Elsa Morante, La Storia

Elsa Morante, La Storia

Elsa Morante, La Storia

 

Elsa Morante, La Storia

Elsa Morante, La Storia, credit Antiche Curiosità©

 

Elsa Morante, La Storia

Lucio Pistis©

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Elsa Morante, La Storia, un libro pubblicato da Einaudi nel 1974, un testo di cui si è parlato tanto e che viene ancora continuamente citato, uno di quei libri ossessivamente ristampati per cui ad un certo punto non si può evitare di inciamparci sopra. Il primo incontro con la scrittura elementare e cronachistica della Morante, è avvenuto per me pochi anni dopo la pubblicazione. Leggerlo è stato come uno sgambetto a tutte le aspettative costruite “da altri” su questo romanzo. Ho la pessima abitudine di leggere sempre tutto il libro, prefazioni comprese, tanto sto ormai in pensione e ho tempo da dedicare alla lettura. Ho riletto La Storia da poco, a distanza di tanti anni.
Essere sopravvissuto al tedio infinito procuratomi dall’opinionismo soggettivo e supponente di Cesare Garboli che cura la prefazione di una ristampa de La Storia, è stato già un miracolo alla mia età. Il prefattore, cercando di adeguare lo stile della sua scrittura a quello della Morante, infila nelle sue notarelle elementari un po’ di tutto, come in un minestrone stracondito. Riesce perfino a parlare di Tito Livio, Flaubert e Dostoevskij, in una speciosa quanto irritante e confusa lezioncina al lettore sulle tecniche di narrazione, passando poi a Oliver Twist. Peccato che non si comprenda bene sulla base di quali associazioni mentali o letterarie citi tutta questa bella gente. Egli stesso non lo comprende, dato che dopo averci snocciolato qualche banalità del tipo “La Storia è un romanzo pieno di storia”, ah che trovata di genio, pensa bene di illuminare lo scolaretto-lettore sulla tecnica di scrittura del buon Fyodor, per poi tornare sui suoi passi e dire candidamente che Dostoevskij non ha nulla a che fare con la Morante. Avevamo davvero bisogno che ce lo spiegasse. Ma se lo scrittore russo non può essere paragonato in alcun modo alla Morante, perché lo cita? A che scopo? Non si sa:
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Ci sono molti esempi nella letteratura romanzesca di persone che parlano in prima persona e raccontano in terza. Sono i narratori testimoni, i narratori cronisti, che raccolgono abbastanza notizie per permettersi di ricostruire una storia come credono e come vogliono loro. Uno degli esempi più clamorosi (e più magistrali) è il racconto dei Demoni di Dostoevskij, scritto in forma di cronaca cittadina da uno che è quasi complice di ciò che succede e si finge sempre più sconvolto dalla piega tragica, tumultuosa e inaspettata che i fatti prendono sotto i suoi occhi. Costui narra in prima persona e passa a un tratto alla terza, acquistando una repentina onniscienza. Per infinite ragioni siamo molto lontani dalla Storia.

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Stendendo un velo sulla prefazione, passo al testo. La Morante ha uno stile sguarnito, antiletterario e spesso sgrammaticato, coi tempi dei verbi sbagliati:

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sospettava che la guerra fosse un’algebra sconclusionata, combinata dagli Stati maggiori, ma che a lui non lo riguardava per niente… durante il viaggio, ruminava continuamente un’amara compassione della sua prostituta di Monaco, al pensare che ormai quella troverebbe pochi clienti…

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Una scrittura dozzinale, prolissa, infarcita di sgrammaticature del tutto gratuite, incapace di attrarre un lettore abituato a testi di letteratura, a quel Dostoevskij che Garboli cita molto a sproposito e senza sapere nemmeno perché.
Le descrizioni dei personaggi piuttosto stereotipati, sono troppo lunghe, tutte esteriori, quasi macchiettistiche e un poco scontate, come le citazioni di Bakunin e Cafiero che sembrano inserite forzatamente nel testo più per veicolare le idee dell’autore che quelle del personaggio. Si tratta di una pura cronaca con l’elaborazione creativa ridotta ai minimi termini. Siamo ben lontani dalla scrittura diretta ed efficace di un Primo Levi.
In sintesi un illeggibile polpettone.

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Libri Mary Blindflowers

DESTRUTTURALISMO Punti salienti

 

 

 

 

Comment (1)

  1. Claudio

    Anche io non sono mai riuscita ad amare La storia di Elsa Morante. Trovo che non trasmetta un minimo di pathos, nemmeno quando descrive la violenza subita dalla protagonista e la guerra. C’è poi un lungo racconto sulla vita di un operaio, con tutta una serie di considerazioni sulla sua categoria di appartenenza. Io all’epoca in cui lessi La storia facevo l’operaio in una fabbrica e ricordo che pensai che chiunque avesse scritto quelle cose non dovesse avere la più pallida idea della vita di un operaio. Per quanto riguarda quel “troverebbe”, della citazione, la Morante usa per tutto il libro quella soluzione verbale, che mi ricorda tantissimo la corrispettiva in spagnolo. In spagnolo quel “troverebbe” si tradurrebbe con un “encontraría”, e sarebbe corretto, perché in spagnolo quella frase si direbbe proprio in quel modo, senza dare quello strano effetto che dà in italiano. Quindi magari l’autrice de La storia era spagnola…

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