Rabelais, antidogmatico, simbolico antiaccademico

Rabelais, antidogmatico, simbolico antiaccademico

Rabelais, antidogmatico, simbolico antiaccademico

Rabelais, antidogmatico, simbolico antiaccademico

Rabelais, Gargantua e Pantagruele, edizione Formiggini, 1925, credit Antiche Curiosità©

 

Mary Blindflowers©

Rabelais, antidogmatico, simbolico antiaccademico

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La istoria dei fatti e delle prodezze inenarrabili degli orrifici giganti Gargantua e Pantagruele, composta dal signor Alcofribas Nasier, astrattore di quintessenza, è una miniera aperta di non-sense, antiaccademismi, neologismi e sconclusioni che hanno una conclusione nell’illogicità del vivere osservando il mondo così com’è e come non dovrebbe essere.

Alcofribas Nasier ero lo pseudonimo anagrammato con cui Rabelais firmò la sua opera scritta nella prima metà del Cinquecento, Gargantua e Pantagruele, testo scorrevole in cinque libri, a tratti triviale ma sempre attuale, capace infatti di innescare una polemica efficacissima evergreen contro avvocati, teologi ed ecclesiastici e contro la corruzione della chiesa e le scimmie dei monaci poltroni.
Ecco alcuni esempi della meravigliosa prosa rabelaisiana nell’ottima traduzione di Gildo Passini, Edizione Formiggini 1925:
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… i libri di legge gli sembravano una bella veste d’oro, trionfale e preziosa a meraviglia che fosse ricamata di merda. «Poiché, diceva egli, non vi sono al mondo libri tanto belli e adorni ed eleganti come i testi delle Pandette, ma il loro ricamo, vale a dire il commento d’Accursio, è così lurido, infame e fetente quanto può essere sozza immondizia…

– A che diavolo servono, disse, tutti questi mucchi di atti e di copie consegnatemi? … e se la loro controversia era chiara e facile a giudicare, voi l’avete oscurata con sciocche e sragionevoli ragioni e inette citazioni dell’Accursio, di Baldo, di Bartolo, di Castro, dell’Imola, d’Ippolito, del Panormo, di Bertacchino, di Alessandro, del Curtius e di quegli altri vecchi mastini che mai non intesero la minima legge delle Pandette e non erano se non grossi vitelli da decima, ignoranti di quanto è necessario all’intelligenza delle leggi…

Un giorno che tutti i teologi erano convocati alla Sorbona per esaminare articoli di fede, (Panurgo) fece una torta composta di molto aglio, di galbanum, d’assa fetida, di castoreum e di stronzi caldi e la stemprò entro la marcia dei bubboni cancerosi, poi, di mattina presto ne impiastricciò e unse teologalmente tutti i cancelli della Sorbona in modo che neanche il diavolo avrebbe potuto durarci.
Tutti i convenuti vomitavano le budella davanti al pubblico e ne morirono dieci o dodici di peste, quattordici ne ebbero la lebbra, diciotto si buscarono la rogna e più di ventisette lo scolo; ma egli non vi badava.

Tonaca e cappuccio attraggono gli obbrobri, le ingiurie e le maledizioni della gente… La ragione perentoria è questa; che essi mangiano la merda del mondo, cioè i peccati, e come mangiamerda son cacciati nelle loro latrine, vale a dire conventi ed abbazie… la scimmia non fa che scagazzare e guastare dappertutto ed è questa la ragione perché tutti la motteggiano e bastonano…

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Non manca la polemica contro la vendita delle indulgenze, con Panurgo che va in chiesa e si avvicina a tutti i tronchi, le cassette per le elemosine, recitando preghiere e fingendo devozione, tanto che il lettore quasi si illude che egli sia un devoto, fino a che Rabelais non lo illumina:

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Come avete fatto tanto danaro in così poco tempo?
Ed egli mi rispose che l’aveva preso nei bacili delle indulgenze: «poiché, offrendo il primo denaro lo posi si destramente da far credere fosse un gran bianco intanto con una mano ritiravo dodici denari, o magari dodici liardi o doppie per lo meno, e coll’altra tre o quattro dozzine; e così in tutte le chiese dove siamo stati».
-Ma, diss’io, voi vi dannate come un serpente, siete ladro e sacrilego.
-Sembra a voi, forse, ma non a me. Poiché gl’indulgenzieri me lo danno loro il denaro quando mi fanno baciare le reliquie dicendo: centuplum accipies, cioè: per un denaro, prendine cento…

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E che dire dei dottori della Sorbona che nella disputa tra Baciaculo e Fiutascorregge, non avevano decifrato uno iota, ma accettarono senza comprendere nulla, la sentenza di Pantagruele?

Non meraviglia dunque che i tutti i cinque romanzi di Gargantua e Pantagruele siano finiti sull’Index Librorum Prohibitorum, l’elenco di pubblicazioni proibite dalla Chiesa cattolica, creato da papa Paolo IV nel 1559 e soppresso soltanto nel 1966.
Se Rabelais ha fatto la caricatura dei vizi della chiesa cattolica, dei protestanti, dei sorbonagri quanto mai vivi e vegeti ancora oggi, non ha di certo risparmiato l’espansionismo crudele di un ridicolo Picrocolo, il colonialista-tipo che, con un pretesto banale, si era messo in testa di conquistare il mondo ed è finito scornato.
La carica simbolica, antidogmatica, anarchico-irriverente epicurea “telemitica”, di Rabelais, fanno di Gargantua e Pantagruel, un classico intramontabile che non conosce le ingiurie del tempo. Non potete non leggerlo.

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https://antichecuriosita.co.uk/il-destrutturalismo-punti-salienti/

https://en.calameo.com/books/0062373361d7556bb3ead

 

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