Premiata polleria, zero spaccato

Premiata polleria, zero spaccato

Premiata polleria, zero spaccato

 

Premiata polleria, zero spaccato

I frustrati, dal quaderno degli appunti, by Mary Blindflowers©

 

Mary Blindflowers, Lucio Pistis & Sandro Asebès, Anna Maria Dall’Olio©

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Alla premiata polleria poeti di grido dei primi zampetti deliranti ci sono claudicanti numero un pollo e due galline che su istigazione del gallo vecchio in posa da Solone un poco rinco di cognome PallaPinko o PinkoPalla a seconda dei gusti, a libera (si fa per dire) scelta, si riuniscono in una gabbietta a frullo sconcacando bile di color verde mughetto e decidono in tre di sporcare il nome del Destrutturalismo con l’appretto della loro sgrammatica da quinta elementare o forse anche asilo, ma nido, sporcano dunque i suddetti lo spazio bianco di un file, defecando con sforzo da titani un articoletto pieno di refusi che pensano rivoluzionerà il mondo della controcritica. Questo dinamismo insultante, poco dinamico, anchilosato nella sostanza contenutistica, si ripete costantemente sempre identico a se stesso nei social e nei blog dove l’obiettivo numero uno da colpire rimane sempre il movimento di idee degli intellettuali non allineati, accusati di essere troll trash, elementi perturbanti di una pace mortuaria costruita sull’ignoranza e sull’inabilità completa allo scrivere.
La credibilità di un detrattore è direttamente proporzionale alla sua capacità di scrittura e alla dimostrazione pratica di ciò che si afferma con tanta sicurezza. Chiunque abbia scorso gli articoli del nostro blog Destrutturalista si accorge che il trash è ben lontano dalle sue pagine, che il nostro obiettivo non è avere successo a tutti i costi, altrimenti, come fan tutti, avremmo redatto anche noi recensioni allo zucchero per gli amici o gli scrittori che pubblicano con editori che contano, lodandosi e ammirandoli incondizionatamente, invece si è deciso di mettere al primo posto l’onestà intellettuale che non conosce partiti, fazioni, schieramenti, pigolanti pollai o settarie prigioni di amici. I depressi che ci danno dei falliti soltanto perché non abbiamo guru da ungere o dei da riverire, soltanto perché non hanno gradito qualche recensione agli amici del loro gruppo di riferimento, sappiano che il termine “fallimento” è piuttosto aleatorio, considerando se l’obiettivo da raggiungere sia chimerico o no. Se si persegue una chimera e non la si raggiunge, ecco che si può parlare di fallimento, ma se si persegue il solo semplice obiettivo di essere sinceri, lavorando in libertà, con tutte le conseguenze che questo comporta, isolamento, esclusione, antipatie, odio del mediocre, etc., è chiaro che non si possa e non si debba parlare di “fallimento”, ma di un modus vivendi. Certo, gente abituata al clan del salottino, all’insulto e addirittura alla minaccia isterica e gratuita sui social (che tradisce un universo di implosioni frustrate), fino allo sciorinamento in pessimo italiano di citazioni di libri mai letti, non può capire né mai capirà nulla. E per inciso Derrida ha parlato di Post-strutturalismo non di Destrutturalismo. L’aglio non è cipolla e la cipolla non è aglio ma i polli sono anche rape. Prosit.

(Mary Blindflowers)

 

Fa caldo, la gente non sa come passare il tempo. Tra una bibita fresca e una sventagliata, ci siamo piegati in due leggendo le elucubrazioni on line di tre “dottissimi” detrattori del Destrutturalismo: Frullo, Mauri e Di Meo, mai sentiti prima. Questi tre campioni della grammatica e dello stile, inveiscono con scarsezza di argomentazioni, ma soprattutto con abbondanza di errori tout-court; peccato! La difesa della tradizione omologata meriterebbe miglior supporto formale almeno a puntellarne la insostanziale sostanza. Leggiamo. La parte virgolettata, tratta in maniera testuale dal loro articoletto, è spassosa:

 

Premiata polleria, zero spaccato

Premiata polleria, zero spaccato

 

