Gino Raya, Ottocento Letterario

Gino Raya, Ottocento letterario

Gino Raya, Ottocento Letterario

Gino Raya, Ottocento letterario

Gino Raya, Ottocento letterario, credit Antiche Curiosità©

 

Mary Blindflowers©

 

Gino Raya, Ottocento letterario. Studi e ricerche, pubblicato nel 1939 da F. Ciuni Libraio Editore, Palermo. Si tratta di un excursus interessante su vari autori ottocenteschi italiani da Vincenzo Monti a Leopardi, da Manzoni a Botta, da Garibaldi a Capuana, etc. Il testo ricco di aneddoti personali sapientemente incastrati nell’economia del discorso storico, è di scorrevole lettura tanto che si legge in breve tempo e lascia nel lettore un senso amaro di riflessione sul come eravamo e come per certi versi, non siamo cambiati affatto.
Particolarmente interessante il capitolo dedicato all’epistolario privato di Vincenzo Monti, da cui trapela la sua meschinità e avidità di denaro, la sfrenata ambizione spinta fino all’estrema piaggeria. Monti era un animale da salotto come ce ne sono tanti anche oggi. In una lettera al fratello del 6 novembre 1779, dopo un anno e mezzo di soggiorno a Roma, scriveva al fratello Cesare: “La mia gloria… è divenuta per me un idolo, che esige qualunque sacrificio”.
Monti chiedeva continuamente soldi ai suoi familiari, pretendendoli, per soddisfare le sue pretese letterarie. Pagava le pubblicazioni per farsi notare da persone importanti. La visione d’Ezechiello venne stampato a sue spese per farsi notare nel bel mondo. Ce lo dice lo stesso Monti:

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Col mezzo di questa stampa, la quale non importa finalmente che la misera spesa di 18 paoli, io credo di avere acquistato qualche buon concetto al mio nome non solamente in Ferrara, ma anche fuori di paese, e sopra tutto in Roma, dove a quest’ora posso contar l’amicizia di molte persone celebri per letteratura, e la protezione ancora e la benevolenza di non pochi personaggi personaggi assai ragguardevoli. Questi son vantaggi che nella bilancia di chi pensa saggiamente devono pesare qualche cosa, e il tempo farà conoscere la verità delle mie parole.

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Dopo essersi sottomesso a vari protettori, Monti, diventa segretario di Luigi Braschi, nipote di Pio VI. Passa il suo tempo a cercare di arricchirsi facendo favori remunerati in cambio dei quali si aspetta più che un biglietto di ringraziamento. Si lamenta di un “birbotto” che non gli ha pagato il favore ottenuto:

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Egli ottenne, molti anni sono, la carica di console di Francia per mezzo mio, e mi aveva promesso una giusta ricognizione per lo stordimento che mi presi in servirlo. La ricognizione du un biglietto di ringraziamento pieno di sconcordanze…

Tutta la mia mira è diretta ad ottenere delle pensioni, che sono qualche cosa più che un regalo: e queste non le otterrò, se il Papa viene a sapere che io traffichi la buona grazia del Padrone.

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Nonostante la sua stringente e venduta logica del do ut des, al Monti i soldi non bastavano mai e le richieste di denaro ai familiari erano continue e esposte con prepotenza:

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… io vi darò un poco d’incommodo, ma guardatevi dall’avere la minima ripugnanza in contentarmi. Sono sensibile alle finezze egualmente che alle negative, e mi ricordo bene delle une e dell’altre… Facendo bene il calcolo di quel che mi bisogna, non so se basteranno duecento scudi. Tuttavia per ora non esigo di più…

Vi prego di non farmi aspettar più la seconda cambiale. Voi perdete tutto il merito della finezza che mi fate col differirmela tanto e col farmi tante interrogazioni…

Car.ssmo Fratello. Vi prego di non far cattiva accoglienza a questa lettera, ma di riceverla assai benignamente perché contiene una dimanda di denaro, e non son io veramente che ve li chieggo, ma il mio stampatore, il quale vuol essere pagato di due libri che ormai ha finito di stamparmi, e sono la traduzione dell’Omero. Fuori di burla, mandatemi tutto quello che potete, perché diversamente non fo buona figura, né adempio il dovere di galantuomo.

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Raya si domanda giustamente perché far stampare un libro a pagamento se non si hanno i quattrini, ma sostiene anche che probabilmente quella stampa del 1790 “è quasi inesistente”, un pretesto dunque del Monti per ottenere soldi dal fratello.

