Ludovico Geymonat, direttore di collana
Mary Blindflowers©
.
Ludovico Geymonat nella collana Feltrinelli diretta da Ludovico Geymonat, Filosofia della scienza, pubblica nel 1960 un testo intitolato Filosofia e filosofia della scienza. Il risultato di questo gioco di specchi è un libro totalmente inutile che poteva anche non essere scritto.
Nell‘Avvertenza l’autore si fa scrupolo di avvertire il lettore con una dichiarazione di falsa modestia:
.
Desidero anzitutto rendere esplicitamente noto al lettore che il presente volume – sebbene scritto da chi ha la responsabilità di dirigere la nuova Collana iniziata dall’Editore Feltrinelli – non intende affatto delineare l’impostazione generale dell’intera serie di pubblicazioni. Proprio questo è il motivo per cui ho ritenuto opportuno collocarlo al terzo e non al primo posto della Collana, facendolo precedere da altri…
.
Dopo averci illuminato sui numeri di collana, chiarisce lo scopo del testo fluttuando sul generico indistinto e puntando sul tasto dello studio “introduttivo”:
.
Il titolo medesimo del volume sta a indicare che esso venne concepito, non tanto come una ricerca di filosofia della scienza quanto come uno studio su tale disciplina, e precisamente tra essa e la filosofia generale. Studio “introduttivo” dunque… rivolto cioè, ad offrire al lettore non un panorama più o meno schematico degli attuali indirizzi di filosofia della scienza o dei principali problemi da essa trattati, bensì alcune considerazioni che possono indurlo ad afferrare l’enorme importanza per la cultura odierna dei dibattiti filosofico-scientifici.
.
Il libro, di fatto, senza apportare alcuna novità da un punto di vista filosofico-riflessivo, si risolve in un polpettone dotto-citazionistico unito a certe banalità per poi sfociare in noiose quanto improduttive digressioni su convenzionalismo, storicismo, enciclopedismo, fisicalismo, etc.
L’autore cita Comte, Laplace, Hegel, Spencer, i filosofi antichi e scomoda gli enciclopedisti per dire al lettore che “la scienza è un fatto reale della nostra civiltà” ma le singole scienze non sono mere particolarizzazioni della “scienza generale” trattata dai filosofi perché “non esiste un criterio unico e metastorico in base a cui poter giudicare se una qualsiasi disciplina” possa offrire “assoluta garanzia di essere un’autentica scienza”.
Esalta la molteplicità e l’interdisciplinarità delle scienze criticando il convenzionalismo ma di fatto il testo non aggiunge nulla di nuovo o di originale a ciò che già si sapeva se già il geologo, teologo gesuita e filosofo Theilard de Chardin, censurato a più riprese dalla chiesa, aveva sostenuto il dinamismo della scienza e la sua evoluzione naturale.
Geymonat poi ci parla dell’acqua calda facendo notare al lettore che è calda, che anche la matematica è costretta “alla costruzione di sempre nuove teorie, capaci di colmare la inadeguatezza delle teorie precedenti”, aggiungendo “nuovi assiomi ai vecchi, per costruire una nuova teoria più adeguata della precedente… Ha origine, in questo modo, una dialettica assai complessa, di cui occorre tener conto se si vuol comprendere la funzione di ciascuna teoria nel quadro generale della ricerca scientifica in perenne sviluppo”.
Ci si trova di fronte a un libro di 198 pagine per parlare del problema “dell’unità della scienza” concepita in modo dinamico, sottolineando che le teorie scientifiche non sono mai un fatto isolato, un corpo estraneo rispetto ad altre teorie, ma derivano da un “sapere comune”, hanno una storia ben precisa perché è un fatto incontestabile che “l’umanità abbia agito e poi costruito teorie sull’azione”. Quindi il valore dello storicismo consiste in un’analisi a posteriori, giacché prima l’uomo compie operazioni meccaniche e solo in un secondo momento discute su che cosa siano aritmetica, geometria e meccanica, comprendendo i vari passi e progressi attraverso cui si svolge il cammino delle scienze.
Ma c’era bisogno di un libro per spiegare un concetto già risaputo e detto e ribadito da altri?
Le domande che pone non sono nuove: “Ma ha un senso preciso parlare di progresso scientifico, oppure questa espressione è destinata a rimanere irrimediabilmente vaga e dogmatica?”
E oltretutto pensa di aver fatto anche una domandona: “la benché minima perplessità… non può valere a nasconderci la gravità della domanda…”.
Ma questa domanda, purtroppo, al tempo in cui l’autore scrive, non è nuova, e non è nuovo e originale nemmeno il ragionamento che ne consegue, circa il rapporto tra sapere assoluto e scienza.
A cosa serve dunque il libro?
Lapalissiano. A far pubblicare il libro di Geymonat nella collana diretta da Geymonat.
.
https://antichecuriosita.co.uk/il-destrutturalismo-punti-salienti/
https://www.youtube.com/watch?v=evZ_WC45mpM