Rabelais, contro pessimi libri

Rabelais, contro pessimi libri

Rabelais, contro pessimi libri

Rabelais, contro pessimi libri

Vintage Postcard, credit Antiche Curiosità©

 

Mary Blindflowers©

Rabelais, contro pessimi libri

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Se al posto degli occhi avessimo piedi e al posto dei piedi avessimo occhi, sarebbe in parte giustificabile il proliferare di libri letti e scritti coi piedi e con gli occhi sotto gli stessi, in totale metaforica cecità. Forse oggi si è inclini a pensare che il proliferare di testi inutili sia un fenomeno attuale, frutto del consumo di massa, dei rapporti tra potere e scrittura che sono molto forti, del marketing che ignora semplicemente i contenuti a favore di una forma pubblicitaria vuota ma vendibile, etc. In realtà i libri pessimi sono sempre esistiti, così come è esistita sempre la sottomissione dell’uomo all’imprinting, chiamiamolo così, generato dalla familiarità fin dall’infanzia, con testi di cui potevamo tranquillamente fare a meno ma che sono entrati a far parte della nostra cultura, testi che se, ad una lettura attenta, rivelano errori, sgrammaticature, inverosimiglianze e ingenuità, sono comunque accolti come imprescindibili in ogni buona libreria che si rispetti, perciò diventa sempre più difficile contestarli.
In una lettera ad Andrea Tiraqueau, giudice nel Poitou, Rabelais scriveva:

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Onde, avviene, Tiraqueau dottissimo, che in mezzo a tanta luce del secolo nostro nel quale per singolar dono degli dei vediamo reintegrate tutte le migliori discipline, si trovino alcuni qua e là i quali o non vogliono o non possono liberar gli occhi dalla caligine del tempo gotico, più densa della nebbia Cimmeria, e sollevarli alla splendente faccia del sole?
Forse perché, come dice Platone nell’Eutifrone, molti sono gli ignoranti e i da nulla, pochi i valenti e degni d’ogni merito?
Oppure perché tale è la forza di quel buio, che gli occhi una volta invasi da esso ne restano irrimediabilmente ottenebrati e accecati, per modo che né collirio, né occhiali giovano più, conformemente a quanto scrisse Aristotele nelle Categorie: dal possesso all’annullamento il passaggio è possibile, dal niente al possesso impossibile?
Quando penso a questo problema e cerco pesarlo, come dicono, sulla bilancia di Critolao, parmi che questa Odissea d’errori non da altro abbia origine che da quella infame filautia, tanto condannata dai filosofi, la quale quando colpisce gli uomini mal consigliati sulle cose da desiderare o da avversare, suol atrofizzare e fascinarne i sensi e lo spirito, per modo che vedono senza vedere e intendono senza intendere.
Infatti coloro che la plebe ignorante tenne in gran considerazione perché sapevano darla a bere con certa parvenza d’esotico o di insigne perizia delle cose, se avrai tolto loro la maschera e la pelle del leone e se avrai fatto conoscere al volgo che la splendida situazione conseguita sotto il manto dell’arte non era dovuta che a mero istrionismo e a inettissime inezie, che altro sembrerai aver fatto, se non forato gli occhi alle cornacchie?
Quelli che sedevano prima nell’orchestra a fatica potranno stare negli ultimi posti e muoveranno infine non solo il riso, ma lo stomaco e la bile al popolino e ai fanciulli che hanno talora il naso del rinoceronte e mal soffriranno d’essere stati turlupinati dai loro scaltri artifici.
Come suole accadere ai naufraghi i quali quando la nave sconquassata va a fondo, se hanno potuto afferrare una trave, una veste, o magari una foglia, la tengono con mani serrate, senza pensare a nuotare e senz’altra cura se non che non sfugga quello che tengono in mano, finché non siano inghiottiti in fondo al vasto gorgo, quasi allo stesso modo noi restiamo tenacemente affezionati a quei libri ai quali fummo avvezzi fanciulli, anche se vediamo far acqua da ogni parte la barca infranta della menzogna; e a quelli ci teniamo attaccati con forza disperata quasiché, togliendoceli, ci togliessero l’anima …(Traduzione di Gildo Passini).

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La lettera di Rabelais è di una lucida e sorprendente attualità. Adesso l’istrionismo si chiama marketing e la filautia, egocentrismo, ma il meccanismo descritto dallo scrittore è perfettamente funzionante anche ai nostri giorni. Chi ha il coraggio di leggere un testo con spirito indipendente non viene accusato di forare gli occhi alle cornacchie, espressione che sottintendeva la demolizione di autori considerati come oracoli, ma di invidia, perché i naufraghi di un sistema che fa affondare la letteratura, continuano ad aggrapparsi disperatamente a dei relitti che sono inezie vissute come indispensabili, libri dell’affezione gestita dal suono di un nome senza il quale sembra di non poter vivere nessuna dimensione letteraria, al punto che alla fine tali relitti nemmeno li si legge più veramente, la lettura diventa un fatto secondario. Un oracolo non ha bisogno di essere letto, non si discute mai, e chi lo fa diventa il male assoluto, quella volpe che giudicherebbe acerba l’uva troppo alta per poter essere raggiunta. Così si affonda.

Per fortuna (nostra) Rabelais non credeva agli oracoli.

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https://antichecuriosita.co.uk/il-destrutturalismo-punti-salienti/

https://en.calameo.com/books/0062373361d7556bb3ead

 

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