Cicognani, Il museo delle figure viventi

Cicognani, Il museo delle figure viventi

Cicognani, Il museo delle figure viventi

Cicognani, Il museo delle figure viventi

Cicognani, Il museo delle figure viventi, credit Antiche Curiosità©

 

Bruno Cicognani, Il museo delle figure viventi

Mary Blindflowers©

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Bruno Cicognani, Il museo delle figure viventi, pubblicato dai Fratelli Treves nel 1928. Si tratta di racconti che si dissolvono pigramente nell’aneddoto, nella nostalgia di un ricordo che, man mano che diventa più personale, acquisisce quel tono grigio di noia e inutilità che tenta il lettore verso il desistere e posare il libro. Il racconto che dà il titolo alla raccolta è sicuramente uno dei più riusciti, con una metafora tra il gioco e la vita, un’associazione semplice, con descrizioni che fanno entrare nel vivo del movimento di un baraccone grottesco dei divertimenti:

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E adagio adagio, rimuginando, mi venne l’idea che lì ci fosse il mistero della vita: come son fatti davvero gli uomini, quel che ànno dentro, perché si muovono…

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Dalla citazione suindicata si nota il segno grafico ànno al posto di hanno, un vezzo vetero-scolastico che si ripete per tutto il libro anche se l’autore scrive già agli inizi del Novecento.
I primi racconti non sono particolarmente creativi, le storie sono elementari, riproducono un mondo più che banale e la tiritera del tempo che passa, dell’ingenuità dei bambini che tentano la fuga, delle donne che non riescono a trovar marito, etc. Si mettono in rilievo figure e aspetti della società novecentesca borghese piuttosto gretta, misogina e meschina. Lo stile è stantio, siamo ben lontani dai parlanti popolari della prosa verghiana o dall’esoterismo affascinante della Deledda. L’uso continuo del verbo ausiliario “avere” senz’acca, sfinisce il lettore contemporaneo, così come i verbi senza la vocale finale:
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Ma i bei tempi delle famiglie che ò conosciute io sono stati sempre brevi: il signor Antonio fece delle perdite grosse, poi s’ammalò, stette molto tempo infermo. Quando morì lasciò poco o nulla. E le ragazze si trovaron che non eran più in boccio; e allora incominciò per loro, oltre al disagio economico, quella tortura che soltanto una donna può infliggere ad un’altra donna: il far gravare, la madre, sopra le figliole, come una disgrazia vergognosa, lo stato di “signorina invecchiata”.

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Man mano però che si avanza nella lettura, il tono si fa più greve, più personale, si infarciscono i racconti di ricordi, si citano amici, Papini, per esempio. La narrazione si appesantisce, le trame si sciolgono in una nullificante quanto insignificante nostalgia, piena di retorica autocompiaciuta. Quel poco di creatività letteraria dei primi racconti, finisce. A tratti oltre alla noia, l’autore regala pure un poco di esaltazione sull’artista che solo conoscerebbe il senso dell’esistenza e  il mondo interiore:

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E i quattro discutono (Giovanni Papini, Vito Frazzi di San Secondo, il Ghiglia livornese, e un figurinaio)… di cose che a loro son le sole, le vere cose che stiano a cuore e per cui metta conto di vivere. Pensate cosa può essere una discussione tra quattro così infatuati nell’avventuroso cammino dell’improvvisa esaltazione metafisica. Chi non conosce l’esaltazione che dà codesto cammino conosce poco del mondo interiore; quel senso, o illusione che sia, d’una momentanea chiarezza che scopre ignoti lontani immersi orizzonti e fissa alla fine la forma e l’aspetto fin allora fuggevoli d’una vaga idea!
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Il libro dopo la pappa ritrita dei “lontani e immensi orizzonti”, naufraga in sviolinate descrittive piuttosto fini a se stesse e peggiora col procedere nella lettura.

Eppure Cicognani che oggi praticamente non legge più nessuno, alla sua epoca, nonostante iniziali stroncature, col tempo era divenuto una vera superstar. Vinse anche il massimo premio per la letteratura dall’Accademia d’Italia e con Vallecchi pubblicò ben nove volumi nell’arco di un decennio, volumi di cui nessuno oggi parla più. Tra gli importanti riconoscimenti, il Premio Marzotto condiviso con Eugenio Montale e la medaglia d’oro conferitagli dal Presidente della Repubblica, medaglia quest’ultima che ha più un significato politico che letterario, data la facilità con cui ancora oggi viene rilasciata a personaggi che con la letteratura hanno davvero ben poco a che fare.
Nel quarantacinquesimo anniversario della morte di Cicognani, il Comune di Firenze gli ha dedicato la solita targa commemorativa sulla facciata della casa in Firenze, via dei Servi 42, dove ha abitato per quasi trenta anni.
Quanti leggono oggi Cicognani e i suoi ànno scritti senz’acca?

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Le torri circonfuse di nubi, i palazzi sfarzosi,
i templi solenni, la grande terra stessa,
e tutti i suoi eredi, tutto si dissolverà,
e come questo sbiadito corteo senza corpo,
non lascerà dietro di sé nemmeno un’ombra
(Shakespeare, La tempesta)

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Quante superstar pseudo-letterarie televisive oggi faranno la fine di Cicognani?
Sic transit gloria mundi.

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https://antichecuriosita.co.uk/il-destrutturalismo-punti-salienti/

https://www.youtube.com/watch?v=vPU0TV1RrR4

 

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