Christmas Humphreys, Il Buddismo

Christmas Humphreys, Il Buddismo

Christmas Humphreys, Il Buddismo

Christmas Humphreys, Il Buddismo

Christmas Humphreys, Il Buddismo, credit Antiche Curiosità©

 

Christmas Humphreys, Il buddismo

Mary Blindflowers©

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Il Buddismo di Christmas Humphreys, fondatore della London Buddhist Society, venne tradotto per l’Italia dalla Ubaldini nel 1964. Si tratta di un testo innegabilmente interessante per vari motivi. Primo, è molto preciso nell’esposizione, c’è un ordine che non dà spazio alla confusione né ad una valutazione personale delle varie scuole e correnti buddiste, analizzate con imparzialità. Inoltre è spiegato semplicemente, nonostante la complessità dell’argomento trattato. Il testo gradualmente introduce il lettore verso i principi base della filosofia del Buddha, aggiungendo utilissime notazioni storiche, amalgamate molto bene con l’esplicitazione della parte più propriamente filosofica e dottrinale.
Non è un libro per soli addetti ai lavori, tutti possono capirlo, anche persone a digiuno di filosofie orientali, perché partendo dai fondamenti, arriva a far capire al lettore la complessa diramazione storico-sapienziale del buddismo, che, sottolinea l’autore, è ben lontano dall’essere semplice. L’Illuminato non ha lasciato niente di scritto, nessun dogma dunque, nessun dio da adorare.
Il filosofo occidentale che più si avvicina alla filosofia buddista dell’eterno mutamento è Nietzsche che esattamente come il Buddismo “uccide dio” sostenendo che niente può durare tranne la mutevolezza. Tra le credenze buddiste fondamentali c’è l’idea base che nulla sia stato creato ma soltanto sviluppato. L’Universo svolge le sue funzioni ubbidendo a leggi precise che non dipendono dal capriccio di qualsivoglia dio, quindi non c’è autorità. Il buddismo, se si esclude quello tibetano con la figura del Dalai-lama, nega l’autorità. Buddha non è dio, ma soltanto un illuminato e l’illuminazione è un fatto assolutamente personale e individuale che non ha bisogno di riunioni collettive. Ciascuno può raggiungere l’illuminazione uccidendo il suo io falso a favore dell’io vero che si coltiva abolendo il desiderio generato dall’ignoranza. Il Karma governa ogni esistenza e “l’uomo è l’unico creatore delle sue circostanze e della sua reazione ad esse, del suo futuro stato e del suo destino ultimo”. Attraverso la meditazione e la concentrazione si sviluppano le facoltà spirituali e l’amore panico per tutte le creature della terra. “Il buddista dovrebbe essere padrone di sé e alieno da ogni attaccamento emotivo o intellettuale per il fuggevole stato della vita” e credere nella reincarnazione.
In teoria fila tutto liscio. È sulla pratica che le religioni e le filosofie non convincono. L’abolizione del desiderio e dell’istinto è, a livello pratico, irrealizzabile e contro natura. Infatti talvolta si traduce, come per le altre religioni, in sessuofobia:

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Non erano soltanto gli uomini a presentarsi al Buddha, vi erano anche delle donne che chiedevano di essere ammesse all’Ordine, formando una branca femminile: e la storia della vita del Buddha narra come Mahaprajati, la matrigna del Buddha, alla morte di suo padre si tagliò i capelli, e con il capo rasato apparve dinanzi a lui nelle gialle vesti dell’Ordine. Ripetute volte il Buddha rifiutò tale richiesta ma grazie all’insistenza di Ananda, esse ottennero finalmente l’ammissione. L’Ordine femminile delle Bikkhuni fu così fondato. Ricevette una regola severa, umiliante, e si dice che il Buddha abbia dichiarato che l’ammissione delle donne all’Ordine abbrevierebbe notevolmente la durata della religione Buddista. Non sappiamo se egli abbia fatto veramente simile profezia ma il suo atteggiamento verso le donne è chiaramente dimostrato nel seguente aneddoto, che attesta il suo senso d’umorismo. Mentre il Budda giaceva nel sul letto di morte, Ananda gli chiese:
Come dobbiamo comportarci, Signore, per quanto riguarda le donne?
Non le vedere, Ananda!
Se dovessimo vederle, che dobbiamo fare?
Astieniti dal parlar con esse!
Ma se ci parlano, Signore, che dobbiamo fare?
Tienti ben desto, Ananda!

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Un altro aneddoto fa intendere come le donne venissero considerate dall’aneddotica un “inutile fardello”:

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Due monaci buddisti nel tornare al monastero giunsero ad un fiumicello dove una graziosa fanciulla se ne stava esitante, temendo di bagnarsi le vesti. Uno dei monaci la prese in braccio e guadò il fiumicello. Avendo rimesso in terra la fanciulla, riprese il cammino. L’altro monaco era fuor di sé dall’indignazione, e non cessò di esternarla per molte miglia. Il primo monaco, accorgendosi, ad un tratto, di quanto l’altro diceva, fece: “Quella ragazza? Ma l’ho deposta sull’altra sponda del fiumicello, perché tu ancora la porti?”

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Il testo di Humphreys, ben articolato in ogni sua parte, fa comprendere le distinzioni tra le due principali scuole Theravada e Mahayama e gli sviluppi che le varie correnti buddiste hanno assunto in diversi Paesi orientali, adattandosi allo spirito della popolazione. Ci sono belle pagine sulla controversa spiritualità tibetana in cui demoniaco e illuminazione convivono sincretisticamente e sullo Zen giapponese, fiore del buddismo nipponico.
In conclusione niente impedisce di prendere del buddismo ciò che ci piace e lasciar andare ciò che non ci piace. Questa tolleranza dottrinale ha consentito il fiorire di diverse scuole e diversi atteggiamenti verso il buddismo nato in India e poi man mano diramatosi in Oriente e Occidente.

Di certo l’ideale del buddismo verso l’elaborazione del superamento dell’io individuale in nome di una coscienza cosmica libera dai gravami del pensiero contingente, non è un obiettivo semplice ma rimane comunque, a mio parere, una bella utopia.

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https://antichecuriosita.co.uk/il-destrutturalismo-punti-salienti/

https://www.youtube.com/watch?v=Yrn5WeKytko

 

 

 

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