tela di ragno, credit Mary Blindflowers©

 

Lucio Pistis & Sandro Asebès©

Social, imbecilli, realtà morta

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Riecheggia continuamente e rimbalza in rete una frase molto in voga: “la rete è popolata di imbecilli, qualsiasi cretino si sente in diritto e dovere di dire la sua come se fosse al bar”.
In realtà, se si analizza con attenzione la dinamica dei social, accade esattamente il contrario: nessuno dice realmente la sua, per questo esistono gli imbecilli integrali che non sono tali perché esprimono un parere proprio e originale, ma viceversa, possiamo chiamarli imbecilli tout court proprio perché non hanno realmente nessun parere su alcun argomento.
I tanti interventi pro e contro un determinato accadimento infatti già sono stati filtrati alla base dal potere dominante, gli imbecilli seguono semplicemente ciò che dicono i rappresentanti di una fazione o dell’altra. Il minus che pensa veramente di sapere tutto, non ha mai un punto di vista trasversale, personale e super partes che esuli dalla logica di massa o di partito, che esuli dal citazionismo ossessivo, dalla dipendenza da qualcuno in vista che abbia già espresso un parere istituzionale. L’imbecille non ha mai un’idea che sia solo e veramente sua, si limita semplicemente a ripetere a pappagallo ciò che altri hanno detto prima di lui, altri che ritiene competenti, gente famosa, giornalisti di grido, soubrettine, presentatori tv, politici, etc. Occorre l’istituzionalizzazione anche soltanto per esprimere un’idea, un gusto artistico, poetico, letterario.
Il vero dramma non è la superfetazione di idee, che è fasulla, perlopiù apparente, ma un depauperamento mentale reale dato dal vuoto, dalla totale assenza dell’idea personale, bandita come ininfluente se non compromettente.
C’è un processo di depersonalizzazione, per cui soltanto chi è famoso può parlare e tutti gli vanno ovviamente dietro. La fama dà automaticamente diritto alla parola, poi non importa se la soubrette con la terza media parla di alta finanza o di cose di cui non sa assolutamente nulla, se il cantante si improvvisa sociologo e psicologo, se la presentatrice fa le veci di una virologa, il loro rimane un parere importante riportato da tutti i giornali per il solo fatto che siano noti per qualche spesso inesplicabile e imprecisato motivo.
L’uomo della strada non ha più idee, non gli è consentito più averne. Avere idee è diventato un atto vandalico se non si ha chiara fama. L’uomo contemporaneo non si informa nella pluralità delle vedute, non osa deformarle, ma, come diceva Gaber, vi si conforma aborrendone la dissociazione:

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Io sono un uomo nuovo
Talmente nuovo che è da tempo
Che non sono neanche più fascista
Sono sensibile e altruista orientalista
Ed in passato sono stato un po’ sessantottista
Da un po’ di tempo ambientalista
Qualche anno fa nell’euforia mi son sentito
Come un po’ tutti socialista
Io sono un uomo nuovo
Per carità lo dico in senso letterale
Sono progressista
Al tempo stesso liberista antirazzista
E sono molto buono sono animalista
Non sono più assistenzialista
Ultimamente sono un po’ controcorrente
Son federalista
Il conformista
È uno che di solito sta sempre dalla parte giusta
Il conformista
Ha tutte le risposte belle chiare dentro la sua testa
È un concentrato di opinioni
Che tiene sotto il braccio due o tre quotidiani
E quando ha voglia di pensare pensa per sentito dire
Forse da buon opportunista
Si adegua senza farci caso
E vive nel suo paradiso
Il conformista
È un uomo a tutto tondo che si muove
Senza consistenza il conformista
S’allena a scivolare dentro il mare della maggioranza
È un animale assai comune
Che vive di parole da conversazione
Di notte sogna e vengon fuori i sogni di altri sognatori
Il giorno esplode la sua festa
Che è stare in pace con il mondo
E farsi largo galleggiando il conformista
Il conformista
Io sono un uomo nuovo
E con le donne c’ho un rapporto straordinario
Sono femminista
Son disponibile e ottimista europeista
Non alzo mai la voce sono pacifista
Ero marxista-leninista
E dopo un po’ non so perché mi son trovato
Cattocomunista
Il conformista
Non ha capito bene che rimbalza meglio di un pallone il conformista
Areostato evoluto che è gonfiato dall’informazione
È il risultato di una specie
Che vola sempre a bassa quota in superficie
Poi sfiora il mondo con un dito e si sente realizzato
Vive e questo già gli basta
E devo dire che oramai
Somiglia molto a tutti noi il conformista
Il conformista
Io sono un uomo nuovo
Talmente nuovo che si vede a prima vista
Sono il nuovo conformista.

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Non esistono in giro per dirla con Socrate “ostetrici” dell’animo umano, capaci, dialogando, di generare una cognizione nell’interlocutore, abili magari a simulare una concordanza con il parere del dialogante per poi scardinarne le convinzioni e fargli ammettere di essere in torto, senza peraltro mai esternare la pretesa di detenere univocamente la verità. Nessuno in altre parole riesce, a meno che non sia un presenzialista del mainstream mediatico a “ingravidare” fertilmente il cervello altrui, affinché esso faccia puerperio di creature autonome e dissociate dalle verità seriali che i media ammanniscono. In tale ottica nessuno è capace di elaborare quelli che Socrate chiamava ἔλεγχοι, vale a dire gli argomenti di confutazione, gli esami incrociati, le verifiche, i controlli a scopo di obiezione, a fini investigativi, soprattutto per quei concetti fondamentali nel vivere quotidiano quali equità, benessere sociale, giustizia, valori, ecc.
L’uomo comune, grazie alla industrializzazione della letteratura, viene privato dell’unico bene che veramente possa fare la differenza, il pensiero, perché non ha più gli strumenti culturali e personali per elaborare idee, si vergogna addirittura di averne, non essendo nessuno. I pochi che hanno idee si ritirano dunque nel loro guscio, evitando spesso di parlare, tanto senza il supporto di un parere doc, non avrebbero alcun seguito e verrebbero magari pure sbeffeggiati.
La massa manipolabile, malleabile strumento di potere che si illude di esprimere un parere su tutto, ma in realtà non dice nulla, così continua a riportare pareri in una sequenza infinita di vicoli chiusi.
La stessa frase sull’imbecillità degli avventori del bar social, proviene da ambienti accademici che disprezzano la moltitudine, ma nello stesso tempo la usano per pubblicizzare i propri prodotti editoriali “per la massa”, romanzi e racconti, per esempio. Perché la gente è imbecille, certo, ma serve, quando si tratta di farle il lavaggio del cervello per comprare i libri presenti in ogni angolo di supermercato o di libreria, stampati in milioni di copie che invadono il mercato come oggetti contundenti. La massa è utile quando si tratta di piantare nel cervello dell’uomo medio l’idea che, se non si possiede l’ultimo libro di…, non si è mai letto nulla.
Viviamo una realtà morta, deprivata della conoscenza, isterilita dal conformismo ai pareri che gli imbonitori televisivi e mediatici impongono; siamo in altri termini specchio della modalità istoriata da Marco Porcio Catone nella sua massima: Sine doctrina vita est quasi mortis imago. In effetti quando l’ars didattica passa nelle mani dei sicofanti da social o da tv, la società che se ne nutre è già defunta.

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https://en.calameo.com/books/0062373361d7556bb3ead

https://antichecuriosita.co.uk/il-destrutturalismo-punti-salienti/

 

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