Angelo Fortunato Formiggini, l’Editore

Angelo Fortunato Formiggini, l'Editore

Angelo Fortunato Formiggini, l’Editore

Angelo Fortunato Formiggini, l'Editore

Favole Esopiche tradotte da Concetto Marchesi, con tutte le xilografie deltuppiane, Formiggini, 193o, credit Antiche Curiosità©

 

Angelo Fortunato Formiggini, l’Editore

Mary Blindflowers©

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Le favole esopiche vengono riproposte da Angelo Fortunato Formiggini nel 1930 nella versione di Concetto Marchesi e con tutte le xilografie deltuppiane per l’indimenticabile serie de I Classici del Ridere.
Tanto si è detto sulle favole esopiane, simboli animalizzati dei vizi e delle virtù umane, quindi non starò a dilungarmi sulle avventure de Il leone e il cinghiale, L’agnello e il cane, Il cavallo e l’asino, La donnola e i sorci, Il topo di campagna e il topo di città, etc. etc.
Vorrei invece attirare l’attenzione sulla Nota dell’Editore, per sottolineare come editori dello stampo di Formiggini non esistano veramente proprio più. Il suo intervento non appare affatto datato, nonostante sia stato scritto negli anni trenta. Si rivela di una straordinaria modernità. Formiggini ironizza con lucidità sulle mode editoriali tese unicamente al guadagno, al plagio, al carrierismo senza idee, ai grandi numeri del business modaiolo, alla riduzione del libro ai sistemi chiassosi dei quotidiani ad ampia tiratura, recuperando nel suo intervento il mito della lentezza e della fedeltà a se stessi, piuttosto che del guadagno ad ogni costo seguito dai voltagabbana:
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«Non copiare nessuno», disse il più bel tipo di editore che io abbia conosciuto. E aggiunse: «Ridi se ti copiano…».
Sovente accade però agli editori di far come gli orologi, che suonano la stessa ora, uno sull’altro, in virtù delle proprie carrucole cerebrali, ma senza sapere uno dell’altro.
L’Editore dovrebbe essere infatti uno stromento sismico atto a rilevare, anche prima che si manifestino, i sobbalzi nel gusto del pubblico, una specie di igrometro che, quando piove, invece di dire «governo ladro» come si diceva quando i popoli avevano scarsa fiducia nei loro pastori, si limita prudentemente a tirarsi su il cappuccio in silenzio, come per non udire, e per non vedere…
Ci sono editori abilissimi nel soddisfare fulmineamente i gusti contingenti dei loro contemporanei: qualunque grosso fatto succeda, eccoteli pronti a buttar fuori in pochi giorni un bel volumone in piena regola: i sistemi dei grandi quotidiani applicati al libro. Una meraviglia. Quelli che sanno fare così sono i soli editori moderni nel vero senso della parola: gli altri non servono che per le mezze tinte, per il chiaroscuro del quadro. Sempre più espressivi però di quei tali che, qualunque moda di pensare si affacci, eccoteli pronti a voltare il sedere da la parte del vento, e questo, prendendoli proprio in pieno, li spinge avanti che è un piacere: che se poi essi, per un prodigio di acrobazia viscerale, riescono a voltar le cerniere ai ventilabri in modo che il vento possa loro penetrare in corpo, chi li tiene più allora?
Perché sta bene antivedere i gusti del pubblico, ma dà molto più piacere, se non più guadagno, il restare, quando si può, fedeli a se stessi.
Io non sono tagliato per la grande arte per la quale mi mancherebbero molti numeri: a me piace stampare i miei libri su carta floscia, alla antica, piano piano, senza orgasmo, in una mia fedele tipografia installata nelle appendici di una dimora patrizia modenese e fondata circa un quarto di secolo fa da uno stravagante mago dell’arte. I suoi successori non ne hanno dimenticato gli insegnamenti. È una tipografia nella quale è molto difficile stampare fesserie grosse perché tutto vi procede con così misurata lentezza che si ha tutto il tempo per pentirsene…

