Aldo Palazzeschi, Sorelle Materassi

Aldo Palazzeschi, Sorelle Materassi

Aldo Palazzeschi, Sorelle Materassi

Aldo Palazzeschi, Sorelle Materassi

Aldo Palazzeschi, Sorelle Materassi, credit Antiche Curiosità©

 

Mary Blindflowers©

Aldo Palazzeschi, Sorelle Materassi

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Aldo Palazzeschi pubblica nel 1934 Sorelle Materassi, edito da Vallecchi. Ambientato in un sobborgo di Firenze, a Coverciano, il libro si svela come forte parodia della piccola borghesia novecentesca, ipocrita e accumulatrice, di cui l’autore tratteggia la caricatura attraverso un periodare a volte troppo prolisso, ma efficace dal punto di vista narrativo e man mano sempre più coinvolgente per il lettore.
La storia inizia nel 1918. Le sorelle Materassi sono 4 ma due sono le vere protagoniste della vicenda: Teresa e Carolina, le due ricamatrici rinomate per la finezza d’esecuzione dei loro lavori di cucito. Giselda, l’altra sorella, sposa un mascalzone e, pentitasi, dopo cinque anni torna sotto il tetto delle sorelle dove subisce e dona risentimento. Non avendo imparato alcun mestiere, le sue decisioni non contano nulla in casa. Augusta, la sorella sposata che vive in Ancona, ad un certo punto, ha la pessima idea di morire e lasciare un figlio adolescente da accudire. Teresa e Carolina decidono di portarlo a casa. Remo, questo è il suo nome, incapace di qualsiasi empatia (a parte l’amicizia con Palle), scialacquone, pelandrone e irriverente, monopolizzerà l’intera vita delle Materassi e riuscirà ad accattivarsi anche la simpatia di Niobe, la vecchia domestica tuttofare che il giovane saprà sfruttare e spremere al momento opportuno.
Le descrizioni accentuano il lato comico-satirico dei personaggi femminili, mettendone in evidenza le ridicolaggini e gli snobismi poi puniti dall’ironia della sorte in un rovesciamento in cui i servi diventano padroni e le padrone con la puzza sotto il naso, ritornano alle origini di una condizione di indigenza e di dipendenza che avevano esorcizzato per tutta la loro vita.
La borghesia che rinnega le proprie radici (le Materassi sono figlie di contadino e si sono riscattate attraverso l’arte del ricamo), guarda all’alto in basso le classi umili:

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Lasciavano andare alcuni grappoli nel fondo di un paniere, come un rito di natura inferiore a cui degnavano di abbassarsi, e quasi subito, non essendo capaci né di reggersi né di reggere il paniere, … piantavano baracca e burattini per ritornarsene nel loro regno con gioia evidente, non finendo mai di pulirsi e ripulirsi le scarpe dalla terra, togliendosi di dosso qualche cosa di sgradevole che si doveva essere attaccato inevitabilmente… ci tenevano molto a dimostrare che esse costituivano un mondo che con quello dei contadini non aveva nulla in comune, quasi fossero uscite dalla costola di un re…

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Carolina e Teresa, che si sono spostate dalla loro casa soltanto per andare dal papa e per recarsi ad Ancona, incarnano tutti i disvalori di una borghesia pettegola e bigotta che agita il veleno delle nevrosi mescolate a un sensualismo evidentemente represso:

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Con le donne erano spietate. Anche se belle e carine un difettaccio glielo volevano trovare per schiacciarle, diminuirle, ridurle in polvere: erano almeno cattive. E pensare che erano costrette a cucir loro le camicie e le mutande. E gliele cucivano bene, con quale insuperabile finezza, squisitezza, sciccheria, dimenticando le persone e il livore, che altrimenti gliele avrebbero cucite torte, sproporzionate, per imbruttirle, ridurle goffe e ridicole.
-A un bello tocca un brutto, si sa
-Quella cespugliosa come se lo è saputo trovare.
-Che grinta, gli metterà le corna, si capisce.
-Gli occhi bianchi gabbano Cristo e i santi.
-Hai visto che scucchia?
-È tutta sgangherata, pare un arcolaio.
-Ha due labbra che ci si farebbe uno stufato.
-Hai visto che manacce?
– Sarà una sguattera…
Era una litania contro le donne e uno sguardo indulgente per i maschi ai quali, belli o brutti, avevano trovata sempre qualche cosa di ammirevole…

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E anche i baci di Carolina al nipote suggeriscono una sessualità repressa che ha del patologico. Il nipote lascia fare, lascia che le “scimmie ammaestrate”, come chiama le zie, cuociano a fuoco lento nella loro stessa dabbenaggine.
L’elemento caricaturale si accentua nella descrizione dell’addobbamento delle due cinquantenni, “befane”, che nell’unico giorno concesso allo svago, si vestono a festa e si truccano per mettersi alla finestra e guardare fuori, “infarinate come pesci da friggere, e dopo aver fatto mille smorfie e piroette davanti allo specchio, osservando in tutti i sensi la loro persona”.

Alcuni periodi non essenziali sono decisamente troppo lunghi e potevano essere risolti più brevemente e felicemente da un punto di vista stilistico:

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Al primo sentore delle trombe, da lontano, e con orecchio da selvaggina percependo il clamore delle voci prossime, il fragore dei passi, e più generalmente le prime avvisaglie dei canti, che i soldati per la campagna cantano sempre, inni patriottici, canzoni nostalgiche e sentimentali, quasi che lo sperpero di una seconda energia ne diminuisca la fatica; cantano perché hanno vent’anni…

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Inoltre occorre rilevare che i difetti della borghesia sono sempre criticati attraverso la ridicolaggine delle figure femminili messe sotto una lente, tradendo una misoginia di fondo. Remo, pur essendo moralmente riprovevole, in sintesi una truffa vivente, non si rende mai ridicolo e non perde mai la propria superiore imperturbabilità, mentre tutte le donne vengono messe alla berlina e si rivelano piuttosto sciocche e destinate ad una decadenza fisica che tradisce un cedimento interiore. Remo è splendido sempre, inattaccabile, perfetto nel male come l’acciaio inossidabile.
Sorelle Materassi, al di là delle farragini stilistiche e della sottile misoginia che è impossibile non avvertire, rimane comunque un romanzo da leggere, un grande affresco di una borghesia ipocrita che ancora oggi è spesso servile coi potenti e altezzosa con gli umili.

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