1. si parte da un volgare gergalismo “Queste persone bisognerebbe solo lasciarle perde”, ma forse i dottissimi volevano sottolineare orgogliosamente un presupponibile, ma non reale senso d’appartenenza capitolino? Ma non sono napoletani?
2. “una nuova verità che dovrebbe rinnovare la letteratura, e disinfettare, curare tutte le infezioni della poesia moderna”: qui i dottoroni mischiano tranquillamente asindeto e polisindeto, senza nemmeno distanziare testo da punteggiatura; vediamo se si tratta di un hapax a livello di errore e quindi considerabile come distrazione;
3.  “curare tutte le infezioni della poesia moderna, di varie di natura fasciocratica”: invece qui l’utilizzo un po’ anomalo anziché no dell’asindeto continua, con quella virgola che non si capisce perché venga a separare un complemento oggetto (tutte le infezioni) dal suo complemento di separazione (di varie di natura fasciocratica); ma ciò che più sorprende è quella ulteriore preposizione semplice (di) a ridosso dell’attributo (varie) che, pur nella discrasia plurale /singolare, pare riferirsi a natura. Che ci vogliono dire con questa criptica subordinata i letterati?;
4. “Mantidi misandriche assetate di fama e di gloria letteraria, che pur di essere conosciute nel mondo del web, sono rimaste ahimé prigioniere del loro profilo virtuale.”: anche qui artrite reumatoide ingravescente con l’asindeto, decisamente mancante dopo il pronome relativo cesurato da una concessiva implicita (pur di essere conosciute nel mondo del web) che andrebbe inscritta in due virgole, in incipit e non solo in explicit, prima che la relativa ricominci; ed ulteriore attrito con gli incisi interiettivi (ahimé) lasciati anch’essi inspiegabilmente privi di incapsulamento asindetico;

5. “Porta voci” : eravamo convinti che questo sostantivo composto si scrivesse tutto attaccato: può darsi ci sbagliassimo! Attendiamo lumi dall’episteme lessicale degli autori circa le fonti della lingua italiana che lo attestino scritto come fanno loro!;

6. “Porta voci della rabbia e della violenza farebbero qualsiasi cosa, anche passere sul cadavere delle loro madri pur di avere successo”: qui siamo alla reiterazione dell’allergopatia da asindeto, monco com’è il periodo di una virgola tra la dipendente narrativa (portavoci della rabbia e della violenza) e la sua reggente potenziale (farebbero qualsiasi cosa); poi i “poeti” hanno un lapsus di natura erotica digitando “passere” al posto di “passare”; per ricadere subito dopo nell’idiosincrasia da virgola quando inseriscono l’ennesima concessiva in forma implicita (pur di avere successo);

 

Premiata polleria, zero spaccato

Premiata polleria, zero spaccato

7. “e anche l’ideali anarco/femminista”: avevamo pensato addirittura ad un’ignoranza sull’obbligo della trasformazione dell’articolo determinativo in “gli” al plurale quando la parola cui si riferisce inizia per vocale (Gli ideali); poi ci siamo resi conto, notando la non concordanza di numero tra sostantivo (ideali) e attributo (anarco/femminista), che i dottissimi si sono semplicemente distratti digitando il sostantivo al plurale anziché al singolare (ideale): capita anche ai migliori!;
8.  “Fautrici della cultura della violenza queste persone dovrebbero essere allontanate già solo per questo”: anche qui asindeto evaporato a cliché come dianzi tra dipendente narrativa (“Fautrici della cultura della violenza”) e reggente potenziale (“queste persone dovrebbero essere allontanate già solo per questo”);
9. “o per il semplice fatto che accanto la parola anarchia mettono la parola destrutturalizzazione” : qualcuno spieghi, per favore, ai dottori che la preposizione locativa abbisogna di preposizione semplice ovvero articolata d’appoggio prima del sostantivo di riferimento (“accanto alla parola”); il termine usato nel blog di riferimento, peraltro, non è destrutturalizzazione, ma destrutturalismo;
10. “Persone meschine che essendo delle assolute fallite si divertono a giocare ad attaccare intellettuali, poeti,e artisti” : anche qui osteopatia recidivante con l’asindeto, decisamente mancante dopo il pronome relativo cesurato da una narrativa causale implicita (“essendo delle assolute fallite”) da inscrivere tra due virgole; e di nuovo a stretto giro mixis ignominiosa di asindeto e polisindeto senza separazione tar virgola e congiunzione coordinante (“intellettuali, poeti,e artisti”);
11. “visto i contenuti dei loro testi”: stavolta la narrativa causale in forma implicita è debitamente preceduta da asindeto, ma obbrobriosamente il participio passato del verbo “vedere” risulta non coordinato nel numero con il soggetto da cui dipende (“i contenuti dei loro testi”);
12. “Si tratta di personaggi che i lettori non dovrebbero proprio tenere in considerazione perché adottato la logica:” Che si parli pure di me nel bene o nel male “: qui perdoniamo i letterati e propendiamo per una mera distrazione in digitazione; ci rifiutiamo di credere che i poveretti mischino il verbo di una causale introdotta da una congiunzione che richiede la forma esplicita (perché) usandolo al participio passato (“adottato” anziché “adottano”) come si usa nelle strutture implicite;
13. “se questa è la nuova classe degli intellettuali o delle intellettuali che ci propinano facebook, io non mi ci sto”: “facebook” dovrebbe essere un soggetto diciamo di genere neutro e di numero singolare; andrebbe coordinato con una terza persona singolare del presente indicativo (“ci propina” e non “ci propinano”); per quanto ha tratto poi con il colloquialismo che segue immediatamente dopo, conoscevamo semplicemente la forma “io non ci sto”; da dove sbuca quel pronome personale di prima persona singolare ridondante (“mi”) in un’espressione che già contiene un soggetto espresso con il medesimo pronome personale (“io”) in prima persona singolare?;