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Formiggini curava particolarmente la veste editoriale utilizzando materiali di qualità sia per le copertine che per le pagine interne. Come copertina dei suoi Classici del Ridere scelse il pergamenino, illustrato con delicato senso estetico. Ci sono fregi e risguardi di De Karolis e il motto: Risus quoque vitast. Si trattava di una produzione che seguiva un modello ancora “artigianale”.
Piero Gobetti nel suo discorso contro la ditta Treves, ricordava infatti Formiggini come esempio “di personalità con idee buone”.
Non è facile produrre libri con spirito artigiano in un mondo di colossi librari aderenti al regime, così col tempo Angelo Fortunato venne travolto dalla crisi finanziaria di cui si sentivano le avvisaglie fin dal 1930. Poi le leggi razziali fasciste applicate fra il 1938 e il primo quinquennio degli anni quaranta, gli ricordarono anche che era ebreo e non gli resero la vita facile.
Alla definitiva liquidazione della casa Editrice si arrivò nel 1941, quando Formiggini era ormai morto, in modo tragico, da suicida mai rassegnato. La moglie, seguendo il desiderio del defunto marito, risarcì di tasca propria gli azionisti, come omaggio finale al suo lavoro trentennale.
Ricordiamo fra le sue collane la «Biblioteca di filosofia e pedagogia» (27 opere); «Opuscoli di filosofia e pedagogia» (31 titoli); «La Rivista di Filosofia» del 1909, organo ufficiale della Società Filosofica Italiana fino al 1918; la serie «Poeti italiani del XX secolo»; la «Rivista pedagogica»; «Bios», rivista di biologia generale; «Biblioteca di varia cultura» e «Filosofi italiani»; «Classici del Ridere» (105 volumi); «Profili» (129 opere) a cui si affiancò per breve tempo la «Biblioteca filologica e letteraria», collana in cui tra il 1909 e il 1910 furono inserite alcune opere di filologia e di erudizione, «Apologie»; «Le Medaglie», ossia profili ridotti; «Le cartoline parlanti»; «Le lettere d’amore»; «Le Polemiche»; le «Guide Radio-liriche» (12 numeri); l’«Aneddottica» (21 volumi); Il «Chi è? Dizionario degli italiani d’oggi». Della collana «Il teatro» fu stampato un solo volume, Liolà di Pirandello, 1917. De «Il Simpaticissimo», una sorta di ibrido tra una collana editoriale e una rivista, si ebbero solo sei numeri.
I «Classici del diritto» furono stampati anch’essi in due soli volumi, uno nel 1933 e l’altro nel 1937.
Le collane suindicate restano la testimonianza concreta di un mondo editoriale ormai definitivamente perduto, di un’editoria che voleva essere per tutti e quindi realizzata a prezzi accessibili senza però dimenticare il valore dei contenuti e della veste grafica.
Angelo Fortunato Formiggini la mattina del 29 novembre del 1938 salì sulla Ghirlandina e si lanciò nel vuoto, schiantandosi nello spazio tra la Torre e la statua del Tassoni, cronaca di una morte annunciata. Chiuse così tragicamente la sua personale battaglia contro il fascismo e l’antisemitismo, attraverso una morte-protesta.
Dopo la tragica fine dell’editore, le giacenze della collana Classici del ridere furono rilevate dalla Casa Editrice Bietti di Milano, che cercò di favorirne la diffusione. L’operazione però venne osteggiata dal regime, ma la Bietti ristampò ugualmente la collana mantenendo inalterate le caratteristiche grafiche e la numerazione dei volumi, tant’è che oggi si trovano sul mercato dell’usato sia i Formiggini originali che il loro fac-simile edito da Bietti, produzioni che il collezionista-lettore può ammirare oscillando tra l’ammirazione e la nostalgia.
Una notazione curiosa. I Classici del Ridere, se ben conservati, hanno una carta che profuma. Provate ad annusarli. Nessun e-book potrà mai darvi la stessa sensazione.

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https://antichecuriosita.co.uk/il-destrutturalismo-punti-salienti/

https://www.youtube.com/watch?v=hTWKbfoikeg

 

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