Voltaire, romanzi satirici, antireligiosi

Voltaire, romanzi satirici, antireligiosi

Voltaire, romanzi satirici, antireligiosi

F.M. Arouet de Voltaire, romanzi satirici

F.M. Arouet de Voltaire, romanzi satirici, credit Antiche Curiosità©

 

Voltaire, romanzi satirici, antireligiosi

Mary Blindflowers©

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I romanzi satirici di Voltaire, La principessa di Babilonia (1768) e Zadig o il Destino (1747) di ambientazione orientale, dispiegano vicende rocambolesche e improbabili come favole allusive. Le trame sono pretesti per polemizzare contro alcune realtà del proprio tempo mascherate in forma allegorica, celate sotto avventure che, talvolta, hanno il segno indelebile di una voluta ingenuità o del ricalco da libri precedenti. La scena della giostra a cui partecipa Zadig con la sua armatura candida donatale dalla principessa, assieme al cavaliere verde e al cavaliere turchino, ricorda molto da vicino alcuni passaggi dell’Orlando Furioso che Voltaire amava particolarmente.  Nonostante alcuni déjà-vu di gusto classico o medioevale, Zadig coi suoi gustosi non-sense, ha una trama più accattivante de La principessa di Babilonia dove il piatto forte è l’amore tra Formosante e il gangaride Amazan che sono perfetti, bellissimi, purissimi e irreali. Lo scopo deli romanzi di Voltaire non è la trama o l’approfondimento psicologico sui personaggi che è praticamente inesistente, ma la mise en scène di un percorso filosofico ben preciso attraverso elementi fantastici da Mille e una notte, animali parlanti, fenici che rinascono dalle ceneri, liocorni, pranzi principeschi, viaggi in varie parti del globo.
I viaggi di Formosante che insegue il suo amore perduto sono la scusa ideale che consente all’autore di dare un parere su questo e quel Paese, sulle sue istituzioni e sulla sua mentalità e per mettere alla berlina personaggi della sua epoca. Dopo aver lodato l’Inghilterra per la sua monarchia costituzionale che favorisce le arti, denuncia la situazione francese in cui il Cavaliere de la Barre è giustiziato nel 1766 perché è stato accusato di aver mutilato il simbolo sacro del crocifisso.
Il Vecchio delle sette montagne, chiarissima allusione ai sette colli di Roma, è invece il Papa il cui Stato propina cerimonie assurde e superstiziose con riti bizzarri e senza senso.
Il valore de La Principessa di Babilonia, sotto la crosta di una trama e di personaggi fin troppo stereotipati, consiste proprio nella vivacità satirica della polemica illuministica antireligiosa. Voltaire descrive molto bene la ridicolaggine del papa durante la benedizione Urbi et Orbi, l’avidità dei cardinali col “diritto divino” come scusa di rapina ed espansionismo in un passo attualissimo a distanza di secoli:

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Allorché il canto cessò, apparve il Vecchio delle sette montagne, diretto in grande corteo alla porta del tempio; tagliò l’aria dall’alto al basso e da sinistra a destra, col pollice alzato, due dita tese e le altre piegate, pronunciando queste parole, in una lingua che non si parlava più: Alla Città e all’Universo.
Il gangaride non comprese come due dita potessero andare tanto lontano… Amazan volle vedere il palazzo del principe. Ve lo condussero. Vide uomini in vesti viola che contavano il denaro delle entrate dello Stato: tanto quello che proveniva dalle regioni poste sul Danubio, quanto quello inviato dalle terre bagnate dalla Loira o dal Gualdaquivir o dalla Vistola.
-Oh! Oh!- esclamò Amazan, dopo aver consultato la sua carta geografica – Il vostro Signore è padrone dunque di tutta l’Europa, come gli antichi eroi delle sette montagne?
– Deve possedere l’universo intero per diritto divino – gli rispose uno dei violetti…
– Il vostro signore è dunque di fatto il re dei re? È questo il suo titolo?
– No, Eccellenza. Il suo titolo è Servo dei servi. Egli è originariamente pescatore e custode ed è perciò che gli emblemi della sua dignità sono le chiavi e la rete… il mio signore può con le sue chiavi aprire e chiudere tutte le serrature, e soprattutto quelle dei forzieri… ché bisogna sappiate che una delle prerogative del Vecchio delle sette montagne è di avere sempre ragione, si degni parlare o si degni scrivere… Eccellenza, foste anche re, non potrete mangiare alla sua tavola. Tutto ciò ch’egli potrebbe fare per voi, sarebbe di farvi servire vicino a sé, in una tavola più piccola e più bassa. Ma se volete avere l’onore di parlargli, gli chiederò udienza per voi, mediante una buona mancia che avrete la bontà di favorirmi… Vi introdurrò da lui domani. Farete tre genuflessioni e bacerete i piedi al Vecchio delle sette montagne.
A queste parole Amazan diede in uno scoppio di risa così rumoroso che per poco non ne rimase soffocato… lasciò al più presto quella città dei signori del mondo, ove bisognava baciare il pollice del piede di un vegliardo, come se la guancia avesse preso il posto delle estremità…

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Sulla clausura dei conventi Voltaire non è meno tenero, la descrive come usanza di sepolti vivi:

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quella usanza di seppellire vivi, in vaste prigioni, un numero infinito di persone dei due sessi, eternamente separate le une dalle altre, e di far giurare di non aver mai tra esse alcun rapporto.

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E sull’inquisizione:

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… tutti coloro i quali erano accusati di magia venivano bruciati senza misericordia da una compagnia di preti chiamati gli inquisitori…

Sui gesuiti:

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ex-druidi vestiti di nero, prossimi a morire di collera e di fame che si lagnavano in cento scritti perché non si permetteva loro più di ingannare gli uomini…

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Critica anche Giovanni senza Terra che fece dono al papa del proprio regno:

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Uno dei nostri re spinse la propria bassezza a dichiararsi suddito di un prete, anch’egli abitante delle rive del Tevere e che chiamavano il Vecchio delle sette montagne…

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Anche in Zadig, costruito sullo stesso principio di una trama utile per la denuncia, il non-sense, si unisce alle rocambolesche disavventure di un giovane ricco e prestante. C’è in più un senso dell’aleatorietà del vivere, il tema della ricerca costante della felicità e dell’incertezza della vita in un’epoca di profondo fanatismo religioso non solo cattolico. C’è infatti la condanna del rogo della vedovanza, l’usanza “diffusa nelle Indie per il credito dei bramini” che prevedeva che la moglie alla morte del marito si gettasse sulla pira funeraria assieme al cadavere.

Zadig rispetto a La Principessa di Babilonia è più scorrevole nella lettura, gli episodi sono più sapidi, intriganti. Fin dall’esordio, un’approvazione ironica sbeffeggia i censori:

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Io sottoscritto, reputato sapiente e uomo di spirito, ho letto il presente manoscritto e l’ho trovato, mio malgrado, singolare, divertente, morale, filosofico, degno di piacere anche a coloro che hanno in dispregio i romanzi. Così, ho provveduto a censurarlo, assicurando il signor cadil-esker che è opera esecrabile.
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I romanzi satirici di Voltaire vanno letti bucando il velo sottile delle trame che sono come la buccia esterna e acerba che serba il frutto maturo della filosofia illuminista.

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https://antichecuriosita.co.uk/il-destrutturalismo-punti-salienti/

https://www.youtube.com/watch?v=J1JgxzX7irQ

 

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