 

Premiata polleria, zero spaccato

Premiata polleria, zero spaccato

14. “Scrivere articoli ignobili,e volgari”: gli autori sono decisamente refrattari a una corretta utilizzazione del polisindeto che mescolano all’asindeto scriteriatamente recidivando l’omissione dello spazio tra virgola e congiunzione;
15. “ma penso che la parola ,classe ,o eleganza non stanno nel vostro vocabolario”: orrore! due virgole con spazi errati, anziché due virgolette, errore nella coordinazione dei sostantivi col verbo, indicativo anziché congiuntivo alle dipendenze di un verbum cogitandi!!!; la formulazione corretta della frase sarebbe: “ma penso che le parole “classe” ovvero “eleganza” non stiano nel vostro vocabolario”.
Crediamo che questo cimitero di errori in un articolo di appena 50 linee sia davvero un record! Prima di contro-invettivare, i detrattori piccati dovrebbero bonificare il loro italiano! Il bello è che ci si sono messi in tre per concepire questo articoletto! Ne siamo profondamente lusingati e ci siamo fatti grasse e grosse risate.

(Lucio Pistis & Sandro Asebès)
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Zero spaccato

Salve, sono Anna Maria Dall’Olio, proprietaria di un cervello, come scrisse tale Vincent al fratello Theodorus Van Gogh, che si era firmato “proprietario di case” nella lettera precedente.
Intervengo per un motivo che stuzzica la mia vanità (tre sconosciuti parlano di me: conoscono qualcosa per sentito dire oppure hanno visto che il mio nome e cognome è comparso su 10 pagine di Google) e però, al tempo stesso, mi fa sorridere. Vediamo perché.
Per attaccare una persona con cui collaboro con articoli sul mondo esperantista, attualità e cultura, che cosa si fa? In un testo – scritto a 6 mani, per giunta – si commettono 17 refusi anche citando a vanvera titoli delle mie opere (ben 2 errori per “Latte & Limoni”). Sul mio profilo facebook mi guardo bene dallo scrivere “scrittrice”: mi guadagno da vivere come insegnante di ruolo d’Inglese e vi assicuro che in quinta liceo già con 4 errori (se l’alunno non è DSA) una composizione in 12 righe è valutata insufficiente. Quindi, quanto meriterebbero 17 errori in 35 righe? Zero spaccato. Neppure lo studente più scalcagnato metterebbe insieme tanti obbrobri, neppure per scommessa.
Passiamo al “contenuto”. Ci ho pensato 10 minuti (non meritava di più): cui prodest servirsi di titoli altrui tipo spadone arrugginito costruito con pezzi riciclati? Guardate che “L’angoscia del pane” (LietoColle) ha avuto la seconda edizione (fatto raro per un libro moderno di poesia) e parecchie ristampe. Un editore esperto come Michelangelo Camelliti ha scritto che “L’angoscia del pane” è “un piccolo classico”. Magari fosse successo a qualcuno dei 3 (che io in 14 anni non ho mai sentito nominare). Che cosa dovrei scrivere? Probabilmente non hanno letto neppure un mio rigo. Del resto, neppure io sono interessata a leggere nulla di questa gente, che si esprime a vanvera. Una cosa dovrebbero fare i 3: leggere tantissima poesia supportata da tantissima letteratura critica. Io non ho avuto fretta: ho cominciato a scrivere a 46 anni (ora ne ho 60) prima di digerire una valanga di letture anche critiche.
Oggi non si studia abbastanza all’università: non si neghi, perché ho seguito attivamente gli studi di ex alunne. Ai miei tempi, si studiava davvero e, in precedenza, ancor di più: non si sostenevano esami spezzati (a punteggio), studiando solo su ridicole fotocopie o stupide dispense. Per noi, era tutto o niente: parecchi tomi in un colpo solo. Altrimenti fuori, e a lavorare!

(Anna Maria Dall’Olio)

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https://antichecuriosita.co.uk/il-destrutturalismo-punti-salienti/

https://en.calameo.com/books/0062373361d7556bb3ead

 

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