De Petri, Manuale d’igiene

De Petri, Manuale popolare d'igiene

De Petri, Manuale d’igiene

De Petri, Manuale popolare d'igiene

De Petri, Manuale popolare d’igiene, 1873, credit Antiche Curiosità©

 

Mary Blindflowers©

De Petri, Manuale d’igiene

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De Petri, Manuale popolare d'igiene

De Petri, Manuale popolare d’igiene, credit Antiche Curiosità©

 

Manuale popolare d’igiene ad uso de’ contadini, contenente le regole principali per conservare la salute dell’uomo, un’istruzione popolare sui funghi, i precetti razionali più elementari del buon governo del bestiame domestico, i primi soccorsi da prestarsi nei tristi accidenti, utili cognizioni di medicina domestica sopra alcune piante più comuni e finalmente un’appendice di consigli salutari alla gente di campagna, libro di lettura e di premio nelle scuole rurali maschili e femminili per cura del dottore Pietro de Petri, presidente del comizio agrario di Valsesia, Milano, Enrico Trevisini e C., Torino, Tommaso Vaccarino, 1873.
Il libro è dedicato al Cav. Felice Garelli, professore di scienze fisiche e naturali, presidente del comizio agrario in Mondovì.
Il lungo titolo non deve scoraggiare il lettore perché il manuale di Pietro de Petri, non rientra affatto in quel novero di letture ottocentesche noiose e pedanti. Con lo scopo di indicare ad un lettore contadino elementari precetti di igiene e pulizia, mostra non solo lo spaccato di un mondo perduto in cui l’igiene non era affatto scontata e permanevano credenze errate, ma diventa per il lettore contemporaneo, a tratti quasi divertente perché in fondo anche il maestro propina con sicurezza concezioni spesso infondate e prive di qualunque valore scientifico. I suoi sacrosanti avvertimenti sull’igiene non sono scevri da notazioni assurde. Eppure non siamo nel Cinquecento o nel Medioevo ma bensì a fine Ottocento, l’epoca che vide il trionfo della chimica e della farmacia spesso velenosa e più nociva che giovevole alla salute del popolo. Alcune frasi sono mutuate direttamente dal bigottismo religioso da cui la medicina non era esente:

 

Ritengasi ancora ben impresso nella mente, che le funeste conseguenze dell’intemperanza carnale si manifestano, prima che altrove, sull’organo della vista (p. 18)… Finalmente ti raccomando di esser delicatissimo verso il pudore, al quale non recherai sfregio giammai ne’ coi costumi, ne’ cogli atti, ne colle parole. Nel prendere il bagno adunque ti coprirai di corte brachette di tela, le quali faranno a te per più d’un motivo convenientissimo riparo (p. 140).

 

Emergono anche le condizioni sociali di una classe contadina sfruttata e povera, malnutrita e che ricovera le bestie sotto lo stesso tetto in cui dorme, arrivando perfino al punto di mangiarsi i topi:

Si usa presso alcuni popoli di mangiare con certa predilezione la carne di sorcio; e v’ha fra noi chi non senza autorità afferma sulla propria esperienza essere la carne del sorcio d’acqua un saporito e sano cibo, che molto s’avvicina alla carne di pollo (p. 33).

La parte dedicata al naso rasenta l’ilarità. Il naso si deturperebbe e si infermerebbe a causa del fatto che con le mani lo si manipola continuamente, rendendolo come un giocattolo. Attribuisce la forma del naso anche al modo in cui le nutrici collocano i bambini nella culla, alla loro abitudine di tirare il naso ai neonati per evitare che rimangano nani, al fatto che si contorce il naso sempre dalla medesima parte per soffiarlo:

Insomma le nostre mani o quando siam neghittosi: o quando siam sopra pensiero; o quando vogliam darci l’aria d’importanza, le nostre mani, ripeto, corrono sempre là a farsi del naso un trastullo, un giocattolo, un mezzo di distrazione o di concentrazione. E per queste cagioni il naso soffre, si deturpa, inferma. Il naso, generalmente parlando, dovr’ebbessere impiantato perpendicolarmente sul nostro viso; ma per nullameno è cosa rara il veder un naso a piombo. E ciò perché? Per la naturalissima ragione, che le madri e le nutrici adagiano sbadatamente i loro piccoli allievi colla testa inclinata per modo verso i lati, che il naso si corica, od appoggia più o men forte sul guancialino; per la ragione ancora, ch’elleno medesime ne stirano ad ogni momento il naso per lo stolto timore non abbia poi esso a rimaner nano; e per la ragione infine, che noi adoperiamo quasi sempre la mano d’uno stesso lato per soffiarci, stiracchiandolo, il naso e perciò lo contorciamo pressoché sempre da un medesimo lato della faccia. Motivo per cui il naso è costretto a difformarsi anche per volume eccessivo (pp. 22-23).

Consiglia anche di non mettere nelle narici corpi estranei come “piselli, pietruzze, grani vegetali”. Evidentemente c’era qualcuno che lo faceva!

L’autore collega inoltre l’igiene dei capelli alla salute dei denti. Dice che se si vogliono mantenere i denti sani, non si deve adoperare acqua fredda o lisciva per lavare i capelli. Che se si tengono in ordine barba e capelli la salute dei denti è salva!
Consiglia anche l’uso di molto sale per la salute generale con buona pace dell’ipertensione oggi tanto temuta.
La disinfezione delle ferite era affidata al ferro rovente oppure al metodo delle “gocce infuocate”:

In mancanza di ferro o di fuoco prendasi un goffo o gomitolo di cotone cardato o bambagia, lo s’inzuppi d’olio, lo si accenda dopo d’averlo posto sulla punta di un ferro e facciansi colare sulla ferita le gocce infuocate (p. 115).

Insomma, molti dei precetti dell’autore farebbero rizzare i capelli ai medici odierni ma dimostrano come la medicina era ed è probabilmente rimasta, nonostante i progressi della tecnica e le nuove scoperte, una scienza tremendamente inesatta e in continua evoluzione.

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https://antichecuriosita.co.uk/il-destrutturalismo-punti-salienti/

https://www.youtube.com/watch?v=viZAhOY3Bto

 

 

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