A Roma il poeta scrive un sonetto in onore di mons. Spinelli e in cambio ottiene un anello di diamanti. E guai se qualcuno parlava male dei suoi lavori, passava dall’ossequio all’ira, chiamando asino chiunque osasse criticarlo.
Raya traccia un ritratto impietoso del Monti che modellava i suoi giudizi sulla base della convenienza del momento, facendo dell’adulazione mestiere.  Al fratello che doveva ingraziarsi la benevolenza di “un tale”, testuale, scriveva: “fategli qualche riverenza ad angolo retto”.
Del Capuana invece emerge l’afflato reazionario evidenziato da una sua relazione di ben diciotto anni con la sua cameriera analfabeta, Beppa Sansone, che si guardò bene dallo sposare, dato che aderiva perfettamente alle convenzioni sociali della sua epoca e mai avrebbe sposato una serva. L’amante, lasciata costantemente in condizione di inferiorità, dava allo scrittore addirittura del voi. Il fratello del Capuana, per far troncare quella relazione ritenuta scandalosa e disonorevole per la famiglia, accusò la cameriera di disonestà. Raya riporta la lettera del Capuana sulla vicenda e il suo disappunto per le false accuse del fratello.
Emerge su tutti il carattere schivo e poco incline al compromesso di Leopardi che evidenzia come dall’Ottocento a oggi sia cambiato poco nel sistema dei compromessi e delle raccomandazioni. Scriveva il poeta una lettera al fratello Carlo nel 22 marzo 1823:

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… è quasi certo che se io avessi voluto farmi prelato, tu tra poco avresti sentito che tuo fratello in mantelletta se n’andava a governare una provincia. La grande spesa ch’è necessaria per mettersi l’abito paonazzo, si sarebbe sostenuta con un imprestito, che qui si sarebbe trovato facilmente, quando si fosse avuta la carica o l’assicurazione della carica. Io mi diedi un’occhiata d’intorno, e conchiusi di non volerne saper niente.

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Anche oggi l’Italia è la patria della raccomandazione e del compromesso in perfetto stile Vincenzo Monti, poeta che nessuno legge più e che Leopardi giustamente detestava. Il libro di Raya sembra scritto oggi, purtroppo.

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https://antichecuriosita.co.uk/il-destrutturalismo-punti-salienti/

https://www.youtube.com/watch?v=B804bBxIVpA

 

 

Comment (1)

  1. Mariano Grossi

    La piaggeria e l’adulazione sono un malvezzo incarnato nell’humus dell’animo italico, sin dai tempi dell’antica Roma e per ragioni economiche e per motivi di prestigio i letterati annusavano il potente di turno scodinzolandogli attorno, a prescindere dalla qualità delle loro produzioni. Il mecenatismo non ha in sé altre motivazioni se non quelle politiche ed economiche.
    Gli artisti avevano estrazioni sociali bassissime in genere, erano veri e propri municipali e provinciali Roma era un’oasi cui abbarbicarsi per sopravvivere allo stato di prevalente indigenza: Virgilio aveva origini rurali, Orazio era figlio di un modestissimo micro imprenditore di commercio ed i due rappresentano grasso che cola poiché Roma in seguito ebbe casi di sovrapposizione dei ruoli di scrittore e potente , si pensi a Catone, Cicerone, Cesare Augusto, Seneca e Marco Aurelio.
    Catullo dedica a Cornelio Nepote i suoi carmi e Nepote è influente amico di Cicerone e dell’editore Pomponio Attico; il De rerum natura Lucrezio lo scrisse per Lucio Memmio Pretore de governatore della Bitinia. Prima di loro Livio Andronico era un ex schiavo liberato con l’appoggio della famiglia Livia. Ennio, si faceva proteggere da Catone il Censore; Nevio per aver lanciato un guanto di sfida ai Metelli senza avere protettori venne esiliato; Terenzio e Lucilio erano protetti dagli Scipioni; Sallustio da Cesare; Tibullo da Messalla; Livio, da pompeiano che era, dovette sottomettersi ad Augusto; Lucano a Nerone prima di congiurarvi contro ed esserne condannato a morte; Seneca, dapprima odiato da Caligola e Claudio, si affidò ad Agrippina, madre di Nerone.
    Quanto alla relazione immonda di Capuana e alla diffidenza e veti posti dal fratello, beh, si tratta di gente che aveva ben letto gli ammonimenti teognidei sul pericolo derivante dalla mescolanza delle razze ad opera del denaro, dunque nessuna meraviglia se una plebea venisse sfruttata per le gioie sessuali del letterato ed aborrita come compagna ufficiale.
    Nulla di nuovo sotto il sole. Nu munne jeve e nu munne jè, diceva mia nonna! The way we were is the one we are!

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